Risparmio energetico: i “cappotti” cancellano la storia degli edifici

Risparmio energetico: i “cappotti” cancellano la storia degli edifici
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Nell’Aosta dei cantieri, superbonus ed efficientamento energetico stanno cambiando il volto della città. Infatti con la realizzazione di “cappotti” e di altri interventi esterni gli edifici tendono ad assomigliarsi ormai tutti, perdendo la loro identità e quindi anche la memoria storica ed architettonica di cui sono testimoni. E’ quanto sta accadendo, per esempio, al condominio che affaccia su via Parigi, a fianco alla rotonda dell’Ospedale ad Aosta, lungo l’inizio di via Edelweiss, la “Casa Rossa”, un progetto avveniristico nel 1971 firmato dallo studio aostano Aldo Piccato e Giovanni Saltarelli, un edificio che proprio per le sue caratteristiche all’avanguardia per l’epoca è stato selezionato per il libro “Architettura moderna in Valle d’Aosta” di Giuseppe Nebbia e per lo studio “Architetture del secondo Novecento in Valle d’Aosta” di Roberto Dini, docente di Progettazione architettonica al Politecnico di Torino.

La “Casa Rossa” venne costruita dopo la demolizione del complesso dell’antica cascina di Ru Meyran che dominava un tempo i prati dove alla fine degli anni Trenta venne costruito l’Ospedale Mauriziano. Quello che vediamo ora, da alcuni giorni, è però un fabbricato totalmente diverso, tanto da risultare irriconoscibile dato che i mattoni rossi che erano la sua caratteristica principale sono stati completamente coperti dal “cappotto” chiaro, con un esito in verità parecchio modesto rispetto alle scelte architettoniche coraggiose di più di cinquant’anni fa.

Un problema che il presidente dell’Ordine degli Architetti della Valle d’Aosta Sandro Sapia ha ben presente. «E’ un discorso - osserva Sandro Sapia - che si lega non solo alla tutela degli edifici ma anche dei borghi e dei centri storici. Bisogna recuperare un giusto equilibrio in grado di conciliare le esigenze dettate dal risparmio energetico con quelle di conservazione del patrimonio architettonico. A tal fine è necessario innescare un processo culturale per promuovere e sviluppare questa sensibilità nell’opinione pubblica. E gli aspetti da prendere in considerazione sono diversi. Per esempio, oltre ai “cappotti” c’è la questione dei pannelli fotovoltaici sugli edifici nei centri storici che ne alterano l’aspetto deturpandolo. Insomma, rischiamo nel giro di pochi anni di ritrovarci con città totalmente cambiate, radicalmente diverse al passato. Eppure oggi esistono gli strumenti tecnici per rispettare le caratteristiche originali degli edifici migliorandone al contempo l’efficienza energetica. Certo, una simile scelta costa di più e proprio per questo la spesa maggiore non dovrebbe essere accollata solo ai proprietari, i quali andrebbero sostenuti con contributi piuttosto che con esoneri e sgravi fiscali mirati da parte delle Amministrazioni pubbliche, abbandonando perciò la logica seguita finora dell’accesso senza distinzioni a bonus e superbonus per le ristrutturazioni.»

«Insomma, bisognerebbe - sottolinea Sandro Sapia - adottare delle regole nuove che prevedano sistemi di perequazione al fine di raggiungere un compromesso a tutela dell’intera comunità. In questo senso il ruolo dell’architetto deve diventare centrale, per impostare interventi che tengano conto della lettura del territorio con un’analisi storica, sociologica e antropologica ed eviti di snaturare l’anima degli edifici.»

Queste osservazioni sono condivise dal docente di Progettazione architettonica al Politecnico di Torino nonché autore del censimento degli edifici “Architetture del secondo Novecento in Valle d’Aosta” Roberto Dini. «Sgombriamo subito il campo da ogni equivoco: sono più che favorevole agli obiettivi che hanno portato all’ecobonus ma è bene tenere presente che si tratta di una tematica estremamente complessa. - dice Roberto Dini - Se limitiamo il discorso del risparmio energetico alla realizzazione di “cappotti”, creiamo un appiattimento non solo degli edifici ma pure culturale, specialmente in Valle d’Aosta dove gli aspetti strutturali e costruttivi rispecchiano la storia della regione. Va aggiunto che stiamo riempiendo di plastica le nostre città, perché gli isolanti di bassa qualità sono di origine fossile. In definitiva, il tema della sostenibilità richiede una sensibilità culturale orientata al rispetto delle caratteristiche dei manufatti preesistenti. Ecco perché è necessario coinvolgere architetti e ingegneri per promuovere progetti che portino a ristrutturazioni di qualità.»

Ciò significa non cancellare gli esempi più riusciti e storicizzati delle architetture moderne e contemporanee, che hanno segnato comunque un’epoca, un processo che invece ad Aosta sta portando danni considerevoli e sottovalutati, con l’eliminazione - da un punto di vista estetico - dei migliori interventi architettonici, sostituiti da anonimi “cappotti” in plastica che alterano in modo drastico e soprattutto definitivo l’impegno progettuale e realizzativo dei professionisti e delle imprese che lavorarono dal secondo dopoguerra allo sviluppo urbanistico della città.

La “Casa Rossa” tra via Parigi e via Edelweiss ad Aosta da sinistra prima e dopo la realizzazione del “cappotto” per il risparmio energetico
Una fotografia di viale Gran San Bernardo negli anni Cinquanta e, sotto, la cascina di Ru Meyran negli anni Dieci del Novecento

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