Vini in miniera, progetto innovativo che riserva più di una sorpresa

Vini in miniera, progetto innovativo che riserva più di una sorpresa
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Sono tre le Cantine cooperative valdostane che condividono da tre anni un progetto di affinamento del vino nella miniera di magnetite di Cogne, a duemila metri di quota, all’interno dell’ex polveriera di Costa del Pino.

L’iniziativa era partita nel 2019 da un’idea della Cooperativa Mines de Cogne presieduta da Vittoria Daghetto che ha coinvolto la Cave des onze communes di Aymavilles, la Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle e la Crotta di vegneron di Chambave. Nel giugno del 2020, sono state portate in quota le prime bottiglie dell’annata precedente, vini che sono rimasti fermi per un anno.

«L’idea di un progetto di questo tipo - spiega la presidente della cooperativa Mines de Cogne Vittoria Daghetto - è scaturita dopo diverse telefonate tra noi e alcune cantine di fuori Valle, tra cui un paio di cantine venete produttrici di prosecco. Sarebbe stata un’esperienza stimolante, ma volevamo coinvolgere le nostre realtà locali in un’iniziativa simile e sono sicura che un giorno sarà possibile vedere su alcune etichette di vini valdostani anche il nome delle Miniere di Cogne».

La Cave des onze communes ha portato in quota il Torrette Superieur e la Petite Arvine. Due vini che, riferisce il presidente René Gerbore, «Nel 2019 la Cave ha portato nella miniera di magnetite di Cogne dopo l’affinamento per un periodo di 10 mesi in botti di granito del Monte Bianco. Possiamo chiamarlo esperimento doppio, visto che parliamo di vini affinati in maniera non tradizionale se pensiamo a quello classico in botti di legno o in botti di acciaio».

«Noi - aggiunge il presidente de La Crotta di Vegneron Sandro Théodule - nel 2020 abbiamo portato in miniera a riposare il Chambave Muscat e il Fumin. A distanza di un anno, quando nel mese di giugno del 2021 li abbiamo degustati, non mi aspettavo un’evoluzione positiva come invece c’è stata, soprattutto per quanto riguarda il moscato. Sono rimasto stupito: è diventato più rotondo, pieno, morbido. Diverso è il giudizio per quanto riguarda il Fumin. Abbiamo capito che i rossi bisogna lasciarli riposare più a lungo. C’è ancora tanto da lavorare per capire dal punto di vista tecnico cosa succede al vino lasciato a maturare a duemila metri di quota, con la temperatura in miniera di otto gradi tutto l’anno e l’ottanta per cento di umidità».

«Stiamo scoprendo cosa succede ai nostri vini, il nostro Vin Blanc e un vino spumante di nuova etichetta, il suo nome è “Magnetite”, entrambi dell’annata 2019, lasciati a maturare in quota. In realtà - racconta Nicolas Bovard, presidente de La Cave Mont Blanc de Morgex et La Salle - abbiamo deciso di lasciare lo spumante a riposare un anno e mezzo, anziché solo dodici mesi, ma non abbiamo riscontrato grandi risultati alla degustazione. Sul vino fermo, cioè sul Vin Blanc, invece, abbiamo notato che è invecchiato di più. Quindi, dell’annata 2019 abbiamo deciso, per il momento, di lasciare in miniera ancora parte delle bottiglie portate a suo tempo per capire quale sarà la vera evoluzione dei nostri vini scelti per questo progetto».

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