Se De Tillier è un comandante partigiano…

Se De Tillier è un comandante partigiano…
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Chi era Jean-Baptiste De Tillier?

a) l’autore dello Statuto Speciale b) un comandante partigiano c) uno storico del Settecento d) un condottiero di Casa Savoia

La domanda è stata posta a un migliaio di studenti delle scuole superiori valdostane alcuni anni fa all’interno di un’inchiesta promossa dall’Università della Valle d’Aosta sul sentimento identitario dei giovani valdostani. Una ricerca (la prima sull’identità valdostana condotta con criteri rigorosamente scientifici) i cui risultati, molto interessanti, sono stati raccolti nel libro Identità e incontri di culture, curato dal sociologo Giuseppe Giordan. Una delle ipotesi da verificare era la corrispondenza fra le dichiarazioni di principio e le pratiche, cioè fra quello che uno dice e quello uno fa. Un po’ come quando uno proclama il proprio grande amore per la patria, e poi andiamo a vedere se almeno paga le tasse.

Tutti hanno sempre detto, scritto, proclamato che alla base della “specialità” valdostana stanno la lingua e la storia. Lasciamo stare (per adesso) il primo punto che toccherebbe suscettibilità estenuate. Ci interessava capire qualcosa di più del secondo, perché (a differenza del primo) avevamo dei sospetti.

I ragazzi, due fasce del primo e ultimo anno di tutte le scuole superiori della Valle, quindi un campione molto vasto, hanno detto (per farla breve) di sentirsi molto orgogliosi di essere valdostani in primo luogo per le bellezze naturali (al primo posto con il 97%), per il welfare (95%), e per la propria storia (83%). Una percentuale molto alta tenendo conto che ci sono anche molti studenti di recente immigrazione che non hanno certo respirato in casa la storia valdostana. C’erano però anche quattro o cinque domandine, a mio parere facilissime, sulla storia della Valle d’Aosta. Quelle cose che si presume che tutti i valdostani sappiano: quando nasce la Regione autonoma, che cos’è il Conseil des Commis, chi era De Tillier. Se non altro perché le vie sono sulla bocca di tutti. Invece. La metà degli studenti delle scuole superiori valdostane non sa quando è nata la Regione autonoma Valle d’Aosta (non la data precisa, il secolo!). Il 70% degli studenti ha risposto che De Tillier era un comandante partigiano e solo il 22% ha risposto correttamente alla domanda sul Conseil des Commis (praticamente meno della percentuale di chi ha tirato a indovinare trattandosi di risposte multiple con quattro opzioni).

Non che all’Università le cose andassero meglio. Ero solito all’inizio del corso di Storia della Valle d’Aosta (quarto anno di Scienze della Formazione, quindi i futuri insegnanti), proporre una specie di test d’ingresso: dieci domande sulla storia valdostana, di diverse difficoltà, per vedere un po’ le condizioni iniziali. Niente di scientifico, ma potete chiedere a qualche giovane docente, formatosi recentemente ad Aosta, l’esito di quei test. Anche per gli universitari De Tillier era un comandante partigiano.

Insomma: Caveri vuole regalare a Zaia un libro di storia valdostana (vedi puntata precedente); nei discorsi pubblici la storia, insieme alla lingua, la cultura e le tradizioni, è un elemento legittimante dello Statuto Speciale; gli studenti dichiarano di essere orgogliosi della storia valdostana, ma nessuno sa cos’è il Conseil des Commis e pensano che De Tillier sia un partigiano.

E dire che non era incominciata così. Anzi era incominciata bene. La Valle d’Aosta è stata la prima regione in Italia in cui è stata introdotta a scuola la storia locale. Sin dalla fine dell’Ottocento, al tempo in cui i programmi scolastici nazionali dovevano “fare gli italiani”, in Valle d’Aosta la necessità di disporre di libri in lingua francese ha permesso di utilizzare testi alternativi a quelli in uso nel resto d’Italia. E fra questi ce fu uno che per sessant’anni ha fatto conoscere ai valdostani la Valle d’Aosta. Un libriccino mitico, noto con l’abbreviazione di Chez nous, la cui storia è stata raccontata in una bellissima tesi di laurea da una delle mie allieve più brillanti e più intensamente valdostane, Marie Claire Chaberge.

Chez nous lo avevano ideato le Soeurs de Saint-Joseph, nel 1896, quando il Consiglio comunale di Aosta, in un clima di confronto sempre più teso fra la scuola valdostana e la scuola italiana, aveva bandito un concorso per un libro di lettura in lingua francese a uso delle scuole primarie che insegnasse ai giovani la storia, la geografia, la cultura della Valle d’Aosta. Resistette fino agli anni Settanta, con diverse riedizioni, e fu il libro su cui si formarono almeno tre generazioni di valdostani. Poi fu travolto dalla modernizzazione, dalla secolarizzazione. Quel mondo agro-pastorale, all’ombra del campanile, un mondo di fiorellini e di buoni sentimenti, una sorta di libro Cuore ambientato nel mondo di Heidi, non era più proponibile nella Valle d’Aosta dell’industrializzazione e del turismo di massa, dell’autostrada e della televisione, del Sessantotto e del femminismo.

Ma lasciò un vuoto enorme che i diversi manuali, fiches, cahiers che hanno tentato di prenderne il posto non sono riusciti a colmare. Ci stavamo provando anche noi del corso di laurea in Scienza della Formazione, prima che l’insegnamento di Storia della Valle d’Aosta (per ragioni che non mi sono ancora ben chiare) venisse soppresso.

Oggi servirebbe davvero un nuovo Chez nous. Uno Chez nous moderno, naturalmente, per il ventunesimo secolo, che possa acchiappare anche i nuovi bambini digitali. Che possono anche non sapere chi è Jean-Baptiste de Tillier o non capire cosa fosse il Conseil des Commis (quelle sono cose da grandi), ma che sarebbe bello si domandassero, quando sentono “ci vediamo in Via De Tillier”: “ma chi era sto’ De Tillier?”

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