Vie Nuove 5-15. Donne alpiniste 7. Roberta Vittorangeli: “Non sono in gara con nessuno, però…”
Come hanno vissuto le persone che ha incontrato questa scelta certamente pionieristica?
Quando ho preso la decisione di provare a diventare Guida Alpina non vivevo più a Parma perché, per lavoro, sono stata costretta a trasferirmi prima a Trento e poi qui in Valle d' Aosta. Così, non avevo più contatti con i vecchi amici, ma non avevo ancora grandi amicizie qui in Valle con cui condividere pensieri, aspirazioni e momenti comuni. Pertanto, non ho mai avuto grossi scambi di opinioni in merito.
Posso dire che il mio ex compagno, Aldo Cambiolo, grande arrampicatore e apritore di cascate di ghiaccio, mi ha sempre appoggiato e favorito.
Per contro, la seconda volta che mi sono presentata a una selezione in Valle d' Aosta il responsabile della selezione, alla presentazione del corso, se ne è uscito con una frase che suonava più o meno così: “Medici e avvocati (alla selezione si presentava anche un ragazzo che faceva l'avvocato) non hanno diritto di fare la Guida Alpina”..."non ho il diritto"?! ...ma non ha fatto alcun riferimento al mio essere una donna.
Quando avevo deciso di diventare Guida Alpina, a Rovereto, avevo come amico un grande alpinista, accademico del CAI, con molti più anni di me (un'altra generazione), Graziano Maffei: vista l'età mi sarei aspettata che mi avrebbe scoraggiata, invece era il più entusiasta e, in virtù del mio curriculum alpinistico, avrebbe voluto anche presentarmi al CAAI.
Ma, se da una persona di un'altra generazione come Graziano avrei compreso un eventuale giudizio negativo, quello che mi ha lasciato senza parole, invece, è che nei primi anni della mia attività (anni 2000!), da uomini più giovani di me, mi sono sentita "rifiutare" come guida o mi sono sentita dire durante un'uscita di canyoning "beh ... se questa calata riesce a farla una donna, riesco a farla anch'io".
Episodi che, per fortuna, si contano sulle dita di una mano e che, comunque, hanno come contraltare uomini e donne che mi hanno scelto proprio perché donna.
Negli ultimi anni ci sono state molte iniziative tese a rivendicare uno spazio specifico della donna in montagna: dai Rendez-vous Haute Montagne alle cordate tutte femminili, dalla Community Donne di Montagna fino ai meeting di Arco di Trento. Mi sembra che lei si sia tenuta abbastanza fuori, a differenza ad esempio di Anna Torretta che è stata una protagonista molto attiva. Per carattere, perplessità politiche, distanza ideologica?
In passato, all'inizio della mia attività alpinistica ho partecipato ad un meeting di sole donne in Svizzera e, successivamente, proprio con Anna, ad un altro incontro di due-tre giorni non ricordo se in Piemonte o in Francia.
Poi, però, non ho più partecipato ad altri incontri. Sicuramente, uno dei motivi è che l'impegno lavorativo come medico di emergenza o anestesista in sala operatoria non mi consentiva di prendermi con facilità del tempo libero per parteciparvi: i giorni liberi sono sempre stati contati, per cui preferivo utilizzarli per condividerli con il mio ex compagno o con amici.
Ma, l'altro aspetto importante è che non mi convincono. Partecipare a incontri riservati a sole donne mi sembra di "ghettizzarmi", di isolarmi in un piccolo circolo scollato dal mondo, che fa un po' di confusione per pochi giorni, ma che non è in grado di incidere su usi, abitudini, culture.
Quando avevo vent’anni vi erano parecchi movimenti femministi che hanno creato grandi manifestazioni di piazza: se nel 2022 siamo costrette ancora a riunirci in gruppi di donne per farci notare vuol dire che non è una tattica vincente. All'interno di ogni società, io vorrei, prima di tutto, essere rispettata perché sono un essere vivente e, quindi, ancora di più perché sono un essere umano. Il mio diritto/dovere di fare la casalinga piuttosto che il medico o la guida alpina deve derivare da questo: sono un essere vivente che fa parte di una comunità e non dal fatto che sono una donna od un uomo. Non ci dovrebbe essere più stupore perché una donna fa la guida alpina: è un lavoro come un altro.
Al primo meeting a cui avevo partecipato in Svizzera, mi aveva colpito l'atteggiamento di un'amica che pretendeva di fare da capocordata, ma non essendo capace, invece di abbassare il livello pur di allenarsi a condurre la cordata, si arrabbiava con il suo fidanzato perché doveva legarsi con lui e fare una cordata mista (era l'unica che si è presentata con il fidanzato). Infatti, un aspetto che spesso ho notato in varie donne che ho incontrato è che pretendono "indipendenza", ma poi non sono capaci di organizzarsi per essere indipendenti. Penso che l'indipendenza vada conquistata all' interno della società e della cultura in cui viviamo e non isolandosi in piccoli gruppi occasionali in cui si continua a parlare, solo tra donne, delle difficoltà incontrate per inserirsi ed essere riconosciute.
Non so quale delle due tattiche sia migliore, ma io preferisco condurre la mia battaglia all' interno della società in cui vivo, cercando di non arretrare mai tutte le volte che mi sento dire “tu no perché sei donna”.
In un'intervista precedente su questa rubrica, un altro medico, esperto in medicina di montagna, Oriana Pecchio, ci assicura che non esiste alcuna ragione "fisiologica" che giustifichi il predominio maschile in campo alpinistico, ma è un fatto puramente culturale. Anzi, le donne potrebbero essere perfino fisicamente favorite. Condivide? Dobbiamo aspettarci un sorpasso nei prossimi anni, anche nella professione guida e nell'alpinismo d'alta quota (nell'arrampicata direi che ci siamo già)?
Ho letto l'intervista di Oriana e della ricerca che lei riporta. Non posso confermare questi aspetti fisiologici in quanto non ho la possibilità di seguire queste ricerche, ma sicuramente, a priori, non vedo nessun ostacolo particolare a livello fisico.
Mi faccio sempre una domanda: perché, trasversalmente, nelle culture di tutto il mondo la donna è quasi sempre relegata in secondo piano se non osteggiata, combattuta, punita. Non ho mai capito se è una questione di invidia (per la capacità di procreazione, che, peraltro, non potrebbe comunque realizzarsi se non ci fosse il sesso maschile) o di paura ... ma di cosa?
Quante volte ho sentito gli uomini parlar male delle caratteristiche femminili e viceversa.
Gli aspetti tipici dell'essere donna o uomo sono complementari a quelli dell'altro sesso e i risultati migliori, in ogni attività, si hanno se si riescono ad affrontare le varie situazioni mettendo insieme i due punti di vista che sanno cogliere sfaccettature diverse: le medaglie hanno sempre due facce e nessuna è più vera dell'altra.
Quindi, non mi piace parlare di "sorpasso" o "predominio maschile": richiama l'idea di una gara. Io, come donna, non sono in gara con nessuno e vorrei che nessuna donna affrontasse la scelta di fare alpinismo d'alta quota o di diventare Guida Alpina come una guerra contro il predominio maschile. Sarei molto felice se sempre più donne avessero la voglia e la possibilità di avvicinarsi all'alta montagna senza le difficoltà che ho avuto io e tante di quelle che le hanno precedute, per il semplice piacere di godere di quell'ambiente, indipendentemente da quante saremo, convivendo e condividendo le nostre esperienze con chiunque.