Si è spento a 101 anni Enrico Tercinod memoria storica del villaggio di Buthier
Enrico Tercinod - “Ricco”, come lo chiamavano le tantissime persone che lo conoscevano -, sembrava aver scoperto il segreto per ingannare il tempo ed era per il villaggio di Buthier a Gignod come una antica quercia che custodiva ricordi e saperi perduti. Il 3 luglio dello scorso anno, un sabato, aveva festeggiato il suo 101esimo compleanno sorprendendo tutti con la sua straordinaria presenza di spirito e con una forma fisica davvero invidiabile. Dotato di una vitalità fuori dal comune - «Pousso pas resté areto, caque bague me fa feye» rispondeva a chi si stupiva della sua incredibile energia -, solo ultimamente si era rassegnato ad acquistare la legna e a non tagliarsi più gli alberi da sé con la motosega. Continuava però a curare l’orto, il campo di patate e a lavorare il legno per ricavarne sgabelli, panche e manici in frassino per gli attrezzi agricoli. Addirittura guidava ancora il trattore e fino a 100 anni ha avuto la patente B. È stato ex combattente, ultimo minatore delle miniere di rame di Ollomont, allevatore, agricoltore e viticoltore, campanaro, fornaio e vigile del fuoco volontario. Grande appassionato delle Batailles de reines e del Carnevale, era la memoria della sua comunità e un prezioso testimone delle trasformazioni e dei cambiamenti vissuti dalla nostra società.
Al passo con i tempi e fiducioso nella medicina, Enrico Tercinod era stato il primo a volersi vaccinare contro il Covid appena ne aveva avuto la possibilità.
Quando era bambino il villaggio di Buthier, adesso abitato stabilmente da poche famiglie, contava circa 350 residenti, aveva 2 latterie ed una scuola con una ventina di alunni. Dopo le elementari, Enrico Tercinod era andato a scuola nel collegio dei frati Cappuccini di Châtillon. Poi c’era bisogno di braccia per lavorare i campi e perciò tornò a casa. Il papà Ferdinando e la mamma, Bernardina Pastoret, avevano messo al mondo 11 figli, ma solo 5 avevano superato l'infanzia. Oltre a Enrico, Tobia del 1915, Aldo del 1925, entrambi già scomparsi, Gemma del 1927 - vedova di Roberto Passerat e residente a Variney - e Lidia del 1930. Enrico ha abitato per tutta la vita con Aldo e Lidia, accudendo amorevolmente quest’ultima - ora ospitata nella microcomunità di Sarre - fino a quando le sue condizioni di salute glielo hanno consentito. Enrico Tercinod trascorse la gioventù dedicandosi al duro lavoro della terra, quando ancora si aravano i campi con l'aiuto del mulo e come tanti in quegli anni contribuiva al bilancio familiare con il contrabbando portando dalla Svizzera, attraverso il Colle Menouve o il Colle Barasson, il caffè verde che vendeva ad Aosta.
Nel marzo del 1940 Enrico Tercinod venne chiamato ad assolvere il servizio militare. Fu artigliere della Guardia alla Frontiera: prestò servizio in Valle d'Aosta e poi partì per l'Africa settentrionale ma il suo reparto venne fermato a Reggio Calabria, visto che ormai gli italiani si stavano ritirando dalla Libia e dalla Tunisia. Così chiese e ottenne l'esonero per fare il minatore a Ollomont dove lavorò da metà del 1942 fino al maggio del 1945, anno in cui l'estrazione del minerale fu definitivamente abbandonata. Allora erano impiegati 800, tra operai, capisquadra e ingegneri, divisi in 3 turni. Enrico Tercinod fece per 3 anni quello notturno, da mezzanotte alle 8 del mattino con compiti diversi: caricare i vagoni con il minerale o bucare la roccia con il perforatore ad aria compressa. Le gallerie, che venivano puntellate e poi rinforzate con muri, andavano da By fino a Frissonière, dove arrivava il tunnel di scarico profondo più di 300 metri, e da cui partiva la galleria che portava il minerale a Valpelline. Qui veniva lavato, frantumato e macinato nei mulini e poi trasportato ad Aosta, nei forni della Cogne. Finito di fare il minatore, Enrico Tercinod tornò a casa a Buthier e si rimise a lavorare la terra. I primi anni dopo la guerra non furono da meno quanto a durezza di vita. Dapprima si lavorava a forza di braccia, poi sono arrivate la falciatrice e il trattore - lui fu il primo ad acquistarne uno nel suo villaggio -, ma bisognava ammortizzare l'investimento e così i fratelli Tercinod coltivavano anche i campi della cascina dei canonici di Sant'Orso, a Buthier. La tennero per 25 anni, fino al 1982. Come affitto i canonici ricevevano fontine, burro e patate. D'estate i fratelli Tercinod portavano in alpeggio le bestie loro e di altri. Da Gressan salivano fino a Pont di Valsavarenche con le bestie, in 12 ore. Poi tennero un alpeggio a Bionaz, sopra Prarayer.
Insomma, un’esistenza semplice, dedicata al duro lavoro della campagna, all'allevamento del bestiame, ma “Ricco” sapeva ritagliarsi il suo tempo per stare con gli amici, con i quali assisteva alle Batailles de reines, la sua grande passione, e poi si intratteneva a fare festa fino a tardi, spesso nella sua cantina ben fornita. In occasione del suo ultimo compleanno, gli abitanti di Buthier hanno voluto rendergli omaggio con una splendida torta e un piccolo momento di convivialità rallegrato dalla musica delle fisarmoniche di Mile Danna e Matteo Lovisari, al suono delle quali “Ricco” non si è fatto mancare un ballo.
La sua fibra d’acciaio si è progressivamente indebolita dopo il ricovero all’Ospedale Beauregard di Aosta lunedì 22 novembre dello scorso anno per un problema di calcoli al fegato. Successivamente è stato ospite della residenza per anziani Domus Pacis di Donnas dove si è spento martedì 11 gennaio. I funerali sono stati celebrati in forma civile al Cimitero di Aosta giovedì 13, in una luminosa giornata invernale che a “Ricco” sarebbe piaciuta per salutare un’ultima volta tutti i suoi amici.