Si è spenta troppo presto la magia della musica di Flavio Boverod
Le dita che disegnavano arabeschi sulle tastiere della fisarmonica e un sorriso contagioso che regalava felicità come la musica che suonava. Sarà ricordato così Flavio Boverod, mancato a soli 54 anni martedì scorso, 29 ottobre. Da tempo lottava coraggiosamente contro una malattia incurabile. Di professione agente di commercio, le 7 note erano nel suo Dna. Infatti - nato ad Aosta il 15 aprile 1970 - aveva iniziato a studiare fisarmonica a 7 anni sotto la guida del padre, Arturo, insegnante di Arpuilles del 1938, mancato sabato 1° giugno, anch’egli fisarmonicista, sposato con Laura Pastoret, genitori pure di Claudio e Andrea. Quindi il Conservatorio per 8 anni e le lezioni private del maestro Renato Arnod. Nel 1986, 16enne aveva cominciato a girare la Valle d’Aosta suonando musica da ballo. Nei primi anni Novanta si era esibito con La Rosa dei Venti di Torino poi ribattezzata Orchestra Niki Parisi. Con lui il batterista Danilo Fedele ed il clarinettista e sassofonista Paolo Linty che nel 1994 erano entrati nel suo gruppo il quale, ispirandosi a una polka che aveva composto, si chiamava «Le Teste matte», successivamente diventato Orchestra Flavio Boverod. Nel 2009, dopo un’infinità di serate danzanti, aveva deciso di fermarsi ma 10 anni dopo era ripartito, suonando con «I ragazzi del villaggio».
Il suo grande amore per la musica è stato ereditato dal figlio Julien, in arte Jvli, nato l’8 agosto 1998 dall’unione con Nadine Magliano mentre da Rosa Alba Sorace ha avuto Didier, venuto alla luce il 30 dicembre 2007, studente al Don Bosco di Châtillon. Julien, con il nome d’arte Jvly, ha portato 2 sue canzoni all’ultimo Festival di Sanremo e ha esordito come solista con il singolo «Ho voglia di te» diventando un artista emergente nel mondo del pop italiano. In un lungo e struggente testo Julien ricorda così il padre: «È arrivato il giorno che sapevamo sarebbe arrivato, il giorno più brutto. Mi avevi fatto una promessa e l’hai mantenuta, come sempre, dicendomi che avresti fatto di tutto per resistere fino all’uscita del disco per non rovinarmi la festa. Questi ultimi 4 anni sono stati i più brutti di sempre e allo stesso tempo i più belli di sempre, vissuti giorno per giorno con l’ansia e la consapevolezza che tutto prima o poi sarebbe finito. Questa tua lunga battaglia ci ha unito, sempre di più, fino a diventare inseparabili. Quando ero piccolo mi portavi in giro a suonare con te, il mio sogno era suonare la fisarmonica come facevi tu. Tutti non facevano altro che dirmi: “Come suona Flavio non suona nessuno”. Non avrei mai pensato 20 anni dopo di farti suonare su una nostra canzone». Julien prosegue: «Oggi Papi sei il mio migliore amico e senza rimpianti posso dire che questi ultimi mesi sono stati i più belli della mia vita. Abbiamo trasformato l’ospedale nella miglior pizzeria del mondo, poi nell’hotel più lussuoso dell’universo, quante risate, quanta musica, solo risate, solo sorprese, solo cose belle. Io e te. Sapevamo entrambi che mancava poco eppure quante bugie ci siamo detti, ma quante, le bugie più belle della nostra vita. Abbiamo parlato del giorno in cui ti avrei fatto diventare nonno, del giorno in cui mi sarei sposato, mi hai addirittura promesso che prima o poi avresti voluto suonare la fisa in tour con noi. Sapevamo entrambi che tutto questo non sarebbe mai successo, eppure è stato così bello prenderci in giro, ridevamo come matti. Sai cosa? A me basta rivedere i tuoi occhi fieri che mi guardano suonare, e sono a posto così. Per sempre. Io e Didier cercheremo di essere la versione migliore di te, te lo prometto».
I funerali, ai quali ha partecipato una vera e propria folla, sono stati celebrati giovedì 31 ottobre a Gignod.