«Quell’esperimento per il Duce che si rivelò un “fiasco”»

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Luigi Busatto, già Console regionale dei Maestri del Lavoro, è stato tra i principali promotori delle iniziative per il centenario dello stabilimento Cogne - dove ha lavorato - nel 2016. A lui abbiamo chiesto un contributo sulla Scuola Cogne, che ha conosciuto da vicino.

Tempo fa mi venne chiesto di reperire 5 anziani Cogne da premiare, in occasione delle manifestazioni del centenario dello stabilimento aostano. Nella ricerca, ebbi l’opportunità di ascoltare emozionanti testimonianze di molti ex dipendenti, alcuni dei quali centenari o ultra novantenni che, purtroppo, oggi ci hanno lasciato. Incontrai anche il Maestro del Lavoro Mario Rossi e, insieme, aprimmo il suo libro dei ricordi. Leggemmo con emozione quanto la scuola di fabbrica della Cogne fosse stata importante per la comunità valdostana. Mario Rossi, classe 1925, nel 1938 adolescente, con la quinta elementare venne iscritto - con 20 allievi - al primo corso della nascente scuola. In seguito, constatando le notevoli differenze tra i valori culturali scolastici delle varie candidature, per livellare la qualità ammissibile ai corsi, la Cogne propose un anno di frequenza sussidiario di preaddestramento.

Nel percorso dell’ultimo anno, gli allievi venivano inseriti nei reparti a scopo formativo, propedeutico e sperimentale. Per queste ore di lavoro era assegnata loro una retribuzione mensile, comprensiva di contributi sociali. Era un contributo che alimentava l’autonomia economica della famiglia e che stimolava a fare sempre meglio.

Dopo il triennio, per le sue riconosciute qualità, Mario Rossi venne assunto come assistente al docente nella specializzazione di «aggiustaggio meccanico» della scuola stessa. Di quel particolare periodo ricordava i suoi maestri e in particolare la presenza di Rinaldo Franco, docente del corso di torneria e macchine, un uomo di grande estro che sapeva e poteva trasmettere grandi valori. A Rinaldo Franco subentrò Angelo Martello: oltre ad essere un abile tornitore proveniente dall’officina meccanica centrale, era l’«atlante geografico» che trasmise ai corsisti serali la passione per la materia.

Partita in sordina, la scuola di fabbrica vide sempre più candidati, stimolati anche dal «posto sicuro», diventando così un’istituzione meritocratica che attuava severe selezioni periodiche tramite scrutini trimestrali ed esami finali di verifica. Le selezioni determinavano la possibilità di continuare oppure di escludere dai corsi. Il primo anno iniziarono in 20 e 20 furono i promossi finali. L’anno seguente, partiti in 55, ultimarono solo in 37. Il profitto veniva analizzato e valutato da una commissione composta dagli insegnanti, dai rappresentanti sindacali e dall’Ispettorato del lavoro.

La disciplina ferrea determinò nei giovani anche il senso di responsabilità e di appartenenza. Inoltre la scuola creò eccellenze con i corsi serali, organizzati per la preparazione agli esami integrativi per diplomi di perito industriale e di geometra.

La Scuola Cogne si mise in evidenza per la competenza dei suoi studenti, che emerse nei concorsi delle scuole di fabbrica private e, negli anni seguenti, nei suoi molti operai specializzati, impiegati tecnici, quadri e dirigenti. Tra questi ultimi segnalo Giulio Bus, Paolo Romagnoli, Sergio Burzi, Antonio Cantele, Gianni Artuso, Dennis Del Col, Ennio Garzena, Lido Massignan. Risorse a cui attinsero, e ancora attingono, molte altre realtà territoriali, nazionali ed internazionali. Tre suoi allievi - Eugenio Frassy, Elvidio Genero e Armando Zanolo - vennero selezionati e inviati a Torino per diplomarsi periti industriali. Nel 1952, con altre eccellenze distintesi tra i giovani, come Gianni Bettinelli e Ludovico Garino, furono inviati negli Stati Uniti per uno stage annuale di ulteriore formazione e specializzazione. Eugenio Frassy sarebbe diventato «il professore» per la maestria, la professionalità, la moralità, soprattutto per la sua grande capacità comunicativa. Era la caratteristica comune di quei docenti che, oltre ad insegnare, operavano anche nei reparti trasmettendo, nel corso delle lezioni, le caratteristiche indispensabili per armonizzare il mondo della scuola con quello del lavoro. Eugenio Frassy, oltre che tra i più grandi specialisti, viene ancora considerato il padre formatore dei periti industriali elettrotecnici cresciuti nella Cogne.

