Turismo, a febbraio il calo è del 30% L’Adava: «Più chiarezza dagli impianti»

Turismo, a febbraio il calo è del 30% L’Adava: «Più chiarezza dagli impianti»
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Situazione in chiaroscuro a febbraio in Valle d’Aosta: male per gli alberghi, meglio per gli impianti di risalita, bene per i maestri di sci. Come conferma Beppe Cuc, presidente dell’Associazione Valdostana dei maestri di sci, «La nostra clientela italiana affezionata aveva una gran voglia di riprendere a sciare. Abbiamo avuto qualche assenza solo per positività o quarantene, ma nessun crollo. Anzi, nelle annate pre-Covid spesso dovevamo dire dei no, perché avevamo più richieste di quelle che potevamo soddisfare. Il termometro è quello dei corsi annuali, che coinvolgono 2.000 bambini a livello regionale, per il 99 per cento italiani, e che non hanno avuto alcun calo numerico».

Nonostante il picco di casi a dicembre, l’aver sfiorato la zona rossa e l’obbligo di Green pass e mascherine ffp2 per accedere agli impianti, le scuole di sci hanno «tenuto botta» e i responsabili sono, dunque, mediamente soddisfatti per i risultati che si avvicinano a quelli pre-pandemia. L’unica difficoltà, dal punto di vista organizzativo, era legata dlle prenotazioni o alle defezioni dell’ultimo minuto, che hanno comportato più lavoro per le segreterie.

«Sono solo mancati i gruppi stranieri portati dai tour operator, siamo ottimisti per il prossimo anno, le prospettive sono buone» conclude Beppe Cuc. «Cercheremo solo di migliorare l’organizzazione delle scuole per soddisfare al meglio richieste sempre più variegate e last minute».

Dal fronte alberghiero, invece, non mancano le preoccupazioni, più accentuate per le strutture fino a 3 stelle e per quelle nelle località prive di impianti di risalita. Se si considerano le incertezze e le difficoltà legate alla pandemia, la stagione non è andata male, però «c’è ancora bisogno di sostenere la categoria anche perché la pandemia non è del tutto risolta» afferma Filippo Gérard, presidente dell’Adava, l’associazione che raduna gli operatori della ricettività turistica. «Il vero traino è dato dallo sci. Coloro che si potevano permettere la lezione di sci sono quelli che hanno continuato a venire in vacanza, scegliendo spesso anche hotel a 4 stelle. Da una lettura globale dei dati non posso dire che sia stata una stagione disastrosa, però la flessione negli arrivi e nelle presenze - tra il 25 e il 30 per cento rispetto a febbraio 2020 - c’è stata. Certo, se anche noi albergatori avessimo alzato i prezzi come hanno fatto le società degli impianti, avremmo fatturati più rosei, però gli hotel sono aziende private che operano in regime di concorrenza, a differenza delle funivie che sono in regime di monopolio e partecipate dalla Regione. Ci chiediamo: se le persone sono diposte a pagare 58 euro per uno skipass giornaliero, forse anche gli alberghi potrebbero avere margini per alzare i prezzi, naturalmente elevando, di pari passo, la qualità. Di sicuro gli hotel parlano di presenze, le società di impianti di fatturati. Sarebbe interessante capire il calo registrato nei primi accessi, che le società forniscono mal volentieri; è facile alzare i fatturati aumentado i prezzi ed eliminando lo skipass mattutino. Per contro, gli alberghi in alcuni casi, pur di riempire le stanze e far fronte all’aumento dell’energia e delle materie prime, come è avvenuto nelle città d’arte, hanno perfino dovuto cambiare la loro politica commerciale e abbassare le tariffe, avendo avuto una clientela perlopiù italiana, meno disposta a spendere. Se a gennaio e a febbraio i dati sono stati negativi, ci attendiamo che anche marzo non abbia invertito il trend, penalizzato dalla mancanza di neve naturale. L’andamento di febbraio ci fa capire come investire nei grandi comprensori, quali Cogne-Pila o Cime Bianche-Zermatt sia vincente anche per le strutture ricettive e per tutto l’indotto dello sci. Ferma restando la necessità di sviluppare un turismo alternativo allo sci alpino nelle località che non hanno la possibilità di sviluppare impianti di risalita».

Tra gli altri temi caldi secondo Filippo Gérard - accentuati dall’instabilità della politica regionale, che fa cambiare sempre gli interlocutori e toglie continuità all’azione di governo - ci sono il mancato censimento degli appartamenti Airbnb, la mancata previsione della quinta stella per i residence e l’assenza di un «marchio ombrello» che identifichi tutta la Valle d’Aosta.

«Gli appartamenti sul mercato degli affitti sono occulti, privi del codice informativo, e non richiedono il pagamento della tassa di soggiorno» precisa il presidente Adava. «Ad oggi non siamo in grado di sapere, a livello statistico, quanti appartamenti ci siano, quante presenze abbiano e quale sia la permanenza media. Solo noi albergatori siamo iper-controllati perché abbiamo l’insegna. Però così non sappiamo neppure quale è la reale ricettività di una località. Non avendo una classificazione a seconda dei servizi e della qualità che offrono, alloggi e residence perdono fasce di mercato perché per esempio i tour operator, più che le recensioni, guardano le stelle. La Regione Valle d’Aosta è molto indietro su queste innovazioni, - conclude Filippo Gérard - a differenza delle altre regioni che hanno già fatto passi da gigante, con strutture quali Trentino Marketing dedicate alla promozione turistica».

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