Vittorio Emanuele, profondo legame con la nostra regione Una delegazione valdostana presente ai funerali a Torino

Vittorio Emanuele, profondo legame con la nostra regione Una delegazione valdostana presente ai funerali a Torino
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La cattedrale di Torino accoglie oggi, sabato 10, a partire dalle 13 in occasione delle esequie del principe di Casa Savoia Vittorio Emanuele (scomparso sabato scorso, 3 febbraio a Ginevra) una numerosa partecipazione di valdostani, guidata dai due più recenti presidenti della Delegazione della Valle d’Aosta degli Ordini dinastici Giovanni Girardini e Mirko Fresia Paparazzo, tanto che alcuni hanno già visitato la camera ardente allestita dalla tarda mattinata di ieri, venerdì 9, nella cappella di Sant’Uberto nella Reggia di Venaria.

Molti erano già stati i valdostani che il 24 marzo del 1983 si recarono a Hautecombe, dove nella famosa abbazia legata alla storia dei Savoia vennero celebrati i funerali solenni di Umberto II, ultimo re d’Italia, padre di Vittorio Emanuele e, per l’esilio, conte di Sarre, il titolo che scelse e che testimonia ancora oggi il legame e l’affetto della famiglia reale per la Valle d’Aosta.

Proprio alla nostra regione, Vittorio Emanuele (rientrato per la prima volta in Italia nel 2003, dopo cinquantasette anni di esilio) aveva vissuto insieme alle sorelle Maria Pia, Maria Gabriella e Maria Beatrice tante giornata felici che appartenevano ai suoi ricordi più belli. D’altronde il viaggio di nozze dei suoi genitori, i principi di Piemonte Umberto e Maria José, ebbe luogo a Courmayeur nella Villa dei Marone Cinzano.

In particolare, nell’estate del 1941 la Real Casa, anche per evitare il più possibile qualsiasi rischio derivante dai bombardamenti alleati, scelse di affittare la casa che Arturo Fosseret di Morgex aveva appena costruito a Pila di Gressan. La zona era conosciuta dalla principessa Maria José ed era facilmente sorvegliabile. Così per tre settimane Maria Pia del 1934 e Vittorio Emanuele, nato il 12 febbraio 1937, scorazzarrono per i prati di Pila, accompagnati in passeggiata dai conduttori degli alpeggi della famiglia Blanchet, partecipando con la mamma alle Messe nella bianca cappella di Pesein, mentre la sorellina Maria Gabriella di poco più di un anno rimaneva a Villa Fosseret. Per i giochi dei principini venne pure allestito un piccolo accampamento e per dimostrare alla nazione la serenità della famiglia reale, pur con una guerra in corso, fu realizzato dall’Istituto Luce un bellissimo documentario mandato in onda in tutte le sale cinematografiche del paese, dal titolo “In vacanza con i principini”, che per la prima volta mandava sul grande schermo le immagini di Pila e della gente di Gressan.

La scelta di Maria José, che da Pila affrontò alcune escursioni alla Becca di Nona e all’Emilius, fu particolarmente apprezzata dai suoi bambini che successivamente raggiunsero la tenuta di San Rossore a Pisa. Fu proprio da San Rossore che il 13 luglio del 1943 i principini Savoia vennero trasferiti con la loro madre prima a Roma e quindi dal 7 agosto a Sant’Anna di Valdieri in Piemonte, raggiungendo poi il castello di Sarre negli ultimi giorni di agosto per ragioni di sicurezza che facevano presagire quanto sarebbe successo nei giorni successivi. L’8 settembre, alla comunicazione dell’armistizio, Maria José si trovava ad Aosta, in visita all’Ospedale Mauriziano, dove oggi è il Palazzo regionale di piazza Albert Deffeyes.

Rientrata a Sarre fu immediatamente informata della necessità di partire per la Svizzera. Anche in questo caso i ricordi di Vittorio Emanuele di poco più di sei anni erano molto vividi e bene rammentava la fretta della partenza, per la paura da parte di tutti che i principini e la loro madre potessero essere catturati da tedeschi e detenuti come ostaggi. Fu Albert Deffeyes, amico ed accompagnatore di Maria José in tante escursioni in montagna, ad accompagnarli nel tardo pomeriggio al colle del Gran San Bernardo. Così il giorno dopo quando i primi tedeschi arrivarono in Valle, lasciati entrare dall’accondiscendenza delle truppe italiane, trovarono il castello di Sarre vuoto.

Dopo il rientro in Italia e l’esito contestato del referendum monarchia-repubblica del 2 giugno 1946, per il ragazzo Vittorio Emanuele iniziò la vita all’estero, ma non mancò un suo simpatico tentativo per avvicinarsi il più possibile alla Valle d’Aosta. La cosa fu possibile nel 1956 grazie al compagno di collegio a Ginevra, l’aostano Pitti Fresia, più giovane di due anni, il figlio di Luigi, già assessore alle Finanze della neonata Regione Autonoma. Con la vecchia ma splendida Alfa Romeo 1750 (oggi in una grande collezionista di auto d’epoca) targata Aosta 46 i due intrapresero, con Vittorio Emanuele alla guida, sotto la pioggia che diventava neve la salita al Gran San Bernardo arrivando all’Ospizio dove furono accolti calorosamente dai monaci e dai pochi turisti. Pitti Fresia e Vittorio Emanuele arrivarono proprio sulla linea di confine tra Svizzera e Italia, con il drappello della Guardia di Finanza a scattare foto ricordo con quel giovane alto e biondo “indesiderato” nel nostro paese.

Quando nel 1987 l’ex regina di maggio Maria José fu autorizzata dal Consiglio di Stato a rientrare in Italia, scelse Aosta e il convegno su Sant’Anselmo organizzato dalla Presidenza del Consiglio Valle, una visita tenuta segreta fino all’ultimo, celebrata pure dal pranzo nell’allora ristorante Cavallo Bianco. Poi Maria José, con la figlia Maria Gabriella, fu pure ospite all’inaugurazione del castello di Sarre a fianco dell’allora presidente Dino Viérin, dopo i lavori di restauro e di riallestimento, dopo il suo acquisto nel 1989 dalla famiglia reale attraverso la società Moriana, unico bene immobile che i Savoia avevano potuto conservare in Italia.

Dal 2003, anno dell’autorizzazione al rientro di Vittorio Emanuele, le visite del principe e dei suoi famigliari sono state numerose nella nostra regione, accolti prima da Mirko Fresia Paparazzo, il figlio dell’amico Pitti, e quindi da Giovanni Girardini. Però ogni volta il suo ricordo andava a quelle giornate felici di Pila, quando la guerra sembrava così lontana e la monarchia in Italia non era assolutamente messa in discussione.

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