Sulle montagne valdostane una quantità d’acqua inferiore del 40 per cento rispetto alla media dal 2002 ad oggi
Negli ultimi vent'anni in Valle d'Aosta non c’è mai stata così poca neve. A dirlo è l'Arpa VdA, che all'inizio di febbraio stima una quantità di acqua conservata sulle montagne valdostane inferiore di circa il 40 per cento rispetto alla media registrata dal 2002 ad oggi. Una minor quantità di neve corrisponde a una inferiore disponibilità di acqua nella stagione estiva.
«Non è ancora il caso di andare in allarme perché almeno nell'ultimo decennio ci sono sempre state nevicate in tarda stagione, tra marzo e maggio, che in annate così secche hanno rimesso la situazione quasi in normalità» spiega Edoardo Cremonese, che per l'Arpa si occupa di effetti sul territorio dei cambiamenti climatici.
In Valle d'Aosta, aggiunge, «abbiamo un modello che stima la quantità totale di acqua conservata nella neve. Non riguarda solo l'altezza della neve nei punti dove ci sono i nivometri, ma è come se guardassimo la Valle d'Aosta dallo spazio, anche grazie ai satelliti. E' lo “snow water equivalent”, l'equivalente in acqua nella neve. Questo lavoro, svolto con il Centro funzionale regionale, è uno degli ingredienti più importanti per simulare la portata di acqua dei torrenti. Il dato copre l'ultimo ventennio e l'ultima simulazione fatta pochi giorni fa mostra che mai abbiamo avuto valori così bassi negli ultimi 20 anni». Il valore si esprime in milioni di metri cubi: mercoledì 9 febbraio era di 414, «normalmente in questo periodo dell'anno siamo sopra i 700».
Dal punto di vista meteorologico, «siamo di fronte ad un anno anomalo, estremo, quasi preoccupante, ma è ancora troppo presto per tirare le somme, visto che negli ultimi anni abbiamo avuto precipitazioni piuttosto abbondanti nei mesi di aprile e maggio» sostiene Edoardo Cremonese commentando la notizia del calo del 40 per cento della quantità di acqua conservata sulle montagne valdostane.
«Questa informazione - spiega - non si basa su misurazioni puntuali ma deriva da una stima che noi facciamo su tutto il territorio regionale, grazie ad un modello elaborato insieme al Centro funzionale sulla base dei dati forniti dal satellite e che utilizziamo da 20 anni per valutare la disponibilità di risorsa idrica».
Meno neve significa meno disponibilità di acqua d'estate, ma per Cremonese è presto per lanciare l'allarme: «Abbiamo la fortuna - afferma - di poter aspettare ancora i mesi di marzo e aprile in cui normalmente le precipitazioni, soprattutto nivali, sono abbondanti». «La quantità massima di acqua stoccata, solitamente, ce l'abbiamo tra aprile e maggio, solo allora potremo fare i conti e capire se avremo delle difficoltà durante l'estate».
Alle condizioni meteo che stiamo vivendo, con i termometri che segnano delle temperature sopra la media stagionale e l'assenza di precipitazioni, ci dovremo fare l'abitudine. «Sono un assaggio - afferma ancora l'esperto - di quelle che potrebbero essere le condizioni medie nei prossimi decenni». Anni più piovosi si alterneranno dunque ad anni secchi e poco nevosi, il tutto in un contesto di generale aumento delle temperature. Imputare però la causa di questa variabilità al cambiamento climatico «è ancora prematuro», precisa Edoardo Cremonese.
La certezza la si avrà solo alla fine dell'inverno, quando si potrà stabilire, dati alla mano, quai sarebbero state le condizioni meteo in assenza dei cambiamenti climatici. Per ora, conclude l'esperto dell'Arpa, «è fondamentale adattarci a questa variabilità climatica e adottare dei sistemi che ci permettano di misurare e prevedere i cambiamenti, per essere consapevoli della risorsa che abbiamo e gestirla nel modo più giusto e saggio possibile e come Regione siamo all'avanguardia su questo».