Processo per gli appalti “pilotati” all’ombra del Cervino, le motivazioni della sentenza con cui sono stati condannati cinque dei dieci imputati

Processo per gli appalti “pilotati” all’ombra del Cervino, le motivazioni della sentenza con cui sono stati condannati cinque dei dieci imputati
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Sono state depositate nei giorni scorsi le motivazioni della sentenza con cui il giudice Davide Paladino ha condannato a 6 anni di reclusione l’ex tecnico comunale di Valtournenche Fabio Chiavazza. Il processo era nato dall’’inchiesta denominata “Do ut des” su un presunto giro di corruzione ai piedi del Cervino. Al termine delle indagini erano stati rinviati a giudizio in 15, dei quali 5 sono stati condannati. Questi ultimi, oltre a Fabio Chiavazza, sono l’ingegnere Corrado Trasino di Aosta e il funzionario Anas Adriano Passalenti (8 mesi di reclusione ognuno con la condizionale), nonché ai liberi professionisti Andrea Benincasa Di Caravacio di Torino e Stefano Rossi di Piacenza (4 mesi di carcere ciascuno, anche in questo caso la pena è sospesa). Il giudizio di colpevolezza si riferisce, in questo caso, all’aver turbato la procedura - bandita dall’Anas - per la progettazione dei lavori di sistemazione della galleria tra l’abitato di Etroubles e di Saint-Oyen, quale variante della Statale 27.

Assolti perché il fatto non sussiste Nicolò Bertini di Alagna Valsesia, l’ingegnere Giuseppe Zinghinì di Aosta, la dipendente comunale a Valtournenche Cristina Camaschella (sorella dell’ex sindaca Deborah, mai indagata), dell’ex presidente della Cervino Spa Federico Maquignaz, dell’architetto Ezio Alliod di Verrès, dell’architetto Marco Zavattaro di Quart, dell’amministratore unico della Ivies Enrico Giovanni Vigna di Quincinetto, dell’amministratore unico della Edilvi Costruzioni Ivan Voyat di Aosta, dell’amministratore della Chenevier Spa Luca Frutaz di Aosta e dell’artigiano Stefano Trussardi di Aosta.

L’inchiesta, condotta dai carabinieri e coordinata dal pm Luca Ceccanti, ruotava attorno a Fabio Chiavazza che, per i suoi interessi personali e non per quelli istituzionali, avrebbe utilizzato il ruolo che ricopriva di capo ufficio tecnico comunale, favorendo ditte considerate «amiche» e chiedendo tangenti.

«E' evidente come la comprovata circostanza della ricerca di denaro da parte dell'imputato non fa che corroborare l'ipotesi accusatoria - sostiene il giudice Davide Paladino nelle motivazioni della sentenza - in quanto spiega il perché sia arrivato fino al punto di piegare la posizione di indiscusso potere acquisita all'interno delle compagini amministrative ove era incaricato, Saint-Pierre prima e Valtournenche poi, e di porle su di un piano servente rispetto alle esigenze personali di provvista di fonti economiche utili al soddisfacimento dei propri bisogni personali».

L’inchiesta era partita dall’imprenditore Enrico Gogio che aveva denunciato Fabio Chiavazza accusandolo di avergli chiesto delle tangenti. Enrico Goglio avrebbe quindi versato una mazzetta da 20mila euro in cambio di un appalto. Successivamente, non avendo più liquidità, si sarebbe rifiutato di dare altri soldi. Ecco perché Fabio Chiavazza, secondo la ricostruzione del giudice Davide Paladino, «Avrebbe compiuto vere e proprie condotte ritorsive» nei confronti dell’imprenditore, che non solo non aveva più ricevuto gli inviti per partecipare alle gare messe a bando dal Comune ma non riusciva a farsi liquidare le parcelle per i lavori svolti in quanto Chiavazza aveva fatto una serie di contestazioni per presunti inadempimenti nell’esecuzione delle opere. «Agendo in tal modo l'imputato colpiva Goglio in un punto nevralgico per la sua impresa, - annota il giudice - ovvero la liquidità, e cioè ritardando i pagamenti di somme, di notevole importo, a lui dovute in relazione all'unico lavoro che questi stava effettuando per il Comune. Sulla scorta di motivazioni assolutamente pretestuose».

C’è poi la questione dei bonifici effettuati dai soci dell’impresa Edilvu all’azienda riconducibile all’allora capo ufficio tecnico del Comune di Valtournenche Fabio Chiavazza. Secondo il giudice Davide Paladino sarebbero stati una «Remunerazione per il reiterato compimento di atti contrari ai propri doveri d’ufficio», con il funzionario pubblico che utilizzava una società «Da lui di fatto amministrata e tenuta artificialmente in vita, per mascherare la ricezione di tangenti da parte di imprenditori concussi o a lui compiacenti». Non è stato invece stato riconosciuto il patto corruttivo per l’abuso edilizio riguardante il Bar Rocce Nere sulle piste di Cervinia né illeciti per la gara per gli interventi di aggiornamento normativo delle scuole a Cretaz di Valtournenche.

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