Università, sì o no? Secondo il Rapporto «Almalaurea 2022» i laureati trovano lavoro e guardano con più fiducia al futuro
Iniziate quest’anno la quinta superiore e siete dubbiosi sull’opportunità di proseguire gli studi all’Università, oppure no?
Allora può far comodo approfondire il Rapporto 2022 sulla Condizione occupazionale dei Laureati di 76 Atenei.
In primo luogo, è bene sapere che nel 2021 il tasso di occupazione dei neolaureati è pari, a un anno dal conseguimento del titolo, al 74,5% (laureati di primo livello) e al 74,6% (laureati di secondo livello del 2020).
Rispetto al 2019 la tendenza è al miglioramento, particolarmente per i laureati di secondo livello che fanno segnare un buon +2,9% rispetto all’anno precedente.
L’incremento per i laureati di primo livello è invece dello 0,4%.
«La forma contrattuale più diffusa nel 2021, a un anno dal conseguimento dal titolo, è il lavoro non standard, prevalentemente alle dipendenze a tempo determinato, che riguarda circa il 40% degli occupati (41,4% laureati di primo livello e 38,5% laureati di secondo livello) - scrive Almalaurea - Rispetto alla rilevazione del 2019 l’incremento è pari a +2,6 punti percentuali per i laureati di primo livello e +4,9 punti quelli di secondo livello».
Quant’è lo stipendio di un neolaureato? A un anno dal titolo la retribuzione netta è pari, in media, a 1.340 euro per i laureati di primo livello e a 1.407 euro per i laureati di secondo livello. Rispetto all’indagine del 2019 si rileva un aumento: +9,1% per i laureati di primo livello e +7,7% per quelli di secondo livello.
Da sottolineare, inoltre che oltre il 60% degli occupati (60,6% per i laureati di primo livello e 66,3% per i laureati di secondo livello), a un anno, considera il titolo di laurea “molto efficace o efficace” per lo svolgimento del proprio lavoro.
Passiamo a cinque anni dal conseguimento del titolo. Anche in questo caso dati confortanti: il tasso di occupazione, infatti, è in aumento. Nel 2021 è pari a 89,6% per i laureati di primo livello e a 88,5% per quelli di secondo livello. Nel 2019 erano rispettivamente 88,7% e 86,8%.
Altra buona notizia: a cinque anni dal titolo, la forma contrattuale più diffusa è il contratto alle dipendenze a tempo indeterminato con retribuzione netta media pari a 1.554 euro per i laureati di primo livello e 1.635 euro per i laureati di secondo livello, con un aumento rispetto al 2019 rispettivamente di +8,3% e +7,3%.
In linea generale possiamo aggiungere che i laureati sono anche più fiduciosi nel futuro. In particolare, secondo Almalaurea: «I laureati hanno espresso elevati livelli di fiducia (voto superiore o uguale a 8 su 10) nella tecnologia (70,9% per i laureati di primo livello e 69,6% per quelli di secondo livello), nella rete di relazioni sociali (67,2% e 67,8%, rispettivamente) e nella famiglia (67,2% e 67,0%). I laureati sono più fiduciosi nella transizione digitale (61,7% per i laureati di primo livello e 60,5% per quelli di secondo livello) rispetto a quella ecologica (rispettivamente, 53,3% e 50,4%). La quota di laureati che esprime un’elevata fiducia nell’università e nelle imprese è invece poco inferiore al 50%: 48,8% e 45,5% per l’università, 43,1% e 42,2% per le imprese, rispettivamente per i laureati di primo e di secondo livello. A fondo scala si trovano le istituzioni nelle quali solo il 16,7% dei laureati di primo livello e il 20,3% dei laureati di secondo livello ripone ampia fiducia».
In linea di principio possiamo dunque concludere che l’università italiana apre le porte a un lavoro soddisfacente e pone gli studenti che conseguono il titolo nella condizione di guardare al futuro con un approccio più fiducioso. La risposta al quesito iniziale, a questo punto, traetela voi!