Castello di Introd, la vendita viene definita da molti una farsa.

Castello di Introd, la vendita annunciata non è mai avvenuta: ecco i retroscena

Introd, la vendita del castello mai avvenuta

Castello di Introd, la vendita annunciata non è mai avvenuta: ecco i retroscena
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Una farsa. Così in molti stanno definendo la misera conclusione della strombazzata vendita del Castello di Introd, vendita di fatto mai avvenuta, come risulta dalle più recenti visure catastali e come è stato annunciato dal presidente della Regione Erik Lavevaz durante l’ultimo Consiglio Valle.

Introd: la vendita del castello mai avvenuta

Per mesi in molti hanno soffiato sul fuoco per il presunto rischio per Introd di perdere l’utilizzo del complesso storico. Il primo, giustamente, è stato il sindaco Vittorio Anglesio, che probabilmente impressionato dalla dichiarazioni dei venditori - i proprietari sono Giuseppe Caracciolo di Brienza e la moglie Maria Cristina Catemario dei Quadri – su di una trattativa ormai conclusa o prossima a concludersi si è fatto parte attiva per mantenere il castello del suo paese nel patrimonio pubblico regionale. Se il sindaco Anglesio ha sicuramente agito in buona fede, altri hanno cavalcato l’onda emozionale, come le consigliere regionali Chiara Minelli e Erika Guichardaz del Pcp che più volte hanno affrontato la questione, agitando lo spauracchio della comunità che veniva privata di un suo “tesoro”, chiedendo cose assurde (come la proroga dei termini della prelazione fissati da una legge dello Stato) e soprattutto dando lezioni a tutti, anzi se in Regione avessero dato loro ascolto oggi l’Amministrazione regionale avrebbe pagato oltre 5 milioni di euro per un castello mai venduto ad altri.

Una storia che, pur con tutte le cautele del paragone, fa sorridere, come quella che conosciamo della vendita della fontana di Trevi da parte di Totò. In effetti però se non fossero intervenuti un Assessore regionale ed i responsabili dell’avvocatura interna all’Amministrazione il risultato sarebbe quasi analogo, tanto che sulla questione sta indagando la magistratura.
Ora che in Regione sono tutti compiaciuti per lo scampato pericolo - non ricordando che poche settimane fa erano invece favorevoli a spendere oltre 5 milioni - è bene tentare di capire quello che è successo e per quale ragione la famiglia Caracciolo di Brienza sia rimasta con il classico cerino in mano.

La normativa del nuovo codice dei beni culturali del 2004 disciplina il trasferimento di tali beni - come il castello di Introd - attraverso un atto di vendita condizionato sospensivamente al mancato esercizio della prelazione da parte dello Stato, della Regione e del Comune competente per territorio. Tale atto ha la stessa struttura di qualsiasi altro atto di vendita, con la precisazione che la parte venditrice non può consegnare il bene alla parte acquirente fintanto che non si sia definito il procedimento della prelazione, che deve concludersi entro 60 giorni dalla data di notifica della denuncia di trasferimento. Concluso questo termine se nessuno degli interessanti - nella fattispecie Stato, Regione Valle d’Aosta e Comune di Introd - intende avvalersi della prelazione il venditore e il compratore completano l’operazione con la stipula dell’atto di accertamento dell’avveramento della condizione sospensiva.

Pertanto, avendo i Caracciolo di Brienza comunicato l’11 marzo di avere concluso la vendita al prezzo di 4,8 milioni di euro avrebbero dovuto entro il 10 maggio - visto che lo Stato non è intervenuto, così come il Comune di Introd e che la Regione ha rinunciato all’acquisto dopo tante polemiche ed addirittura una perizia sul valore del maniero - sottoscrivere l’atto di avveramento, con conseguente pagamento da parte della società acquirente del prezzo pattuito e pure del 9 per cento della tassa di registro (su 4,8 milioni si tratta 432mila euro). Invece questo non è avvenuto, come lo stesso Giuseppe Caracciolo di Brienza ha spiegato al presidente Erik Lavevaz e come è emerso dalle visure catastali.

Però, stando alla legge, l’atto di avveramento, come spiega il termine, è solamente un documento che conferma il primo atto, quello effettivo di vendita. Quindi l’atto di vendita di 4,8 milioni comunicato alla Regione per la prelazione l’11 marzo che cosa era veramente? Questa domanda se la sono appunto posta i dirigenti dell’Avvocatura regionale a suo tempo, tanto da trasmettere la documentazione alla Procura di Aosta.
Ora anche coloro che erano favorevoli all’acquisto del castello di Introd stanno comprendendo che qualcosa nella vendita non quadra. Comunque l’Amministrazione è ora nella posizione migliore per negoziare e può condurre la trattativa come meglio crede. I paragoni non mancano, visto che ai confini della Valle d’Aosta sono in vendita i castelli di Pavone, San Giorgio, Parella: recentemente è stato alienato quello di Montestrutto a Settimo Vittone, acquistato da docente universitario canadese per circa 800mila euro. Perciò facendo i dovuti raffronti, sul mercato, per situazioni analoghe, il prezzo si aggira su 1 milione di euro. Certo il castello di Introd ha una valenza per la comunità di riferimento, è possibile visitarlo e crea un valore aggiunto, quindi si potrebbe pagare di più, anche il doppio, cioè 2 milioni, un prezzo comunque ben diverso dai 5,3 milioni (4,8 più le tasse) che la Regione avrebbe sborsato facendo valere la prelazione su di una vendita che in effetti non esisteva e sulla quale non sono ancora chiari i contorni.

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