«Per i ristori si deve prendere in considerazione la perdita di tutta la stagione invernale»

«Per i ristori si deve prendere in considerazione la perdita di tutta la stagione invernale»
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La costituzione di un Fondo ristori per gli operatori economici del settore del turismo invernale legato alle stazioni sciistiche e ulteriori interventi una tantum a compensazione del mancato reddito per i lavoratori del medesimo settore: sono i punti contenuti nella proposta condivisa dalle Regioni - su input della Lombardia - per i ristori nel settore dello sci. Sulla base delle stime effettuate, gli interventi - da inserire nel decreto legge «ristori» - richiedono complessivamente uno stanziamento pari a 4,5 miliardi di euro.

«Insieme alle altre regioni dell'arco alpino abbiamo condiviso una proposta che mette in luce la specificità della situazione del settore dello sci: ancora una volta bisogna sottolineare la complessità dell'indotto del turismo della neve, che vede un anno completamente compromesso. È indispensabile che il riferimento sia la differenza di fatturato tra la scorsa stagione invernale e quella attuale». Così il presidente della Regione Erik Lavevaz commenta la proposta avanzata dalle Regioni.

Da parte sua Filippo Gérard, presidente dell’Adava - l’associazione che raduna gli albergatori e gli operatori della ricettività della nostra regione - puntualizza: «Per i ristori il governo sta valutando la possibilità di valutare il calo di fatturato su base annua nel raffronto tra il 2019 ed il 2020, ipotesi che per il nostro settore è assolutamente dannosa». Questo perchè secondo Filippo Gérard «Gli ultimi 2 mesi del 2020 e i primi 3 mesi del 2021 si stanno rivelando il vero nodo della crisi. Ben venga che si esca dalla logica dei codici Ateco, ammesso però che vi sia una considerazione per la montagna e per la perdita della stagione invernale. Il primo trimestre 2021, nella migliore delle ipotesi, per noi comporterà l’80 per cento di perdita». Altra questione calda secodo il Presidente Adava è costituita dagli stagionali: «In molti casi non avendo più lavorato rischiano di perdere la disoccupazione. E nel frattempo vediamo che si parla ancora di reddito di cittadinanza. E’ paradossale».

Rispetto alla situazione generale di crisi, con lo spostamento (l’ennesimo) al 15 febbraio come ipotetica data per l’apertura degli impianti, Filippo Gérard è drastico.

«In questa situazione in cui non ci si può muovere tra regioni, in cui i bar e i ristoranti sono obbligati a rimanere chiusi, in cui non possiamo aprire i nostri centri benessere, in cui regna una totale incertezza sull’apertura o meno degli impianti di risalita, non vediamo altra alternativa se non quella di dare ai nostri colleghi il consiglio di fare bene i conti prima di tentare un’apertura che in molti casi peggiorerebbe una situazione già di per sé complessa» dichiara. «E’ sempre difficile fare un ragionamento generale che valga per tutti, penso ad esempio alla diversa situazione che caratterizza le strutture più piccole a conduzione prettamente familiare rispetto a quella di una struttura di medie grandi dimensioni con un numero importante di personale dipendente oppure alle diverse tipologie di destinazione. Il comprensorio di Breuil-Cervinia, ad esempio, ha delle caratteristiche sicuramente diverse rispetto a quello in cui opero con le mie aziende. Quel che però è certo, è che una struttura ricettiva chiusa, quale che sia, ha dei costi fissi incomprimibili importanti che sono difficili da affrontare senza un adeguato sostegno e dopo mesi e mesi senza incassi. Dalle proiezioni che abbiamo avuto modo di fare su un piccolo campione di alberghi di medie dimensioni, tra le 30 e le 35 camere, i costi fissi a struttura chiusa non sono inferiori ai 10mila euro al mese».

«Il governo nazionale capisca che la montagna ha bisogno di adeguati ristori e che questi devono essere parametrati in base alle perdite economiche reali e non, come oggi accade, prendendo a riferimento mesi non rappresentativi della reddittività delle imprese. - precisa Filippo Gérard - La nostra categoria non vuole i ristori in sostituzione dei propri utili, però ha necessità di un sostegno economico per compensare almeno una parte dei costi fissi affinché le aziende di uno dei settori strategici dell’economia regionale possano arrivare vive nel momento in cui ci sarà la ripartenza, altrimenti sarà un'ecatombe di imprese e di posti di lavoro».

Su tutte le tematiche di respiro nazionale, compresa l’interruzione del pagamento dei canoni di abbonamento Rai, i diritti Siae e le imposte locali che i singoli Comuni, da soli, non possono sospendere, sono già stati sensibilizzati la Federazione nazionale e i parlamentari.

«A livello locale, invece, abbiamo avuto modo di incontrare il Presidente e la Giunta regionale - precisa Filippo Gérard - a cui abbiamo rappresentato la situazione reale di ciò che stanno vivendo le nostre imprese e delle iniziative necessarie per affrontare questo difficile momento, da un lato sospendendo il pagamento di oneri, imposte e bollette - mutui Finaosta, energia elettrica Cva, imposte e addizionali locali - dall’altra iniettando liquidità nelle imprese e traghettarle con un minimo di serenità sino alla ripresa».

Nei giorni scorsi l’Adava ha anche chiesto ai suoi associati di compilare il questionario realizzato dalla Chambre Valdôtaine - in collaborazione con Adava e le altre associazioni di categoria - «Al fine di ottenere una fotografia aggiornata del tessuto imprenditoriale valdostano alla luce dell’evoluzione dell’emergenza sanitaria e, soprattutto, di supportare l'Amministrazione regionale nell'attuazione di future iniziative in grado di rispondere in maniera efficace alle esigenze delle imprese».

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