Rifugio degli Angeli, sono in corso gli interventi di ampliamento
A 2.916 metri di quota, in Valgrisenche, sull’itinerario che conduce al ghiacciaio Rutor, il Rifugio degli Angeli ha una storia travagliata e particolare. Nasce infatti per una causa benefica dalle ceneri di un altro rifugio, andato in fiamme nel 1990. In seguito all’incendio, alcuni giovani collegati a Operazione Mato Grosso nel 2003 hanno deciso di ricostruire pietra su pietra e riaprire il rifugio nel 2005, portando i carichi di materiale per la quasi totalità a spalla, con il solo aiuto dei muli, da 2.200 a 2.900 metri di quota. I volontari hanno lavorato gratuitamente per edificare l’opera e i proventi dell’attività commerciale qui svolta sono inviati nelle missioni in Perù, Ecuador, Brasile e Bolivia. L’elicottero può arrivare, pur non avendo un punto di atterraggio, però si fa intervenire solo in caso di estrema necessità, per risparmiare soldi, che si possono invece inviare alle missioni. Non esistono né rapporto di lavoro nè gerarchie. Dietro alla gestione, che coinvolge una decina di persone alla settimana per 12 settimane (dalla seconda settimana di giugno fino a metà settembre), vi è l’associazione Rifugio degli Angeli, di cui è presidente don Marco Calvo di Casale Monferrato, onlus che gestisce anche il Rifugio Frassati sopra Saint-Rhémy-en-Bosses e il Rifugio delle Marmotte sopra Rhêmes-Notre-Dame.
«Il Rifugio è gestito da volontari, ragazzi lombardi, piemontesi, liguri, veneti, giovani di età compresa tra i 20 e i 25 anni, che turnano di settimana in settimana, lavorando senza compensi né rimborsi spese» spiega Marco Bergagnini, uno dei responsabili dei volontari, insieme a Manuel Manca (appena partito per la Missione in Perù, dove resterà 2 anni), Liliana Tagliabue, Alex Rusconi, Andrea Borgnolo, Matteo Pozzoni, Stefano Cestino, Eleonora Ghirimoldi e Anna Loforese. «Al rifugio vi sono una cassetta per le offerte libere dei clienti e una per quelle dei gestori, che vivendo su consumano e per questo contribuiscono. Lo scopo è unicamente raccogliere fondi da devolvere all’Operazione Mato Grosso, oltre a stare insieme e condividere un’esperienza di volontariato e di lavoro comunitario. Talvolta ospitiamo anche degli oratori, che a loro volta vivono una settimana di volontariato. Mato Grosso tuttavia si rivolge a tutti i ragazzi».
Ora sono in corso interventi di ampliamento della cucina, che termineranno tra un paio d’anni, con la stessa logica del volontariato da parte di ragazzi di età compresa tra i 16 e i 25 anni, che si autotassano per partecipare al campo di lavoro.
La capienza massima in epoca Covid è di 25 posti letto, in tempi normali è di 78. Ci si può arrivare anche d’inverno, trovando una stanza per il pernottamento, essendo disponibili una quindicina di posti letto.