“Sul Carnevale di Verrès polemica sterile: in queste manifestazioni è ammessa qualche libertà rispetto alla Storia”
Ho letto la filippica di Massimo Giovanetto contro il Carnevale di Verrès e le pulci che fa agli aspetti storici della manifestazione. Mi auguro che il Comitato NON risponda per non alimentare una polemica sterile e del tutto fine a se stessa. Del resto ho visto la fatica che fa il Direttivo negli ultimi anni a districarsi fra lacci e cavilli burocratici complicati e costosi, fra norme di sicurezza sempre più stringenti e senza contare la ritrosìa di molti, in particolare nelle giovani generazioni, a dare il loro impegno e il loro tempo per portare avanti le tradizioni del paese. Ma siccome il mio nome è stato citato mi permetto di rispondere, riportando alcune mie personali osservazioni.
Innanzitutto si tratta di un “Carnevale” e non di una “Rievocazione storica”, dove, ne convengo, la fedeltà alla Storia dovrebbe essere massima. Come in tutte le manifestazioni di questo tipo, al fatto storico si aggiungono elementi dettati da esigenze diverse, dove sono concesse “licenze” di vario tipo. E una delle cose più importanti è il coinvolgimento del maggior numero di persone e se per farlo si incomincia dai bambini come palafrenieri, ben venga, così come è bello coinvolgere alcune ragazze come arciere o come tamburine, anche se all’epoca non c’erano. Del resto anche nello stesso famosissimo Palio di Siena, oggi sono presenti personaggi assolutamente inventati. Così dicasi della “quadriglia” (che è tutt’altra cosa rispetto al ballo che oggi i Conti del seguito compiono in piazza e che viene definita impropriamente “quadriglia”).
Comunque è legittimo che qualcuno possa sentire l’esigenza del rispetto stretto della Storia, anche se, a mio parere, qualche libertà dovrebbe essere ammessa. Ma non quando uno si erge in maniera così rigida a paladino della assoluta fedeltà storica (anche perchè dalla documentazione ufficiale emergono ampie lacune). Perchè a questo punto, allora, mi chiedo come abbia potuto Massimo, nelle passate edizioni del Carnevale, quando svolgeva il ruolo di Ciambellano, presentare come personaggi di contorno a Caterina alcuni nobili della famiglia Challant vissuti due secoli prima e, in contemporanea, altri vissuti due secoli dopo, o ancora definire Caterina “Signora di Verrès” quando non lo è stata mai, essendo il feudo stato assegnato a Margherita, che all’inizio era contraria alla sorella e parteggiava per i Savoia. Inoltre è vero che Francesco aveva avuto quattro figlie, ma Bona e Antonia erano decedute prima della morte di Francesco e quindi escluse a priori dai problemi ereditari.
Anche sulla pièce “Una Partita a Scacchi” su cui Massimo intende sindacare, non mi sembra che due unghie laccate possano disturbare così tanto, anche perchè Giacosa pone la vicenda nel XIV secolo (nessun Renato ha avuto la famiglia Challant in quel periodo) mentre il fatto che sembrerebbe ispirarlo (il condizionale è d’obbligo) avviene nel XVI secolo. Lo stesso si potrebbe dire dei suggerimenti che lo stesso Massimo dà, come la lotta dei due uomini forzuti, ammesso che sia mai avvenuta, durante la permanenza di Carlo VIII al Castello di Issogne mentre si recava da Ludovico il Moro. L’episodio di Caterina ricordato dal Carnevale avviene nel 1450, Carlo VIII arriva nel 1494, quasi mezzo secolo dopo, quando di Caterina si sono quasi perse le tracce e il titolo comitale è saldamente in mano al ramo Challant-Aymavilles. In questi casi la “licenza” sarebbe ammessa? Se Storia deve essere, che lo sia sempre.
Se poi così com’è il carnevale e il suo svolgimento non piacciono a Massimo, sarà un problema suo, a tanti altri piace così com’è.