Sono finite le magiche storie di Alfredo Artari Gentiluomo e narratore dalle mille esperienze
Trascorrere del tempo con Alfredo Artari significava essere trasportati in un mondo magico. Aveva la rara capacità di raccontare la storia della sua famiglia, di Morgex e della Valle d’Aosta attraverso esempi che sembravano immagini, attraverso nomi che diventano figure reali, situazioni che prendevano corpo, facili da comprendere grazie al suo modo di organizzare il discorso, preciso ed affascinante negli esempi. “La morte di un grande vecchio è come l’incendio di una biblioteca”, così hanno scritto sull’epigrafe gli adorati famigliari che a loro volta lo adoravano e non poteva esserci definizione migliore per annunciare la collettiva perdita della memoria di Alfredo Artari, che la vita ha condotto a tante esperienze diverse, tutte vissute con un’applicazione particolare.
La sua mente, il suo modo di essere e di vivere poggiavano su ragionamenti concatenati. Ciò è avvenuto perché prima è successo questo, questo e questo. Perciò era straordinario parlare con lui, come dimenticare quando spiegava la differenza tra i valdostani consumatori di caffè e gli abitanti di Courmayeur che invece amano il the, conosciuto nell’Ottocento grazie ai viaggiatori inglesi. Un fatto che il commerciante Alfredo Artari aveva verificato direttamente, compreso e analizzato, come ogni cosa che faceva, a sua volta affascinato dal quotidiano e dal mettere al loro posto le caselle della vita, momento dopo momento.
Anche il fatto di essere arrivati a Morgex, per gli Artari artisti ticinesi, a cominciare dal primo “valdostano” Giuseppe Maria Luigi, era legato a logiche commerciali, visto che il nonno di Alfredo, Giuseppe nato nel 1855 ad Aosta, figlio di Leopoldo titolare di un caffè in città e già alpino sergente furiere del Battaglione Edolo, facendo tesoro di quell’esperienza sapeva che i tanti accampamenti militari dell’epoca nella Valdigne e della Valgrisenche necessitavano di pane. Nel 1886 aprì il commercio degli Artari a Morgex e Giuseppe, contabile che dopo l’arrivo della ferrovia ad Aosta si era trasferito alla stazione di posta di Morgex dove cambiavano i cavalli per il Piccolo San Bernardo, oltre al pane e alla drogheria iniziò l’attività di torrefatore, quando al tempo il caffè si vendeva crudo. Nel 1896 acquistò la prima caldaia, ampliando la clientela e continuando con le forniture militari e nel 1898 con l’arrivo dell’energia elettrica a Morgex comperò in Svizzera un’impastatrice per produrre più pane in meno tempo.
Dopo arriva pure la macelleria, ma il figlio Alfredo muore in guerra nel 1918, a 28 anni: tra i 7 figli a continuare l’attività è Edoardo, sposato con Natalia Perrot di Fenestrelle insegnante elementare: sono loro a chiamare Alfredo, nel ricordo del fratello, il neonato che viene al mondo il 5 marzo del 1931, un segno premonitore, visto l’imprinting di passione per la storia che il nostro Alfredo Artari porterà nel cuore per la sua intera esistenza. Nasce nella casa di famiglia, la stessa dove è mancato mercoledì scorso, 2 ottobre, nel modo che aveva sempre desiderato, consapevole che la sua lunga e ricca esistenza era prossima a concludersi, con le mani strette a quelle dei suoi ragazzi Edoardo, Mario ed Elena e della moglie Evelina Pesavento, l’infermiera che nel 1961 aveva conosciuto in ospedale durante un ricovero e sposata pochi mesi dopo.
Perito elettrotecnico Alfredo Artari ha avuto la capacità sin da ragazzo di capire sempre chi avesse di fronte e quali fossero i desideri che poteva esaudire. Fu questo il segreto del suo successo in qualsiasi impresa intraprese, come ad esempio la corale di Morgex che lo vide giovanissimo promotore nel 1950 con maestro il canonico Jean Domaine e le tanti esibizioni. Oppure il suo impegno nell’amministrazione del Comune, la partecipazione alle elezioni regionali, la presidenza della Pro Loco di Morgex, la responsabilità di capo gruppo dei Vigili del Fuoco volontari del paese, comprese le scelte imprenditoriali, come il trasferimento della torrefazione nella nuova zona artigianale al di là della Dora, l’automazione della produzione, la fiducia accordata ai figli nel guardare avanti.
Poi quel dono di tramutare i ricordi in parole, di portare il passato ad esempio per il presente e il futuro, di pensare con lucidità straordinaria alle trasformazioni della Valle d’Aosta vissute ed ereditate dai suoi, una vera e propria saga, appassionante, nella quale le vicende sue e della sua famiglia diventano quelle di un paese, di una comunità, di una regione. Alfredo Artari è stato veramente una persona rara che ha saputo dare molto, perché questa sua passione nel raccontare e nel ricordare è stata sempre condivisa con l’unico scopo di creare una coscienza collettiva, con un senso critico basato sulle vicende del passato.
La memoria di Alfredo Artari era nell’aria ieri, venerdì, nelle strade di Morgex, sembrava quasi di ascoltare la sua voce, di ascoltarlo mentre raccontava della sua infanzia e della scuola nella vicina Tour de l’Archet, un ragazzo diventato novantenne, senza mai perdere gli entusiasmi verso un mondo migliore.