Protesi a entrambe le anche, in cima al Monte Bianco solo cinquanta giorni dopo l’operazione

Protesi a entrambe le anche, in cima al Monte Bianco solo cinquanta giorni dopo l’operazione
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«Ripartire da zero». E’ questo lo slogan, oltre che il nome della pagina Facebook, dell’impresa compiuta dalla guida alpina trentina Omar Oprandi, che in appena 50 giorni ha terminato la riabilitazione in seguito all’operazione di protesi a entrambe le anche. Da Drena - paesino in provincia di Trento - alla cima del Monte Bianco non per sfida, ma per dimostrare come «porsi un obiettivo, coerente con le proprie capacità, conti quanto la forza fisica».

Classe 1965, Omar Oprandi (foto) è di San Pellegrino Terme in provincia di Bergamo in Val Brembana e ha sempre vissuto tra le vette, finché a 18 anni ha deciso di abbracciare una professione della montagna, diventando istruttore del soccorso alpino militare. E’ dunque rimasto in Trentino e, nel 1997, è diventato guida alpina. Per esercitare la professione tutto l’anno, dal 2000 vive ad Arco di Trento. Dai primi anni Novanta fino al 2010 ha partecipato a competizioni di sci alpinismo, diventando campione italiano e ora è allenatore della nazionale che debutterà alle Olimpiadi del 2026. A causa dell’intensa attività agonistica, nel 2019 la prima protesi all’anca destra e il 14 marzo 2022 la seconda all’anca sinistra. E’ stato dopo il secondo intervento che Omar Oprandi si è dato l’obiettivo di provare ad arrivare in cima al Monte Bianco entro 2 mesi dall’operazione. «La scommessa con me stesso è stata subito approvata dal chirurgo, che mi ha assicurato che era un traguardo possibile. Tanto è vero che alla visita di controllo 40 giorni dopo, ero già senza stampelle e già da 10 giorni andavo a sciare. Mi ha aiutato molto andare in bicicletta a iniziare dal 20esimo giorno successivo all’intervento. E la mia idea di andare in cima al Monte Bianco si è concretizzata allargandosi così ad altri 2 sport: ho percorso 20 chilometri in bici, da casa a Riva del Garda; da lì ho compiuto una traversata del lago fino a Salò, dormendo in barca il 3 maggio». Da Salò a Chamonix il trasferimento è avvenuto in bici, in 5 giorni con tappe di 80-90 km l’una per 450 km complessivi. Dopo un giorno di riposo, martedì 10 maggio è iniziata l’impresa alpinistica vera e propria, salendo dal versante francese, quello più utilizzato per lo sci alpinismo, insieme a 2 amici clienti. Il primo giorno è servito per raggiungere il rifugio dei Grands Mulets a 3.050 metri. Il giorno dopo, l’11 maggio, la partenza è stata alle 3 di mattina per arrivare in vetta alle 9.30, superando 1.800 metri di dislivello. A causa di uno smottamento, salita dal passaggio del Corridor e dal Col de la Brenva, più impegnativa. «Al ritorno siamo partiti con gli sci dalla cima e scesi sulla parete nord verso Chamonix, trovando le condizioni ideali anche nel primo tratto, dai 4.800 ai 4.300 metri, che di solito si percorre a piedi. Il Monte Bianco è la vetta più alta d’Europa, simbolo dell’attrazione verso i 4.000 che provano tutti gli alpinisti. Lo avevo affrontato già diverse volte, questa ha avuto un significato particolare».

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