Risarcimento di un milione e mezzo di euro all’ingegnere reso invalido dal masso che schiacciò la sua automobile
E’ stata pubblicata martedì scorso, 2 gennaio, la sentenza relativa all’incidente stradale in cui il 16 marzo 2011 rimase gravemente invalido l’ingegnere Michel Chabod, la cui automobile fu schiacciata da un masso staccatosi da un terreno nel Comune di Villeneuve. Il giudice del Tribunale civile di Aosta Eugenio Gramola ha condannato il progettista dei lavori di ammodernamento della strada Luciano David, la Regione (committente dell'opera) e il Comune di Villeneuve (proprietario del tratto stradale) a risarcire a Chabod danni per 1 milione 528mila euro. L'affittuaria del terreno da cui si staccò il masso, Anna De Santis, è stata ritenuta estranea alla vicenda, mentre il proprietario del fondo (la società semplice "Malga", con l'aostano Gianni Gabriele quale unico titolare di quote) dovrà versare - assieme al geometra Luciano David ed alle Amministrazioni regionale e comunale - 48mila euro all'ex moglie della vittima.
Il giudice ha pertanto ritenuto che le parti a cui ha attribuito la responsabilità dell’accaduto non si siano preoccupate di «di verificare se i luoghi presentassero rischi di eventi franosi, pur dovendolo». Il concorso di colpa è stato attribuito dal magistrato per il 10 per cento a carico del proprietario del terreno - «Che comunque non aveva specifiche competenze tecniche» ed è «ovviamente estraneo» ai lavori ed «all'esercizio della strada» -, per il 20 al geometra David - «Responsabile di una progettazione incompleta ed inadeguata» -, per il 30 per cento alla Regione - «Che nulla ha rilevato circa l'incompleto progetto che ha fatto redigere, sì da giungere a disporne l'esecuzione senza minimamente curarsi della pubblica incolumità» - e per il restante 40 per cento al Comune di Villeneuve «Cui era ben più che nota la pericolosità dei luoghi».
La sentenza poggia, in particolare, su una consulenza geologica che non è stata «oggetto di reali contestazioni» delle parti, ma della quale «ciascuno dei soggetti in causa estrae le parti che meglio gli accomodano», anche se le risultanze della stessa - osserva il giudice Gramola - sono «chiare, precise e prive di vizi logici nelle ampie ed attente motivazioni esposte».
In sostanza, i lavori di ammodernamento (iniziati nel 1989 e terminati nell'aprile 1990, sulla base del progetto del geometra Luciano David concluso nel maggio 1984) hanno visto un «Muro a gravità di contenimento del versante» poggiato «Direttamente al pendio, senza intercapedine di materiale drenante e senza un canale di gronda» che abbia «La funzione di intercettare le acque o il materiale fangoso proveniente da monte».
L'assenza di questi «Sistemi di intercettazione», sottolinea il consulente tecnico, «Ha comportato il 26 aprile 2004 l'invasione della carreggiata da parte di una colata di fango di 5-8 metri di larghezza, generata da una rottura dell'impianto di irrigazione sovrastante» e ciò «Avrebbe dovuto rappresentare un segnale di allarme relativamente alla vulnerabilità della strada da parte di fenomeni innescati sul pendio sovrastante».
Inoltre i decreti ministeriali in vigore al momento della redazione del progetto e della deliberazione del finanziamento dell'opera prevedevano, per i lavori in questione, «Come obbligatoria la redazione di una relazione geologica eseguita appositamente», sostituita negli elaborati progettuali - rileva il giudice - da una relazione tecnica «Scarna e priva di qualsiasi riferimento alla geologia dei luoghi e alla stabilità dei versanti».
Per il giudice Gramola «Appare dunque chiaro che mantenendo condotte diligenti, prudenti e rispettose dei principi tecnici» e quindi «Istituendo prima e non dopo del fatto le protezioni oggi in essere sul tratto stradale ove si verificò l'evento, quest'ultimo non si sarebbe realizzato». Un quadro complessivo per cui il giudice Eugenio Gramola scrive che «A questo punto può dunque ritenersi provato che il fatto era prevedibile ed evitabile».