Punture di zecche, al Pronto Soccorso si registrano in media due casi al giorno

Punture di zecche, al Pronto Soccorso si registrano in media due casi al giorno
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A quasi tutti sarà capitato, in particolar modo ai proprietari di cani e gatti, di fare uno sgradito incontro con una zecca, specialmente durante la bella stagione, quando le temperature sono più alte. Al Pronto Soccorso dell’Ospedale regionale “Umberto Parini” di Aosta in questo periodo si registrano una quindicina di casi alla settimana di persone che hanno subito la puntura di questi parassiti. «Le zecche sono degli artropodi, - spiega la dottoressa Ilaria Prosperi, medico del Pronto Soccorso, specialista in Medicina d’Emergenza e Urgenza - cioè animali invertebrati il cui corpo è caratterizzato da vari segmenti e da una serie di appendici articolate dalle quali deriva il loro nome, diffusi su tutto il territorio nazionale soprattutto nelle aree rurali e boschive. Ambienti questi dove è più facile entrarvi in contatto nel periodo tra aprile e novembre, quando il caldo umido ne favorisce la nascita e la loro localizzazione sui fili d’erba o sui cespugli». Quali sono le zone dove prevalentemente si rischia di essere punti? «La zecca preferisce annidarsi nelle zone pelose, calde e umide del nostro organismo, quindi a livello inguinale, ascellare, del collo e della cute della testa» precisa la dottoressa Ilaria Prosperi. Come si può prevenire il morso di una zecca? «Con i comuni repellenti per insetti - suggerisce la dottoressa Ilaria Prosperi - ed utilizzando in determinati ambiti delle magliette a maniche lunghe e dei pantaloni coprendo appunto le zone che potrebbero essere esposte al morso di questi parassiti. Le zecche sono responsabili delle trasmissioni di alcune malattie, sia virali che batteriche. Quelle più frequenti a livello europeo ed italiano sono la malattia di Lyme, batterica, e la meningite virale, diffusa quest’ultima nel nord est del nostro Paese. Non tutte le zecche trasmettono la malattia di Lyme, anzi, solo quella conosciuta come zecca del cervo ne è responsabile nella sua fase di ninfa. Il batterio trasmesso dal morso non è comunque detto che riesca a sopravvivere ed a proliferare all’interno dell’organismo umano, il quale reagisce con una difesa immunitaria. Quindi non è assolutamente detto che ad un morso di zecca debba corrispondere la trasmissione di tale malattia, ed è per questo motivo che non è indicata una profilassi antibiotica automaticamente conseguente ad ogni morso. Va valutata infatti la durata della permanenza dell’animale sulla pelle, che deve essere senz’altro superiore alle 12 ore se non a più giorni, e l’eventuale presenza di sintomi, che possono a volte svilupparsi a distanza di giorni ed anche di settimane. Da considerarsi normale, dopo uno di questi morsi, è che la zona interessata appaia rossa, gonfia ed eritematosa, segno della risposta del corpo umano alla introduzione di un corpo estraneo quale è la testa di una zecca. Ogni volta che dovessimo accorgerci della presenza di questo animale ormai insediatosi nella nostra pelle la sua rimozione andrà fatta con modalità corrette». Pertanto la dottoressa Ilaria Prosperi consiglia di evitare l’impiego di benzina, olio o altre sostanze che non faciliterebbero l’espulsione della zecca, «Che invece andrà fatta meccanicamente, cioè con un movimento rotatorio e contemporaneamente di estrazione di tutto il corpo rostro compreso, magari con l’ausilio di apposite pinzette. A volte, proprio tentando di togliere la zecca solo tirandola, può rimanere nella pelle la sua testa con il relativo rostro, visibile come un puntino nero che va eliminato onde evitare che si produca comunque un’infezione. Per ultimo, è importante riferire al proprio medico di aver subito la puntura di una zecca, soprattutto se nelle settimane successive dovessero comparire febbre o anche lesioni eritematose».

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