Vigeva grande disciplina: la campanella di fine lezione dava l’autorizzazione ad uscire dall’officina solo a chi aveva provveduto a pulire e a ordinare accuratamente la propria area di lavoro. Ieri si chiamava educazione civica, oggi potrebbe venire riconosciuta come sequestro di persona. La costante attenzione dei docenti elideva il bullismo ed il nonnismo. Gli alterchi venivano immediatamente sedati con autorità, e anche con il prestigio e l’autorevolezza di persone serie, legate al proprio ruolo e allo scopo di fare funzionare una scuola privata in cui si investiva nell’educazione dei giovani. L’aggregazione e l’amicizia erano evidenziate dallo spirito di squadra nei campionati studenteschi di atletica leggera, e anche nei reparti dove la stima e il rispetto reciproco diventavano i catalizzatori per il “problem solving” professionale e morale: una definizione oggi di grande risonanza, alla Cogne una consuetudine sempre esistita grazie a quanto seminato e fermentato nella scuola di fabbrica.

Tra i docenti, Mario Rossi ricordava l’ingegner Cella, docente di meccanica, siciliano di origine e direttore della scuola. Nel 1940 arrivò il dottor De Gregorio: napoletano, una persona dall’insuperabile influenza, esponeva la matematica con una comunicabilità tale da renderla piacevole e comprensibile anche ai meno portati. Successe all’ingegner Cella nell’incarico di direttore. Insegnò anche il dottor Lovera, all’unanimità considerato uno scienziato nel campo della chimica e della ricerca nella metallurgia.

Del periodo alla scuola, un altro «testimone», Michele Francesia, ricorda un evento veramente curioso. Durante l’estate del 1944, negli scantinati venne costruito un cubo in cemento di un metro di lato, che doveva diventare il supporto di un dispositivo progettato per il moto perpetuo. Era un meccanismo ideato e proposto da un tecnico vicino al regime. Nessuno osava opporsi, anzi: l’opera era “una importante ricerca tecnologica, fisica e scientifica” che avrebbe portato molto prestigio al genio fascista. Michele Francesia partecipò alla costruzione. Una manovella doveva avviare il sistema che tramite contrappesi e molle per accumulare e redistribuire l’energia e una miriade di cuscinetti a sfera lubrificati con la migliore vaselina, doveva garantire la continuità infinita del moto. Arrivò il giorno delle prove funzionali, alla presenza di molte autorità che assistettero increduli a quello che si rivelò invece un «fiasco». L’inventore, consapevole della propria immunità determinata dall’amicizia personale - così si diceva - con il Duce, nonostante l’insuccesso non si preoccupò più di tanto, ribadendo che avrebbe apportato alcune piccole modifiche per conseguire il trionfo finale.

La Scuola Cogne attinse tra le intelligenze dei migliori e ambiziosi figli dei suoi lavoratori e dei campagnards valdostani, per formare quel giovane capitale umano che, altrimenti, sarebbe probabilmente rimasto celato e latente. Purtroppo, chiuse il suo importante ruolo sociale alla fine degli anni Ottanta, lasciando un grande vuoto nella formazione professionale - e civica - della nostra regione.

La lungimiranza del progetto della Cogne Industrial School si specchia in quella che fu la lungimiranza della Scuola Cogne: investire nella singola proprietà intellettuale, sull’effettivo fabbisogno culturale dell’azienda, creando quell’arricchente formazione necessaria ed indispensabile per un futuro accesso alla rete, anche come imprenditori di se stessi. Bentornata Scuola Cogne.

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