Salario minimo, per il sindacato Savt «Non è la panacea di tutti i mali»

Salario minimo, per il sindacato Savt «Non è la panacea di tutti i mali»
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Il salario minimo? Non è la panacea di tutti i mali del lavoro in Italia, e rischia di diventare "una mera operazione di facciata e di bandiera". A sostenerlo è il direttivo confederale del Savt, il Sindacato autonomo valdostano dei lavoratori, che nei giorni scorsi si è riunito per analizzare la proposta di legge. Il Savt, appreso del rinvio al prossimo autunno del dibattito parlamentare sulla questione, lo ritiene "un tema cruciale che, come si può notare, divide tanto la politica quanto il mondo sindacale". Il sindacato aggiunge: "In Valle d'Aosta, così come in tutta Italia, la vita dei lavoratori è resa sempre più difficile dal continuo aumento dell'inflazione e dei tassi di interesse. Per questi motivi il costo del lavoro deve essere sicuramente rivisto ma, tuttavia, non possiamo considerare la sola introduzione di un salario minimo per legge come l'unica panacea per questi mali. Questo approccio sembra essere più ideologico che pratico, e ci sono preoccupazioni reali che possa, in effetti, portare a un impatto negativo sull'occupazione, e sullo stesso costo della vita che si vorrebbe con questa manovra calmierare".

Le soluzioni al problema salariale, per il Savt, "richiedono interventi organici e approfonditi, che affrontino una serie di quesiti a oggi non risolti". Le priorità? "La centralità e la dignità della contrattazione collettiva devono essere ristabilite, in modo che ci possa essere chiarezza sui contratti applicati ai lavoratori". Oggi "la situazione contrattuale in Italia è variegata, con diversi contratti, molti dei quali sono stipulati da sindacati di comodo, che offrono salari minimi inaccettabili". Per questo, "deve diventare normalità" avere "una contrattazione territoriale che permetta di adattare gli accordi alle diverse realtà regionali".

Per il Savt serve anche "una certificazione degli iscritti" per i sindacati che "possano o meno sottoscrivere contratti", così come succede "nel pubblico impiego dove viene fatta una reale pesatura delle sigle, con l'obiettivo di definire chi possa sedersi al tavolo delle trattative, anche nel privato si deve arrivare a un percorso similare". Con una chiosa: "Non è più ammissibile che esistano diversi contratti di lavoro per lo stesso settore, diversi dei quali sottoscritti con sindacati di comodo. Ce ne deve essere solo uno sottoscritto da chi ha realmente diritto di farlo in quanto considerato rappresentativo in base al numero degli iscritti. Solo in questo modo è immaginabile che il dumping salariale e contrattuale possa limitarsi e si arrivi ad accordi collettivi che diano dignità ai lavoratori".

E ancora: "Se si vuole realmente agire nell'ottica di restiturie potere d'acquisto ai lavoratori bisogna poi ridurre e limitare le forme di lavoro parasubordinate e atipiche a favore di un rapporto di lavoro subordinato che sia normato e disciplinato da accordi collettivi". Infine, il Savt chiede di "concentrarsi sulla riduzione del cuneo fiscale, alleviare le tasse sia per i lavoratori, sia per le imprese e garantire servizi sanitari e di welfare adeguati".

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