SPEDIZIONE DI GREENPEACE SUL GHIACCIAIO DEL LYS
Ghiacciai che arretrano e fondono a un ritmo allarmante, acque di fusione potenzialmente contaminate da sostanze inquinanti che mettono a rischio la biodiversità degli ecosistemi montani e vallivi: è la prima fotografia che emerge dalla spedizione effettuata a metà ottobre da Greenpeace Italia sul Ghiacciaio del Lys. L’organizzazione, insieme al Comitato Glaciologico Italiano e al Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali dell’Università degli Studi di Milano, ha osservato gli effetti del cambiamento climatico e delle attività antropiche su uno degli ultimi giganti bianchi dell’arco alpino, nell’ambito del progetto «Fino all’ultima goccia» (foto).
I ricercatori e il team di Greenpeace hanno documentato il notevole ritiro del Ghiacciaio del Lys, nel gruppo del Monte Rosa, che dai primi dell’Ottocento a oggi ha perso quasi 2 chilometri di lunghezza e presenta ormai 3-4 corpi glaciali disconnessi. Una sorte comune agli altri ghiacciai alpini che si stima abbiano perso circa il 30 per cento della loro superficie negli ultimi 30 anni.
«I dati storici disponibili ci dicono che tra la metà dell’Ottocento e l’inizio del Novecento i ghiacciai italiani erano all’incirca un migliaio, con una superficie complessiva di 650 chilometri quadrati; oggi ne contiamo molti meno poiché molti si sono estinti, e i rimanenti occupano solamente una superficie di 370 chilometri quadrati: una perdita di quasi il 50 per cento», osserva Luigi Perotti, segretario del Comitato Glaciologico Italiano. «L’innalzamento delle temperature e la fusione dei ghiacciai, accelerati negli ultimi 30 anni principalmente a causa delle attività umane, stanno avendo e avranno ancor più in futuro grandi ripercussioni sulla disponibilità della risorsa idrica e sulla sua stagionalità».
Durante la spedizione, sono stati anche prelevati campioni dalle acque di fusione del Lys, per analizzare la presenza di possibili residui di sostanze poli- e per-fluoroalchiliche e di fitofarmaci.