Ritrovato il corpo senza vita di Siro Vagneur, per anni il necroforo dell’Ospedale
Siro Vagneur aveva sempre lo sguardo malinconico e il cappello di lana in testa. Figura inconfondile all’Ospedale regionale e alla fermata del bus in viale Ginevra, da dove da solo o in compagnia della mamma Elisa Cheillon raggiungeva Doues, una volta terminato il suo turno di lavoro. Lavoro non facile, quello del necroforo, in burocratese “operatore tecnico” dell’Usl, lui si occupava della vestizione dei morti, sempre gentile, disponibile, con il suo camice e l’immancabile berretto colorato fatto ai ferri. Lo ricordano tutti, perché in quei momenti di dolore e di grande tristezza con la sua semplicità stava vicino alla sofferenza.
Nato nel 1967, da pochi anni aveva lasciato la camera mortuaria e si occupava della posta, collegamento affidabile tra un presidio e l’altro. Ma Siro Vagneur viveva di equilibri delicati, primo fra tutti la famiglia, così quando sono mancati per lui i punti di riferimento il suo mondo è affondato. Il papà Donato era allevatore, come la mamma Elisa, poi la sorella Marisa che viveva in casa, a Dialley, per anni collaboratrice alla microcomunità di Doues. Ritmi scanditi dalla natura e dalle abitudini, lui a dare una mano in stalla e nei prati, per poi scendere con la corriera di linea ad Aosta oppure con la Panda, a velocità ridotta, un modo di viaggiare così prudente che lo rendeva subito riconoscibile ai frequentatori del percorso Doues-Aosta e viceversa.
Nessuna distrazione, lavoro e famiglia. Ogni tanto una tappa al bar del centro sportivo di Roisan prima di salire verso Doues, ma sabato scorso Siro non è passato al bar, anzi lo ha evitato per arrivare alla riva del Buthier, lasciando la Panda nel parcheggio. Lo hanno ritrovato a Saumont, dopo avere individuato sulla riva a Rhins il cappello, troppo difficile vivere senza i suoi, senza quei punti di riferimento, un’esistenza svuotata di affetti.
Siro ha ora trovato quello che cercava, lui che salutava gentilmente tutti quelli che incontrava, che portava il cappello di lana anche ad agosto, adesso è in pace. E quando passeremo in viale Ginevra guardando alla fermata del bus ci sembrerà ancora di vederlo, con la cerniera della giacca a vento tirata al massimo pure in estate e l’inconfondibile berretto di lana.
Lunedì erano iniziate le ricerche di Siro Vagneur, dopo che - lui così puntuale - non si era presentato al lavoro ad Aosta, con conseguente segnalazione ai Carabinieri, dopo che i cugini non lo avevano trovato nella casa di famiglia a Dialley. Non aveva telefono, né fisso né cellulare, quindi è arrivato prima il ritrovamento della sua Panda nel piazzale del centro sportivo all’envers di Roisan, poi la visione della telecamera che sabato lo ha ripreso da solo nell’auto in discesa da Doues a Valpelline. Il giorno dopo i Vigili del fuoco hanno ritrovato il cappello sul greto del torrente a valle del campo di calcio, una scarpa era vicina in acqua, lo hanno cercato fino a che la luce lo ha consentito, poi mercoledì mattina il ritrovamento del corpo a Saumont di Aosta.