Quei «bollini» che tra gli anni Cinquanta e Ottanta aiutarono le famiglie valdostane, in attesa della zona franca mai arrivata

Quei «bollini» che tra gli anni Cinquanta e Ottanta aiutarono le famiglie valdostane, in attesa della zona franca mai arrivata
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“Pe pleisir eun bouleun di cafi”. Quante volte noi ragazzi in coda in drogheria ascoltavamo questa frase, un rito ad Aosta di ogni martedì, quando dai paesi donne e uomini scendevano per la spesa settimanale. Ma lo stesso rito si ripeteva in tutti gli snodi centrali del commercio in Valle - Morgex, Villeneuve, Châtillon, Verrès, Donnas - e pure nelle piccole ed ormai scomparse botteghe in cima alle vallate, tutte rifornite puntualmente di quelli che erano i beni contingentati.

Il caffè prima di tutto, poi alcol, the, cioccolato e zucchero, quanti ricordi in quelle tessere colorate, con il trascorrere degli anni graficamente sempre più belle, stampate dalla Regione Autonoma Valle d’Aosta a favore dei residenti e pure, in alcuni casi, dei turisti. Quei bollini come i francobolli, che si tagliavano la sera a casa, seduti al tavolo con i nonni, oppure che si versavano nella drogheria di fiducia, dove con certosina pazienza si annotavano tutte le variazioni, sino all’arrivo della nuova tessera e dei nuovi “bouleun”. Era una pratica così diffusa che nel caffè il “bouleun” equivaleva ad un’unità di misura, in Valle d’Aosta era di 300 grammi, la prima razione mensile, assegnata anche ai minori.

“Venivamo dalla guerra e dalle tessere annonarie - ricorda con straordinaria lucidità Alfredo Artari, classe 1931, testimone di quei giorni lontani - abbandonate nel 1947. Quindi la popolazione era abituata a gestire e ad organizzarsi con queste tessere. Perciò quando arrivò lo Statuto speciale di autonomia nel febbraio del 1948, la neonata Regione istituì dal 1949 il sistema per la distribuzione dei beni contingentati sempre attraverso delle tessere, che veniva assegnate appunto a tutti i residenti. Teniamo presente che erano anni di grandi difficoltà economiche per le nostre famiglie e che la distribuzione riguardava prodotti di ottima qualità, a prezzi mediamente inferiori di un terzo a quelli di mercato. Fu un notevole incentivo per tutti a consumare più caffè e più zucchero, in particolare, beni che durante la guerra erano rarissimi.”

I prodotti in esenzione furono un’idea per cominciare a fare comprendere ai valdostani quali avrebbero potuto essere i benefici concreti dell’autonomia, legata alla creazione della famosa zona franca, cioè un territorio - come quello della Valle d’Aosta - privo di certe imposte e in grado pertanto di offrire prodotti di largo consumo famigliare a prezzi molto convenienti. Lo Stato italiano però, in attesa di quella zona franca che non è mai arrivata, fissò di concerto con gli uffici della Regione un quantitativo massimo di prodotti in esenzione fiscale, da cui appunto la definizione di beni contingentati.

“La Valle d’Aosta è sempre stata una forte consumatrice di caffè. A Morgex - dice Alfredo Artari - nostro nonno Giuseppe, nato nel 1855 ad Aosta, già sergente furiere del Battaglione Edolo, arrivò in paese ed ottenne subito la fornitura del pane per i tanti accampamenti militari dell’epoca. Allora le drogherie, come l’emporio a Morgex, vendevano il caffè crudo che le famiglie tostavano a casa, come pure facevano con l’avena e la segale, mischiando. Era il 1886 quando iniziò l’attività commerciale della nostra famiglia, Giuseppe lavorava come contabile per la ditta di trasporti Tosco di Aosta e quell’anno con l’arrivo della ferrovia perse il lavoro, visto che l’azienda non aveva più il servizio di diligenza da e per Ivrea. Però i Tosco lo consigliarono di andare a Morgex, dove avveniva il cambio dei cavalli delle corriere che salivano al colle del Piccolo San Bernardo e a Courmayeur. I cavalli si cambiavano ad Aosta, poi a Leverogne di Arvier e quindi a Morgex. Qui iniziò il nonno Giuseppe, sposato con Hélène Victoire Corgnier di Etroubles, appunto il suo commercio, con il pane e la drogheria, ma il caffè si vendeva appunto crudo. Così nel 1896 acquistò la prima caldaia con “cotte” da cinque chili, era a alcol, parecchio pericolosa da utilizzare, sostituita dopo qualche tempo dalla ben più affidabile macchina tostatrice della Bava e Gamba di Torino a legna. Gli affari andavano bene, grazie alle forniture militari e anche grazie al fatto che gli abitanti dell’alta valle fossero dei buongustai del caffè, a Courmayeur peraltro particolarmente amanti del the di qualità, un’abitudine che avevano appreso dai primi turisti inglesi. Il caffè crudo lo comperavamo alla Drogheria Reale dei Quarello nell’attuale via De Tillier ad Aosta e in parte veniva appunto tostato per la nostra clientele e in parte veniva venduto così, visto che molte famiglie amavano tostarlo sulla stufa o nel camino. Si vendeva un unico tipo, il tradizionale “Tipo famiglia” come si diceva.”

