Scadenze troppo «corte», il latte fresco sostituito da quello «alto pastorizzato»
La scadenza è tra 1, massimo 2 giorni. Troppo poco. Così la bottiglia del latte fresco rimane lì, sullo scaffale del negozio. E il consumatore fa un’altra scelta. E’ quello che succede sempre più spesso, un’abitudine che inevitabilmente condiziona anche le strategie delle aziende produttrici.
Se il latte è conservato bene, mantenendolo a una temperatura costante di 4 gradi, si può consumare senza rischi anche 1 o 2 giorni dopo la scadenza. «Secondo alcuni esperti di microbiologia il latte fresco conservato alla giusta temperatura può durare fino a 9 giorni» precisa Paolo Miante presidente del consiglio di amministrazione della Centrale Laitière de la Vallée d'Aoste di Gressan.
Però intanto succede che ogni giorno in Italia migliaia di litri di latte fresco sono tolti dai banchi frigo dei punti vendita 2-3 giorni prima della scadenza e destinati alla distruzione o, nella migliore delle ipotesi, all’alimentazione animale. La data di scadenza del latte fresco (7 giorni da quello di confezionamento) è rigidamente definita da una legge di 15 anni fa. Nel frattempo però le tecnologie utilizzate nei procedimenti produttivi - anche alla Centrale Laitière - si sono evolute e consentono di allungare la vita del prodotto. Per questo motivo l’azienda di Gressan ha fatto una scelta precisa: stop alla produzione di latte fresco. Nel dettaglio, il latte fresco intero e parzialmente scremato (1 litro) sarà sostituito da una nuova confezione di latte intero e parzialmente scremato «Alto Pastorizzato» con almeno 13 giorni di conservazione. Nel ciclo produttivo questo latte è sottoposto a un trattamento termico a metà strada tra quello fresco (15 secondi a 72 gradi) e quello UHT-Ultra High Temperature (2-5 secondi a 135-140 gradi). Si mantiene in frigorifero 13-15 giorni e conserva sia il gusto che le qualità nutrizionali del latte.
«Abbiamo dato vita a un piano anti spreco per allungare la vita dei prodotti, puntando a una riduzione importante di latte invenduto» spiega Paolo Miante. Meno spreco e anche meno inquinamento, dal momento che diminuiscono le frequenze di consegna e così si abbatte l’inquinamento dovuto ai gas di scarico degli automezzi che per alcuni mesi dell’anno devono raggiungere i punti di distribuzione nelle vallate, con quantità minime di prodotto ma con consumi ed emissioni elevati.