Rifugio all’Oratorio di Cuney, è polemica tra il Cai e i gestori
«La questione era nell’aria da tempo ma con il 2022 le cose sono definitivamente chiarite: la gestione attuale non è interessata a mantenere la continuità storica e morale; pertanto il Club Alpino Italiano e la sottosezione Saint Barthélemy non avranno più alcun legame con il rifugio all’Oratorio di Cunéy». Così si legge in un articolo firmato da Piermauro Reboulaz, presidente del Cai Valle d’Aosta, sul numero di maggio 2022 della rivista Montagnes Valdôtaines, che ripercorre tutta la storia della struttura dalla sua inaugurazione il 19 settembre 1982 all’ampliamento del 1994, alla gestione diretta della sezione di Aosta fino al 2001 e poi a quella dello stesso Reboulaz dal 2002 al 2005. Il problema, secondo il presidente del Cai VdA, è che «gli attuali gestori Fabrizio Lombard e Andrea Ghetta hanno deciso che quella storia non è così importante, per cui il rifugio non può essere definito del Cai, non è più nella pubblicazione con tutti i rifugi del Club e non vi si applicano le agevolazioni e le scontistiche per il pernottamento e la mezza pensione che spettano in automatico ai soci, nonostante sia nato grazie all’impegno dei volontari Cai. Nel 1994, per finire i lavori in soli 2 mesi, sono state effettuate 52 giornate di lavoro gratis». Il rifugio resta di proprietà della parrocchia di Saint Barthélemy, che lo assegna in gestione a privati. «Noi del Cai avremmo gradito più attenzione alla storia che ho evidenziato nell’articolo - prosegue Piermauro Reboulaz - ma i gestori hanno preferito seguire una strategia più commerciale, senza attenersi ai principi pubblici di organizzazione e di accoglienza del Cai. Peccato, perché far parte di un Club Alpino consente di avere più notorietà a livello nazionale».
«Il rifugio è privato - ribatte Fabrizio Lombard - e il Cai di Aosta non lo gestisce più dal 2003. Fino al 2006 lo ha gestitito Reboulaz, poi sono subentrato io. Non siamo contrari a stipulare accordi commerciali e a ipotizzare convenzioni con il Cai, ma nelle sedi più opportune, non attraverso sterili polemiche. A tal fine dovremmo sederci intorno a un tavolo, insieme a loro e alla proprietà, e parlarne. Finora ci sono stati solo contatti informali. Sono a mia volta socio Cai da oltre 30 anni, credo nei loro ideali e valori, non c’è attrito, ma anche se nella storia del rifugio c’è stato il loro massimo impegno, ora la situazione è cambiata e a nostra volta abbiamo investito per migliorarlo».