Scalfaro, Ciampi e Napolitano: Caveri ne ha eletti tre

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Per 4 volte eletto deputato, che lo hanno portato a sedere in Parlamento dal 2 luglio del 1987 fino al 29 maggio del 2001, e dove ha ricoperto anche la carica di Sottosegretario del premier Massimo D’Alema, l’assessore regionale all’Istruzione Luciano Caveri ha vissuto in prima persona nella sua carriera politica ben 3 elezioni del Presidente della Repubblica. Di queste, 2 da Deputato - quella di Oscar Luigi Scalfaro nel 1992 e quella di Carlo Azelio Ciampi nel 1999 - ed una come delegato regionale quando nel 2006 era Presidente della Regione, per l’elezione di Giorgio Napolitano.

Assessore Luciano Caveri, come ricorda l’elezione di Oscar Luigi Scalfaro?

«Fu un voto reso necessario dalla strage di Capaci. Dopo quella tragedia, Scalfaro venne eletto subito, dopo giornate di voti inutili. Fu una scelta istituzionale e lo votai senza dubbi. Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale fu sempre attento ai temi proposti dai parlamentari valdostani. Ricordava spesso negli incontri la sua affezione al Monte Rosa, montagna che fa da sfondo a Novara, dov’era nato e viveva. Era sempre molto incuriosito dalle vicende parlamentari, di cui amava i retroscena, conoscendo tutto come le sue tasche. Era un oratore fenomenale».

E quella di Carlo Azeglio Ciampi?

«Passò al primo colpo e lo votai con convinzione. Da Presidente del Consiglio aveva seguito la questione del nostro riparto fiscale, quando con il senatore Cesare Dujany ottenemmo il fondo compensativo per il venir meno della fiscalità dell’Autoporto. Un’operazione politica storica per la Valle. Con lui i rapporti furono ottimi e la sua visita in Valle d’Aosta un grande successo e lui fu molto riconoscente e noi con lui. Metteva assieme una competenza tecnica con una mitezza d’animo personale».

Infine l’elezione di Giorgio Napolitano.

«Fui nell’occasione “grande elettore”, all’epoca ero Presidente della Regione. Giorgio Napolitano era un grande amico, anzitutto. Sia alla Camera sia al Parlamento europeo ci frequentavamo e specie a Strasburgo avevamo - in occasione delle plenarie - molto spesso la possibilità di prendere la colazione del mattino insieme, trovandoci nello stesso albergo. Lavorai con lui nel quadro di un’associazione federalista. Fu molto affettuoso come me, ricordando le tante cose fatte assieme, nell’ottobre del 2011 quando venne in visita ad Aosta».

Che differenza c’è tra il clima politico che si respirava negli anni in cui lei era in Parlamento e oggi?

«Ogni epoca ha le sue caratteristiche. Io ho visto nella mia vita politica tutto e il suo contrario. La famosa Prima Repubblica, piena di difetti e di scontri feroci, aveva però una specie di protocollo nei rapporti reciproci, oggi del tutto saltato. Mi pare che il retroscena del giornalismo spinto al massimo e i veleni dei social, assieme ad una politica al solo inseguimento degli umori dei sondaggi, abbiano indebolito la democrazia. Speriamo comunque che dal cilindro spunti per il Quirinale una personalità di spicco».

Il gruppo delle Autonomie - di cui lei faceva parte - rispetto ad oggi aveva un maggiore peso specifico nell’elezione del Presidente della Repubblica?

«Noi non eravamo una Legione Straniera. Avevamo una forte connotazione autonomista con sudtirolesi, trentini, sardisti e ho avuto ruoli significativi a rappresentare quell’area, come la Presidenza del gruppo misto e la Segreteria di Presidenza, così come il ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio in ambito governativo. Godevamo di stima e considerazione, perché non eravamo transfughi all’arrembaggio».

Cosa pensa di questa elezione del Presidente della Repubblica?

«Siamo in una situazione caotica. Con il calo del quorum sull’elezione spero che la situazione si sblocchi. I partiti non hanno brillato, pensando al periodo pandemico e alla necessità di accordi su cui ci si poteva muovere per tempo».

Il gruppo “misto” dei cento parlamentari senza partito e senza bandiera, secondo lei è pericoloso?

«I parlamentari agiscono, ed è giusto, senza vincolo di mandato, ma certi “va e vieni”, diciamo, fanno molta impressione. Protagonisti massimi di questi “cambi di casacca” sono i pentastellati, il cui livello medio di preparazione è basso, secondo la logica demenziale dell’”uno vale uno”. La riduzione dei parlamentari, che per me è demagogia pura da loro propugnata, colpirà moltissimi di loro, che cadranno dalle stelle alle stalle».

Che ruolo dovrà avere secondo lei il prossimo Presidente della Repubblica in Italia e in Europa?

«Il Capo dello Stato non ha poteri enormi nella nostra Costituzione, ma quelli che ha obbligano ad equilibrio nella politica interna assai complessa e in uno scenario internazionale che obbliga ad avere al Quirinale un europeista, che non faccia le moine a Russia e Cina».

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