Una vicenda giudiziaria su cui aveva messo una pietra tombale la Cassazione

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Sulla vicenda giudiziaria che vedeva coinvolto l’ex procuratore facente funzioni ad Aosta, ora giudice civile ad Imperia, Pasquale Longarini aveva messo una pietra tombale nell’ottobre del 2021 la Cassazione dichiarando inammissibile il ricorso del Procuratore generale di Milano e confermando così l'assoluzione. A chiedere l'inammissibilità del ricorso era stato lo stesso Procuratore generale della Corte di Cassazione, accogliendo le memorie presentate dalla difesa. Sia in primo sia in secondo grado Pasquale Longarini era stato assolto dalle accuse di induzione indebita a dare o promettere utilità, rivelazione di segreto d'ufficio e favoreggiamento. Per quelle accuse, il 30 gennaio del 2017 era finito agli arresti domiciliari. E' stata la Procura generale di Milano a presentare ricorso in Cassazione contro l'assoluzione del magistrato. Con Pasquale Longarini erano a processo l'imprenditore Gerardo Cuomo e l'albergatore Sergio Barathier. Anche per loro è stata confermata l'assoluzione. Peraltro tra le pieghe delle motivazioni della sentenza di assoluzione della Corte d’Appello di Milano (come in primo grado) di Pasquale Longarini spunta più di un retroscena. Secondo i giudici di secondo grado «Il procedimento è stato originato da quanto è stato riferito, contrariamente dal vero, da Samuele Sighinolfi (colonnello dei carabinieri all’epoca dei fatti in servizio ad Aosta, ndr) a Stefano Castellani (pm della Procura di Torino, ndr) e cioè che Longarini aveva chiamato personalmente Barathier invitandolo a scegliere come fornitore dell’Hotel Royal di Courmayeur Cuomo per poi precisare che Barathier era indagato da Longarini». Inoltre l’ex pm era stato accusato di avere aiutato Cuomo, nell'aprile 2015, «Ad eludere le investigazioni condotte dalla Dda di Torino» in un «Procedimento penale» in «Materia di criminalità organizzata, rivelandogli» di essere sottoposto a intercettazioni telefoniche. Per questo motivo, l'imprenditore avrebbe interrotto le conversazioni con Giuseppe Nirta, poi ucciso in Spagna nel 2017. In realtà, secondo i giudici d’Appello, «Cuomo era persona terza coinvolto nelle indagini solo per i suoi rapporti con l’indagato Nirta, e non sono mai stati raccolte prove o indizi a suo carico». Perciò Gerardo Cuomo non era mai stato iscritto nel registro degli indagati. Lo stesso imprenditore aveva spiegato che Giuseppe Nirta «Nel 2014 mi era stato presentato da Antonino Raso, che mi disse che Nirta aveva avuto guai giudiziari e che aveva intenzione di instaurare rapporti commerciali per la fornitura di derrate alimentare dalla Spagna al fine di intraprendere un’attività lavorativa lecita». Gerardo Cuomo poi aveva precisato che «Ci accordammo per una fornitura a titolo di campionario di 7.000 euro, che pagai in anticipo con bonifico, ma ricevetti la metà del valore della merce concordata». Anche l’ipotesi di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui il procuratore capo aostano all’epoca dei fatti era accusato per aver esercitato pressioni sul contitolare dell’Hotel Royal & Golf di Courmayeur Sergio Barathier, mentre indagava su di lui per reati fiscali, affinché variasse il fornitore alimentare dell’albergo, facendo ottenere all’“amico” Cuomo una fornitura da 70mila-100mila euro annui, viene smontata. La telefonata di Longarini ad un componente dello staff dell’albergo, fatta dal magistrato in presenza dell’ex manager Finaosta Gabriele Accornero, va quindi ritenuta «Al di sotto della soglia dell’abuso, sostanziandosi in una segnalazione, in una indicazione e cioè che il contatto con Cuomo meritasse un esito positivo in quanto questi era un imprenditore affidabile e con prodotti di qualità». Peraltro, dalle indagini era emerso come l’hotel fosse già deciso a variare un suo fornitore storico, a causa di alcune difficoltà con esso. Insomma un castello di accuse ritenuto infondato dai giudici milanesi che hanno cancellato ogni ombra di dubbio sul comportamento di Pasquale Longarini.

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