Slogan e striscioni, la rabbia di chi non può lavorare esplode in piazza

Slogan e striscioni, la rabbia di chi non può lavorare esplode in piazza
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La vibrata protesta di ristoratori, baristi, albergatori, maestri di sci, per le chiusure le imposte dalle nuove restrizioni dovute la peggioramento dell’epidemia, è tornata in piazza Chanoux e in place Deffeyes ad Aosta lunedì 15 marzo e giovedì 18 marzo. Alla prima manifestazione erano presenti quasi 400 le persone, una sessantina delle quali si è poi spostata in corteo, con campanacci e cori, sotto Palazzo regionale scandendo lo slogan: «Soluzioni o dimissioni». A organizzarla, come quelle precedenti della Filiera della somministrazione, sono stati i ristoratori di Aosta Jean-Claude Brunet e di Donnas Manuel Pagan. Prendendo la parola l’agente di commercio Nadia Muzzolon ha sottolineato come «Dopo mesi di tira e molla le nostra attività sono di nuovo chiuse. Non ci stiamo più a decidere delle nostre vite davanti a un computer. Siamo imprenditori e non santi. Vogliamo indennizzi». Jean-Claude Brunet le ha fatto eco: «La differenza tra vivere e sopravvivere sta in quella che facciamo: andare al ristorante, in palestra, uscire la sera. Bisognerà imparare a convivere con questo maledetto virus, non castigare le persone. L’Assessore alle Finanze ha parlato di ristori a giugno, ma per allora spero di aver ripreso a lavorare, non di avere dei ristori. Se non possiamo lavorare si trovi una soluzione, ma non si può far più finta di niente. Aspettiamo un impegno, non chiediamo miracoli ma coraggio». L’affondo è giunto dal ristoratore di Cogne Piero Roullet che, pur rilevando una partecipazione numerosa alla protesta, si è chiesto: «Dove sono gli allevatori, gli agricoltori, l’Adava, la Chambre, le nostre associazioni di categoria che dovrebbero essere i nostri sindacati?».

Il maestro di snowboard Chicco Rainero, parlando della sua categoria, ha detto «Non vediamo un euro da febbraio e abbiamo davanti altri otto mesi senza stipendio». L’imprenditore Edoardo Artari ha evidenziato: «Oggi abbiamo tanti dubbi però dobbiamo rendere consapevole il comparto pubblico che noi moriamo per primi, ma loro arriveranno subito dopo. Qui non c’è in gioco solo il fatturato, ma una parola più importante: la libertà». Liliana Breuvé del Sindacato italiano locali da ballo ha ammesso: «Oggi, ovunque, vedo solo depressione. Ma nessuno deve dirci cosa fare, perché siamo bravi. Abbiamo perso e patito tutti, e questo maledetto virus passerà. Ma cosa succederà dopo?».

Successivamente una parte di manifestanti si è trasferita da piazza Chanoux a piazza Deffeyes dove Manuel Pagan, rivolgendosi agli amministratori pubblici, ha urlato: «Voi lavorate, oltre che per la Valle d’Aosta, per la Repubblica italiana e la base giuridica del nostro Stato di diritto è la Costituzione, il cui primo articolo recita che “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”. Dimettevi: la sovranità appartiene al popolo e non a voi. State tradendo la nostra Costituzione e state tradendo il popolo italiano».

La mattina di giovedì 18, invece, sono state circa 150 le persone si sono riunite in piazza Deffeyes, davanti al palazzo della Regione, per chiedere sostegni e protestare contro le restrizioni anti-Covid. Tra loro anche titolari di bar, ristoranti e palestre, maestri di sci, stagionali degli impianti a fune e negozianti. Sono stati esposti striscioni come «La montagna merita rispetto non “Speranza”!» e «Oggi vogliamo una risposta» e cartelli contro il Governo regionale («Lavevaz tu lo hai preso lo stipendio? Noi no!») e nazionale («Draghi comanda color»). I manifestanti hanno anche portato in piazza riferimenti più espliciti, come la parte superiore di una bara con apposta la sigla «VdA» («Marzo 2021 la Valle d'Aosta deceduta ringrazia Stato e Regione») e alcuni slip («Siamo in mutande»). «L'Italia è ai primi posti per le morti da Covid, a cosa sono servite le restrizioni?», ha detto il ristoratore Manuel Pagan. Hanno portato la propria solidarietà ai manifestanti anche alcuni lavoratori non colpiti dalle chiusure. Una delegazione dei manifestanti è stata ricevuta da alcuni membri della Giunta regionale. Il confronto è durato un'ora e mezza. «Le nostre ragioni e le nostre paure sono intatte, non possiamo ridurci semplicemente a piangere, dobbiamo fare di più, tutti insieme probabilmente» ha detto al termine l’abergatore Piero Roullet. Dalla riunione, ha aggiunto, «Sono uscite proposte con poche risposte. La Giunta regionale vuole giustificare il proprio operato dicendo che più di così non si poteva fare». Le prospettive, ha spiegato Piero Roullet, «Sono legate a delle forme burocratiche in cui anche la Regione è coinvolta. Certamente prima bisogna avere risolto la legge sul bilancio e così via, ma queste sono questioni tecniche che sono normali. Così come è normale che noi siamo spaventati e terrorizzati dal futuro».

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