“Tra poco più di 20 anni i ghiacciai della Valpelline saranno un ricordo”

“Tra poco più di 20 anni i ghiacciai della Valpelline saranno un ricordo”
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I ghiacciai della Valpelline sono sempre più fragili ed esposti agli impatti degli eventi meteo estremi in aumento sull'arco alpino.

Il risultato è che continuano ad arretrare: dal 1850 la fronte dell'antico ghiacciaio della Valpelline, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di ben 7 chilometri rispetto alle attuali fronti delle masse glaciali in cui il grande ghiacciaio sì e separato nel 1959. «Tra poco più di 20 anni gran parte dei ghiacciai della Valpelline rischia di essere solo un lontano ricordo» ha sottolineato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente, giovedì scorso, 22 agosto, durante la presentazione dei dati della seconda tappa della Carovana dei ghiacciai.

In particolare preoccupa «l'accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grandes Murailles che ha perso 1,3 chilometri di lunghezza dal 2005 e il suo fronte oggi si trova a circa 2.900 metri di quota, ben 500 metri più in alto».

Analogamente, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 chilometri di lunghezza dal 2002 e il suo fronte è “risalito” di ben 400 metri.

«In questa seconda tappa - ha dichiarato Vanda Bonardo, responsabile nazionale Alpi di Legambiente - abbiamo rincorso passo dopo passo i ghiacciai della Valpelline che si ritraggono sempre di più diventando piccoli e fragili». «I dati glaciologici storici e i risultati dei rilevamenti più recenti nell'alta Valpelline - ha aggiunto Marco Giardino, vicepresidente del Comitato glaciologico italiano - ci offrono un'immagine chiara e a forti contrasti sull'evoluzione delle aree proglaciali: morene e segnali glaciologici scandiscono l'accelerazione delle tappe della deglaciazione, frane e colate detritiche dimostrano l'attuale fragilità del paesaggio alpino. L'insieme dei dati dimostra pertanto che le aree proglaciali svolgono un importante servizio di regolazione dei flussi detritici e delle piene. Si tratta di luoghi da monitorare e gestire in maniera sostenibile, poiché sono la nostra assicurazione sui futuri fenomeni di instabilità».

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