Nel 1948 con l’istituzione da parte della Regione dell’Ufficio Zona Franca inizia quindi una rivoluzione. “Alla direzione venne chiamato il colonnello Rean - ricorda Alfredo Artari - un uomo molto deciso e competente. Fu lui a preparare il primo regolamento per ricevere la merce in esenzione, che poteva essere assegnata solamente ai grossisti. Così nel 1948 si tennero le primi riunioni che radunarono 16 commercianti del settore, alle quali partecipò mio papà Edoardo. Ricordo tra questi per Aosta la Drogheria Reale dei Quarello e dei Vietti, i Villani, gli Apostolo, i Pavetto, gli Ollietti, i Manfrin, la CIDAC di Enrico Quarello, Pierino Celesia ed i fratelli Emilio, Cornelio e Sergio Vietti, Savio a Châtillon, Rolando Croatto sempre a Châtillon, Giuliano a Saint-Vincent che operava soprattutto nella bassa valle, ai quali si aggiunsero la torinese Sisto e Rovere in corso Padre Lorenzo, la Coinca a Verrès che aveva acquistato il diritto da una drogheria di Châtillon e la Lavazza che si installò all’ingresso di Aosta.”

“Quando il gruppo venne completato, si iniziarono gli acquisti. La filosofia - spiega Alfredo Artari - era quella di offrire roba sempre molto buona, che con i bollini dell’esenzione fiscale veniva appunto venduto a un prezzo che era di un terzo inferiore a quello di mercato. Per il caffè il riferimento erano Genova e il suo porto, i crudisti come si chiamavano allora raccoglievano le esigenze di noi torrefatori, perché la maggior parte di noi realizzava delle miscele per la clientela, quindi diverse varietà di caffè che mescolate e tostate caratterizzavano i nostri prodotti. Tutti insieme si componevano i vagoni del treno, “vagoni groupage” si chiamavano, con i piombi della Guardia di Finanza apposti sulle porte dei vagoni a Genova alla partenza. Ad Aosta, nel deposito merci, i finanzieri venivano a togliere i sigilli e controllavano la corretta distribuzione. Inizialmente le qualità di caffè a prezzi fissati dalla Regione erano cinque poi ridotte a tre.”

“Per lo zucchero invece - ricorda Alfredo Artari - era proprio l’Ufficio regionale Zona Franca ad acquistarlo direttamente dalla Sucrerie Saint-Louis di Marsiglia, un ottimo prodotto, ne andavano trentamila quintali all’anno. Il cacao e le tavolette di cioccolato erano quelle dell’olandese Van Houten, altri prodotti eccellenti, mentre il the era il famoso “Maraviglia” della ditta Dodero e Donelli di Genova.”

Per decenni in Valle d’Aosta la misura tradizionale delle confezioni di caffè è rimasta quella da 300 grammi, corrispondente esattamente al valore del bollino regionale, poi anche per il mercato regionale sono state introdotte delle misure strandard da 125 e 250 grammi.

“Che anni meravigliosi per noi commercianti, quanto lavoro ma quanta soddisfazione a servire tutte quelle persone, fedeli clienti, in un rapporto diretto, spesso di amicizia. Un tessuto di commerci e di relazioni - commenta Alfredo Artari - che purtroppo non esiste quasi più, che in Valle d’Aosta ha avuto questa lunga particolare stagione delle tessere per i beni in esenzione fiscale.”

Come per i buoni benzina si tratta di un ricordo, di quando pensare all’autonomia voleva anche capire quale fosse il valore di quei bollini, che tra gli anni Cinquanta e Ottanta contribuirono fattivamente ad aiutare l’economia delle nostre famiglie, in attesa di quella zona franca che mai è arrivata. Era il tempo degli zaini poggiati in fila dentro il Caffè Villettaz, dei pullman per i villaggi che partivano da piazza Narbonne, degli uomini seduti al Bar Centro in una nuvola di fumo, del “marcià” del martedì e dei “bouleun”, piccoli rettangoli colorati conservati gelosamente nei “borset” con il doppio gancio delle donne e nelle scatole di latta nelle cucine, tra il potager e l’étagère. E di quell’odore meraviglioso del caffè appena tostato che si spandeva nelle vie centrali di Aosta.

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