Sci, a rischio anche lunedì 18 gennaio Ancora nessuna notizia sul protocollo

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«C'è un'evoluzione che non sappiamo dove possa andare, servono certezze sulle aperture e sui ristori». E' l'appello dell'Avif, l’associazione che riunisce le società di gestione dei comprensori sciistici in vista dell'apertura della stagione invernale, prevista per lunedì 18 gennaio: «Bisognerà vedere che cosa succede in quella data, con i tempi che corrono vi è estrema incertezza» confessa Ferruccio Fournier, presidente dell'Avif. «Gli impianti sono pronti, - prosegue - la neve c'è, resta il problema delle assunzioni degli stagionali. Bisogna mettere in piedi l'organizzazione delle aziende per adattare le procedure al protocollo di sicurezza, su cui le società hanno già le idee chiare. Per poter aprire abbiamo bisogno di saperlo una settimana prima». La maggiore incognita riguarda la mobilità tra regioni: «Non possiamo permetterci di far girare gli impianti solo per gli sciatori della Valle d'Aosta» precisa Ferruccio Fournier. Il comparto fattura tra i 70 e gli 80 milioni di euro a stagione e impiega circa 1.000 persone, di cui poco meno di 400 a tempo indeterminato, i restanti sono precari stagionali. «La battaglia che stanno conducendo le Regioni si sta scontrando contro un muro: anche se dovessimo aprire - prosegue il Presidente dell'Avif - ci sarà comunque una “botta” economica a causa dell'assenza degli stranieri, mentre dallo Stato non arriva alcuna notizia sui ristori».

La collocazione in zona gialla - ieri, venerdì 8 gennaio - della Valle d’Aosta e del vicino Piemonte lascia più spazio all’ottimismo. Mercoledì prossimo, 13 gennaio, si terrà a Roma la riunione dalla quale è attesa la «sentenza» sulla validità del protocollo proposto dalle Regioni in collaborazione con le società degli impianti. Un percorso che dovrebbe portare, se non ci saranno intoppi, all’apertura programmata lunedì 18 gennaio. «Rimane l'incognita della mobilità tra le regioni anche nei fine settimana - puntualizza Valeria Ghezzi, presidente nazionale degli impianti a fune - che interessa soprattutto la Valle d'Aosta, il Trentino e l'Alto Adige, dove le persone devono poter arrivare».

«La situazione è in continua evoluzione in Italia come in tutti gli altri Paesi europei. - rileva l’assessore Luigi Bertschy, con delega agli impianti a fune - Insieme alle altre Regioni stiamo facendo proposte e pressioni ormai da inizio dicembre per ottenere le 3 informazioni essenziali: regole, data certa di apertura e ristori. Il Governo finora ha glissato su tutti e 3 gli aspetti mettendo in ginocchio le società esercenti, i lavoratori e tutto l’indotto. Lo slittamento della data del 18 è stata richiesta dalle Regioni per dare maggiore tempo al Governo e al CTS di approvare il protocollo e inserire la data nel nuovo Dpcm. Il CTS purtroppo ha nuovamente rimandato al 12 o 13 gennaio l’approvazione del protocollo così da mettere a rischio nuovamente la data di apertura che sembrava finalmente acquisita». «Nel frattempo il Governo ha modificato gli indici Rt spostando da 1.25 a 1 il cambio di zona arancione/gialla e da informazioni che abbiamo si ipotizza di mantenere chiusa la mobilità tra le regioni nei fine settimana. Se verrà assunta questa decisione la montagna sarà ancora più in difficoltà non solo per l’apertura dei comprensori sciistici; non si potrà nemmeno immaginare di permettere ai turisti di essere ospitati nelle nostre strutture ricettive per venire in montagna a fare sci di fondo, sci alpinismo, arrampicata, passeggiare con le ciaspole o stare semplicemente a godersi il paesaggio». Tra Governo regionale, Finaosta e Avif c’è un raccordo continuo «E abbiamo ovviamente ipotizzato fin da subito degli scenari di apertura e fatto delle proiezioni sui bilanci che continuiamo ad aggiornare in attesa di certezze che purtroppo continuano a non arrivare. - specifica Luigi Bertschy - Allo stesso tempo è iniziato in Consiglio regionale il confronto politico sul futuro modello gestionale del settore e sono contento, era quello che auspicavo, dell’impegno che la IV commissione ha assunto, nel rispondere alla petizione su Weissmatten, per il futuro dei piccoli comprensori».

«L’intenzione, nel piano di apertura dei comprensori, è anche di valutare la possibilità di utilizzare le stazioni che eventualmente rimarranno chiuse, per la pratica dello sci alpinismo. Ovviamente come spazio libero e senza responsabilità e costi per le società esercenti. A fronte di tutti questi problemi permane un’assenza di risposte da parte del Governo Conte sul tema dei ristori. Insieme alle altre Regioni abbiamo preparato un documento che invieremo al Governo e ai nostri parlamentari. Siamo tutti molto amareggiati per questo modo di fare nei confronti della Valle d’Aosta e della montagna. Come sosteniamo tutti da tempo è necessario, per uscire il prima possibile da questa pandemia, un attento rispetto delle regole e sopratutto vaccinarsi e farlo in fretta. E per farlo è necessario che la nostra azienda sanitaria realizzi un piano di vaccinazioni performante ed efficiente. A questo proposito è stato molto importante il lavoro svolto ad inizio settimana dell’assessore Roberto Barmasse che ha portato già da giovedi 7 gennaio a raddoppiare il numero delle vaccinazioni giornaliere».

«La questione impianti di risalita è una delle emergenze, perché è ben chiaro quanto lo sci resti centrale per il turismo invernale. - conferma Luciano Caveri assessore regionale alle Società partecipate - Siamo in una situazione di paralisi con decisioni contraddittorie da Roma e non è solo importante riaprire in fretta con le regole di sicurezza, ma sapere che i confini regionali saranno aperti. Non bastano di certo i soli sciatori valdostani - per altro in periodica diminuzione per una evidente crisi anche locale nella pratica dello sci - a garantire la stagione, sapendo che in più gli stranieri non verranno. Certo - e questo è il mio compito principale - bisogna lavorare sulle prospettive del settore dal punto di vista strategico e non si può che andare verso una semplificazione del numero di società in una logica di aggregazione, salvaguardando le stazioni piccole che hanno un peso sociale e non solo si valenza economica. Intanto, bisogna lavorare sui ristori del settore, sapendo che sono essenziali per evitare gravi crisi societarie. E i soldi, per essere chiari, devono arrivare anche da Roma: noi non abbiamo sufficienti risorse per far fronte all’insieme di necessità derivanti dalle chiusure forzate con forti difficoltà economiche e occupazionali».

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