Una funicolare tra Borgofranco d’Ivrea e Andrate Quel progetto mai realizzato di inizio Novecento

Una funicolare tra Borgofranco d’Ivrea e Andrate Quel progetto mai realizzato di inizio Novecento
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Si è conclusa domenica scorsa, 27 febbraio, l’interessante mostra “Dalla Belle Epoque alle trincee - Industrializzazione a Borgofranco dal 1862 alla Grande Guerra” allestita a Palazzo Marini. Un’occasione per proporre un ulteriore approfondimento sul progetto mai realizzato - elaborato all’inizio del Novecento - di una funicolare che avrebbe dovuto unire Borgofranco con Andrate.

La funicolare è una modalità di trasporto terrestre “a guida vincolata”, appartenente alla categoria del trasporto a fune, solitamente in regime di servizio o trasporto pubblico. Le caratteristiche distintive sono l’utilizzo di una fune come organo di trazione e il movimento su una o più vie di corsa costituite da classici binari oppure da speciali guide, metalliche o di altri materiali. In queste ultime realizzazioni possono venire impiegate ruote gommate. Tali impianti vengono generalmente realizzati allo scopo di superare sensibili dislivelli - soprattutto in ambiti montuosi - ma esistono numerosi esempi, in particolare in tempi recenti, a sviluppo pianeggiante o misto. La funicolare non va confusa con la ferrovia a cremagliera la quale, pur circolando su binario, presenta un principio di funzionamento radicalmente diverso, come l’attuale Sassi - Superga; nata nel 1884 come funicolare a vapore sistema Agudio, nel 1934 venne trasformata nell’allora ormai consolidata tecnologia a cremagliera che dura ancora oggi: la ferrovia a cremagliera, un sistema di trazione ferroviaria impiegato quando l’elevata pendenza del binario rende necessario ricorrere a sistemi che aumentino l’aderenza dei mezzi destinati a trainare i treni (locomotive o automotrici) o sia necessario garantire la sicurezza della frenatura o della fermata in linea dei treni. Si basa sull’impiego di una rotaia dentata (detta appunto cremagliera) collocata parallelamente al binario, normalmente al centro fra le rotaie ma talvolta anche fuori asse. I veicoli sono dotati di una o più ruote dentate (pignone) collegate ai meccanismi di trazione oppure a un sistema di frenatura. I convogli possono così muoversi indipendentemente dall’inclinazione del tracciato.

Le funicolari esistenti in Piemonte oggi sono quelle di Biella - Piazzo dal 1885, La Mondovì Piazza - Mondovì Breo realizzata nel 1886 e re-inaugurata nel 2006 dopo essere stata chiusa dal 1975. Invece non esiste più a Torino, la Corso Casale - Monte dei Cappuccini, abbandonata dopo un bombardamento alleato nel 1942.

In Valle d’Aosta invece abbiamo 2 funicolari, una limitata al servizio sciistico che è la Funicolare del Monte Rosa in località Frachey, nel Comune di Ayas e l’altra di Saint-Vincent che collega il centro abitato omonimo con lo stabilimento termale “Fons Salutis” che fu inaugurata nel 1900. In Canavese la funicolare rimase allo stato di progetto, tornato alla luce grazie all’associazione “Mario Clemente” per Ricerche di Storia e Cultura Locale, apparso nel loro bollettino annuale 2021, dal titolo: “Borgofranco, figure e momenti del passato” della collana “Quaderni di storia e cultura locale VII”. La documentazione è stata preservata dall’oblio da Silvano Regruto Tomalino di Chiaverano che ha permesso la pubblicazione.

L’idea della funicolare venne a persone di Andrate. Quando fu propugnato il progetto nell’ottobre del 1909, non esisteva ancora la strada carrozzabile Borgofranco-Nomaglio-Andrate (le strade provinciali numero 72 e 73), realizzata soltanto nel 1918. Il progetto venne redatto dall’elettrotecnico di Andrate Modesto Gillio che avviò la pratica al Ministero dei Lavori pubblici per ottenere il Decreto di concessione. Il medesimo era stato depositato, a norma dell’articolo 129 del Codice di commercio, al Tribunale di Ivrea. Era così sorto un comitato promotore per realizzare l’impresa. La situazione stradale di Andrate all’epoca era critica: collegata a Mongrando (12 chilometri), da qui si poteva raggiungere Biella con la ferrovia a scartamento ridotto, prima a vapore e poi elettrificata nel 1922, che sarebbe rimasta in esercizio fino al 1951 quando fu smantellata insieme alla ferrovia Biella-Oropa. Peggiore la situazione sul fronte canavesano: 3 chilometri di mulattiera per raggiungere Borgofranco e di qui la ferrovia Chivasso-Aosta; una mulattiera «che non può percorrersi che faticosamente a piedi o dorso di mulo, con gravi ostacoli nel movimento dei passeggeri e tale onere sul costo di trasporto dei prodotti d’importazione, che sono moltissimi: dai materiali di costruzione fino alle derrate alimentari, avendo la regione scarse risorse, da rendere eccessivamente care le comodità più comuni della vita e da paralizzare completamente qualunque sviluppo edilizio e industriale». Molti i benefici previsti: Andrate sarebbe diventata una Stazione Climatica Alpina, meta ideale per il turismo del benessere, che faceva il paio con le rinomate acque minerali di Borgofranco con il suo Stabilimento Idroterapico, gli hotel collegati e il Birrificio De Giacomi. Inoltre la funicolare avrebbe costituito il collegamento tra Valle d’Aosta, Valle Chiusella e alto Biellese.

