Una conferenza sulla storia del quartiere per i 50 anni della posa della prima pietra della chiesa di Saint-Martin
In una conferenza che ha tenuto martedì scorso, 27 giugno, nella saletta parrocchiale, Alessandro Celi ha ricostruito la storia del Quartiere di Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta. L’occasione era l’anniversario dei 50 anni dalla posa della prima pietra della “pagoda”, la chiesa detta “nuova” per differenziarla da quella più antica davanti alla quale è stata costruita fra il 1973 e il 1977. Il concerto che si è tenuto giovedì 29, seguito dalla cena comunitaria, con il Coro Verrès era legato al fatto che l’edificio di culto, attestato fin dal 1176, dopo essere stato “beneficio” del Vescovo era stato assegnato alla verreziese prevostura di Saint-Gilles. «La zona in cui era sorta la parrocchia, che si estendeva dalla Dora fino alla via dei Salassi - ha spiegato lo storico Alessandro Celi - era ben esposta e soleggiata, strategicamente al riparo da alluvioni dal basso, lato fiume, e dall’alto, lato montagna. Qui si coltivavano molte vigne ed era quindi una zona appetibile». Andando in cerca delle origini del nome, del patrono e delle particolarità della parrocchia, alcune informazioni emergono dagli archivi del Capitolo della Cattedrale. «Dal 1488 Saint-Martin passò sotto la Cattedrale - ha evidenziato Alessandro Celi - e negli archivi si trovano i nomi antichi delle zone oggi a noi note: c’è una “Crus Corliani”, che diventa Crou; una “Ruina Clausi Novi - Aviso”, oggi Avisod, dove probabilmente c’era stato uno smottamento; ma anche Pleol (Pleod), Coczan (Cossan), o Rionda (Arionda). Sul perché fosse stato scelto come patrono San Martino, si può ipotizzare che la zona fosse lungo la strada percorsa dal santo. Quanto alla conservazione della Messa in francese, ricordiamo che il parroco parlava la lingua dei suoi parrocchiani, che quindi dovevano essere francofoni, a differenza dei loro vicini della parrocchia dell’Immacolata, soprattutto veneti e per i quali erano stati chiamati dal bresciano gli Oblati di Maria Immacolata». Un altro legame con San Martino, patrono anche di bottai e osti, può essere rappresentato dal fatto che, oltre ad essere zona di vigne, il quartiere ospitava diverse locande che, essendo fuori dalle gabelle imposte dalla città, potevano vendere vino più a buon mercato, attirando fin dal Settecento molti villeggianti dalla città. Quando poi la zona divenne più abitata, date le molte costruzioni sorte dopo il 1940, si rese necessaria una chiesa più grande e negli anni Settanta fu costruita l’avveniristica architettura amabilmente chiamata “pagoda” per la forma del suo tetto.