Valsavarenche, «Bisogna parlare con il nuovo Presidente del Parco per posizionare i villaggi e tutto il fondo valle fuori dall’area protetta»
Il Parco del Gran Paradiso attende il suo nuovo presidente. Mauro Durbano - vice sindaco di Ceresole Reale e vice presidente di Ires Piemonte - proposto dal ministro dell’Ambiente Gilberto Picchetto Fratin, ha già ottenuto il via libera della Commissione Ambiente della Camera. Ora tocca al Ministro trarre le conclusioni e procedere alla nomina. Accompagnata fin qui dalle polemiche.
«È deludente constatare come, in questa scelta, le voci dei territori non siano state ascoltate» ha commentato il deputato valdostano Franco Manes. Senza dimenticare il dissenso - messo nero su bianco - della Regione Valle d'Aosta e dei rappresentanti di una decina di Comuni valdostani e piemontesi dell'area protetta.
E’ notizia dei giorni scorsi che la Giunta del Comune di Ronco Canavese ha deliberato per estromettere i suoi territori dal Parco del Gran Paradiso. Una protesta formale sulla gestione della nomina del nuovo presidente del Parco, Mauro Durbano.
«Dispiace vedere come il processo di rinnovo della governance del più antico Parco Nazionale italiano sia stato dato in pasto ai dettami dall’alto, facendo venir meno la cooperazione e l’intesa istituzionale tra gli enti interessati» dice il sindaco Lorenzo Giacomino. La delibera impegna la Giunta ad attivarsi, anche con un’eventuale consultazione referendaria, non solo all’uscita dal Parco Gran Paradiso ma anche alla creazione di un’area protetta locale, «avente come finalità la conservazione ambientale e lo sviluppo sostenibile della comunità».
La questione Parco è tornata d’attualità anche in un territorio dove una quarantina di anni fa ha sollevato discussioni e polemiche: a Valsavarenche. Se ne è parlato infatti nel consiglio comunale che, pochi giorni fa, ha dato il via libera alla convenzione con la Fondazione Chanoux.
A far riemergere il difficile rapporto tra la comunità e l’area protetta è stato l’assessore comunale Claudio Vicari. Ricordando ciò che era alla base del pensiero di Émile Chanoux («Il théorisait un État Régional réglé par le principe de la subsidiarité: “Toute fonction sociale qui peut être exercée par un organe inférieur, plus proche de l'individu, ne doit pas être déléguée à un organe supérieur, plus éloigné de celui-ci”») Claudio Vicari è tornato a mettere in discussione l’inclusione del suo paese, Valsavarenche, nel Parco. «La création du Parc national du Grand-Paradis n’a pas été une opération correcte; elle a suivi une méthode stupidement centraliste, niveleuse et aussi fasciste» ha riferito nel suo intervento in consiglio comunale.
«Come poteva il Re donare allo Stato la sua riserva di caccia - compresi gli stambecchi e i camosci - se né la riserva, né gli stambecchi, né i camosci gli appartenevano?» afferma Claudio Vicari. «In effetti, l'articolo 3 della legge del 1922 definisce le condizioni per la creazione del Parco e le occupazioni necessarie alla sua gestione e prevede acquisti ed espropriazioni, ma nessun terreno fu mai acquistato o espropriato perchè l'amministrazione del Parco non ebbe mai i mezzi per farlo. Questa violazione è inconcepibile alla luce di tutti i principi giuridici che regolano l'espropriazione per interesse pubblico, eppure essa esiste e viene portata avanti in nome dello Stato. Le popolazioni stanno soffrendo e protestano».
Ma ecco il punto: «Valsavarenche è l’unico Comune interamente inglobato nell’area protetta. Il Parco è quindi nato con una logica centralista e fascista, e noi nel nostro piccolo vogliamo tornare ad essere liberi, facendo valere anche una questione di principio: il budello della Valsavarenche era fuori dai confini. Nel 1923 vennero posizionate delle tabelle per migliorare i confini, che nel 1922 erano stati forzatamente limitativi. Queste tabelle, ancora presenti, escludevano il budello della Valsavarenche e anche con l’istituzione dell’Ente Parco avvenuta nel 1947 venne affermato che i confini erano quelli indicati dalle tabelle. Realtà scombussolata dal decreto Marcora del 1977, illegittimo in quanto un atto amministrativo non può essere in contrasto con leggi statali e anche regionali. Quindi è stata una forzatura».
Secondo Claudio Vicari allora sarà necessario «iniziare un discorso con il nuovo Presidente del Parco, per rivedere di posizionare i villaggi e quindi tutto il fondo valle al di fuori della perimetrazione dell’area protetta. I Comuni sono dotati di piano regolatore e regolamento edilizio, quindi che senso ha chiedere permessi e autorizzazioni al Parco? In passato, il villaggio aveva personalità giuridica e una certa organizzazione, ora tutto ciò è andato perduto».
«La gente è arrabbiata e si lamenta delle troppe forzature. Per esempio: i turisti con i cani non possono frequentare i nostri sentieri così scelgono le altre vallate, e l'economia qui a Valsavarenche muore. La Regione ha dato in locazione terreni, alpeggi e fabbricati di sua proprietà e questo è un segnale di abbandono dello spirito di autonomia: l’affitto a lungo termine è il primo passo verso la perdita dei diritti sui propri beni. Infine - conclude Claudio Vicari - rammarica che siano state intentate azioni legali che nella gran parte dei casi si sono risolte in un nulla di fatto, vedasi l’assoluzione degli imputati nel processo sulla presunta frode nei lavori di sistemazione di itinerari del Parco del Gran Paradiso, nell'ambito del progetto Giroparchi, su cui è peraltro calato il silenzio da parte di tutte le istituzioni. Sarebbero bastate due parole di solidarietà».