«Un fenomeno dilagante tra i giovani che è sintomo di disagio sociale e richiede interventi mirati da parte delle istituzioni»
Dopo il caso della violenta rissa tra ragazze davanti alle scuole di Verrès, esiste un allarme bullismo tra gli adolescenti in nella nostra regione? Quali provvedimenti sarebbe necessario adottare per debellare quella che ormai si presenta come una piaga sociale?
Fabio Menegatti: «La piaga del bullismo in Valle d’Aosta è una realtà già esistente da molti anni ma spesso taciuta o minimizzata. Ora però assume contorni inquietanti. Sono stato vittima di atti di bullismo alcuni anni fa, ma sono riuscito a risolvere il problema ritrovando la mia serenità. Occorre comunque intervenire e cercare di arginare il fenomeno».
Tatiana Sisti: «Dopo l’episodio di Verrès è ovvio che il problema sussiste. Inutile quindi ignorare o cercare di fare passare il bullismo come ragazzata, perché è un fenomeno grave e indica disagio tra i giovani. Iragazzi bullizzati spesso vanno in depressione e arrivano addirittura al suicidio, come già avvenuto in passato in alcune zone d’Italia. Dopo il Covid la situazione è esplosa con l’aumento dell’aggressività. Molti adolescenti fanno ricorso a cure psicologiche e psichiatriche con attacchi di panico, depressioni o disturbi del comportamento. Bisogna perseguire il bullismo attraverso denunce e il cyber bullismo tipico dei social deve essere assolutamente contrastato dalla Polizia Postale».
Carmela Saporito: «In Valle d’Aosta il bullismo sta assumendo caratteristiche inquietanti e sfocia addirittura in forme di aggressione fisica e risse come avvenuto di recente a Verrès. I ragazzi non riescono più a contenere quella parte di aggressività che invece andrebbe incanalata per esempio nello sport o in attività ludiche positive. Le vittime spesso sono continuamente prese di mira fino all’esasperazione, questo potrebbe spiegare reazioni fisiche improvvise e incontrollate. Occorre intensificare i controlli direttamente nelle scuole e fare attenzione a cosa pubblicano i ragazzi sui social, interrompendo così una catena infinita di insulti e violenze psicologiche».
Ivo Gerbelle: «Credo che la situazione si sia aggravata dopo il lockdown, i ragazzi hanno dovuto restare a casa in maniera forzata non potendo così coltivare i rapporti con i propri coetanei e condividere le loro esperienze creando così situazioni che hanno inciso in maniera negativa sulla loro personalità. Le restrizioni per la pandemia di Covid hanno creato una serie di tensioni interiori che adesso sfociano in risse botte e reazioni incontrollate ed eccessive».
Clea Nardi: «Credo che il problema nasca soprattutto in famiglia, dove manca un’educazione equilibrata e rispettosa degli altri. Anzi, di fatto si è creata una società malata dove poi è difficile inserire modelli positivi e trasmettere quei valori essenziali che sono andati perduti».
Fabio Miraglia: «Occorre parlare con i giovani del bullismo, bisogna confrontarsi e nelle scuole o in zone a rischio bisogna mettere delle figure di riferimento come psicologi o sociologi. Insomma, figure in grado di intervenire ed evitare che casi di bullismo generino disagio tra i giovani».