Il dislivello di 594 metri prevedeva un tracciato di oltre 10 chilometri ma, scegliendo la trazione funicolare, poteva essere colmato con un tracciato di soli 2 chilometri. La motrice fissa sarebbe stata installata nella stazione di Andrate. Causa dirupi e avvallamenti, la linea sarebbe sorta più a levante rispetto al tracciato diretto Borgofranco-Andrate e la stazione in località Biò, in regione Corsano, mentre ad Andrate sarebbe stata spostata di 700 metri dal capoluogo verso Sala Biellese, risultando comodissima a Donato e ai paesi della Valle dell’Elvo. La funicolare avrebbe avuto uno sviluppo orizzontale di 1.309 metri, partendo dai 292 metri sul livello del mare di Corsano a Biò per arrivare ai 764 di Andrate percorrendo un dislivello di 472 metri con una pendenza variabile: dalla minima del 23 alla massima del 59 per cento. Lo scambio intermedio avrebbe avuto una larghezza di 6,50 metri contro i 3 dell’intero corpo stradale a binario semplice, quest’ultimo di un metro di scartamento, realizzato con rotaie Vignoles e traversine di castagno. La stazione di Borgofranco doveva comprendere: «un fabbricato viaggiatori in stile barocco moderno con decorazioni in cemento e in ferro, formato da 2 corpi: l’anteriore con comunicazioni col piazzale per mezzo di 3 grandi porte e di una gradinata destinata a sala d’aspetto, a vendita dei biglietti e buffet; il posteriore inclinato con binario per l’ingresso della vettura e 2 gradinate a ripiani ai lati, destinate l’una all’entrata, l’altra all’uscita dei viaggiatori dalle vetture. Un piano caricatore collegato al piazzale con apposita strada, destinato al caricamento delle merci». Molto simile il progetto della stazione di Andrate con, unica differenza sostanziale, un vasto locale sotterraneo per ospitare il motore che muoveva la fune di traino e un secondo binario che portava alla rimessa delle carrozze. Il motore creava il movimento della fune mediante una grande puleggia sul cui asse vi erano i tamburi dei freni elettrici e a mano. Il motore aveva bisogno di una tensione elettrica di 500 Volts e di un’apposita cabina di trasformazione. Un quadro portava tutti gli strumenti di misura elettrica, una leva d’avviamento e una leva d’inversione di marcia, una leva per il freno elettrico e un volante per il freno manuale, un tasto per i segnali, un apparecchio ripetitore delle posizioni delle vetture, il tutto raggruppato in un centro comando. Un regolatore a forza centrifuga interveniva sul freno oltre una certo limite di velocità. Il manovratore in carrozza azionava un pedale quando entrava in stazione per togliere la corrente al motore e l’intervento del freno elettrico per arrestare le vetture a fine corsa. Le carrozze previste erano per i viaggiatori e per il trasporto merci. La corsa durava 23 minuti e il potenziale orario era di 62 passeggeri e 680 chili di bagagli in salita e altrettanti in discesa, ovvero una massa complessiva trasportabile di 7.200 chili. Un collegamento elettrico permetteva il contatto segnaletico continuo tra le 2 stazioni e le carrozze in viaggio. Il progetto esponeva poi il piano finanziario: 200 giorni in inverno con popolazione locale e 100 giorni estivi a cui si sommavano i forestieri, 50 festivi con l’arrivo dei gitanti con 15 giorni di sospensione per imprevisti teorici. Il biglietto sarebbe costato 70 centesimi la salita e 50 la discesa, quello di andata e ritorno 1 Lira. La tariffa bagagli di una Lira al quintale in salita e 60 centesimi in discesa e le merci 5 Lire a tonnellata in salita e 3 in discesa.

Questo regime di incassi avrebbe garantito un utile annuo del 5,94 per cento sul capitale, quello cioè necessario alla costruzione dell’impianto, pari a 200.000 Lire. Tra i vari costitutori del comitato e i sottoscrittori dello statuto della “Società Anonima Funicolare Borgofranco-Andrate” figuravano, oltre all’ideatore, l’elettrotecnico Modesto Gillio, Vittorio Modina, sindaco di Andrate, l’ingegner Camillo Perron, deputato al Parlamento, Giacomo Saudino, avvocato e consigliere provinciale, l’avvocato e sindaco di Ivrea Giovanni de Jordanis, il sindaco di Borgofranco Germano Balmino, Vittorio Montaldi, agente consolare d’Italia in Inghilterra, Luigi Rabogliatti presidente della confederazione commercianti d’Ivrea, l’ingegner Carlo Guaschino, Oreste Garda, l’avvocato Egidio De Giacomi, Giovanni Ferrando, il banchiere Filippo Deangelis, l’ingegner Giuseppe Borello e il geometra Antonio De La Pierre. Il capitale di 200.000 Lire sarebbe stato diviso in 2.000 azioni da cento Lire cadauna. Il 18 ottobre 1909 tutti firmarono davanti al notaio Oreste Roscio di Borgofranco d’Ivrea. Ma la funicolare non venne mai costruita.

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