“Via da Parigi con l’ultimo Tgv per mettermi in isolamento nella taverna della mia casa”
Sono tante le storie straordinarie in questo periodo di emergenza sanitaria. Emblematica è quella di Fabien Lucianaz, ventiquattrenne, a Parigi per uno stage organizzato dall’Università della Valle d’Aosta e tornato rocambolescamente a casa sua, a Pont Suaz di Charvensod, mercoledì scorso, 18 marzo. «Ero nella capitale francese da due settimane. - racconta - Mai mi sarei immaginato di dover sospendere precocemente questa esperienza firmando un modulo di autocertificazione per “rientro presso il proprio domicilio”. Sono stati giorni in cui è successo di tutto, densi tanto da sembrare mesi. Mentre in Italia l’emergenza Coronavirus era una realtà, in Francia ancora ci scherzavano: facevano battute, i finti colpi di tosse... esattamente come noi pochi giorni prima che iniziasse l’emergenza. Solo che io sapevo esattamente cosa sarebbe accaduto dopo e mi sembrava di essere venuto dal futuro. Poi i discorsi di Macron e la proclamazione del “confinement”, la quarantena generale, proprio come in Italia. Quando ho capito che la situazione stava precipitando anche in Francia, ho deciso di rientrare in Italia».
Solo che andarsene non era così facile. «Martedì ho preso al volo l’ultimo Tgv per Torino, prima che sospendessero le corse. - prosegue Fabien Lucianaz - Era pieno di italiani che, come me, tornavano a casa. Arrivato a Torino, verso le 20.30, non c’erano più treni per tornare ad Aosta. Però, informandoci all’apposito numero verde, abbiamo scoperto che nemmeno mia mamma sarebbe potuta venire a prendermi: sono maggiorenne, quindi non si configurava come “necessità”. Sarei dovuto tornare a casa con le mie gambe».
«Alla stazione di Porta Susa l’ambiente era deserto, spettrale. - continua il giovane studente valdostano - Sono andato a cercare un albergo per la notte, dove mi hanno accolto con guanti e mascherine, una cosa surreale. Poi, il giorno dopo, ho preso il treno per Aosta, cambiando a Ivrea. Eravamo pochissimi a viaggiare e non ho mai visto le carrozze così pulite. Infine sono arrivato a casa. In tutto il viaggio, nessuno mi ha fermato per chiedermi dove stessi andando e perché».
Una volta giunto a Charvensod, però, le complicazioni non erano ancora finite. «Il decreto prevede che chiunque rientri dall’estero deve sottostare a sorveglianza sanitaria. Così, per non entrare in contatto neanche con i miei genitori, per non contagiarli in caso fossi un portatore sano del virus, mi sono sistemato nella taverna. Starò qui due settimane: in fondo non è così male!».
«Come dice un vecchio detto popolare, “méizon l'a nóm torna” (letteralmente “la casa si chiama “torna”) e non mi va poi così male, anzi. - riflette in conclusione Fabien Lucianaz - Ho perso solo uno stage e qualche soldo, niente di più e niente di meno. Questo però può far pensare anche a chi scappa veramente da qualcosa, senza avere una "taverna" dove rifugiarsi, o a chi da questa situazione ne uscirà avendo perso davvero qualcosa o qualcuno di importante. Siamo tutti chiamati a farci alchimisti di noi stessi, cercando di trasformare questo vile periodo in oro capendo che sempre, per chiunque, in un secondo, tutto può cambiare. Mais ce n'est qu'un au revoir, Paris!».