Patrick Favre saluta il “suo” Martin Fourcade “Per me è stato il più grande di tutti i tempi”

Patrick Favre saluta il “suo” Martin Fourcade “Per me è stato il più grande di tutti i tempi”
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Patrick Favre ha esordito in Coppa del Mondo nel 1992. Si è ritirato nel 2001, è tornato velocemente nel 2004 e poi è diventato allenatore. Ha seguito prima le azzurre della squadra A, poi dal 2018 lavora con la Francia maschile. Quasi trent’anni di biathlon da protagonista, senza contare quando seguiva questo sport da appassionato. Ne ha visti tanti, di campioni: lui stesso è stato uno di loro. Secondo ai Mondiali del 1999 a Kontiolathi, secondo nella Coppa del Mondo 1995 e 2 vittorie individuali nel circus del biathlon.

Patrick Favre – lo diciamo senza paura di essere smentiti – è uno delle persone più esperte al mondo di questo sport. Soppesa e parole da una vita, ma questa volta non può trincerarsi dietro alla sua proverbiale calma. “Ho visto Bjorndalen , Poirée, Svensen. Grandissimi atleti. Ma Martin Fourcade è stato il più forte di tutti”.

“Con lui due anni meravigliosi”

Nota a margine. Patrick Favre nelle ultime due stagioni è stato l’allenatore del tiro del biathleta francese che sabato scorso a Kontiolathi, in Finlandia, ha chiuso una carriera fatta di 152 podi in Coppa del Mondo e di 7 classifiche generali, senza contare la miriade di coppette di specialità. Che altro? 13 ori ai Mondiali e 5 medaglie del metallo più prezioso conquistate alle Olimpiadi. Patrick Favre non si sbilancerebbe, in altre situazioni, ma con numeri così non si può non farlo. “Dirò anche che è un peccato che lasci, ma la sua è una decisione che ha maturato nel tempo e che va rispettata. E forse è anche giusto così, perché un campione del suo calibro non merita di finire la carriera con gare da comprimario”. Martin Fourcade sabato scorso ha chiuso con il biathlon vincendo l’inseguimento di Kontiolathi e sfiorando la vittoria numero 8 nella classifica generale della Ibu, soffiatagli per soli 2 punti da Johannes Boe. La notizia del ritiro era arrivata nella serata di venerdì 13 e anche la squadra l’ha saputo in quel frangente. “Sì, dopo la sprint ha comunicato la sua decisione. Non è stato un fulmine a ciel sereno – continua Patrick Favre – perché dopo i Giochi in Corea del 2018 aveva già detto che avrebbe corso altri 2 anni e poi avrebbe smesso. Come i grandi campioni, è stato di parola. Ed è una fortuna per me averlo seguito in questi due anni: la stagione scorsa ha faticato, molti lo davano per finito, ma con le prestazioni di quest’anno ha confermato di essere un gradino al di sopra di tutti”. La decisione di Fourcade, racconta ancora Patrick Favre, è maturata dopo la vittoria della staffetta ai recenti Mondiali di Anterselva. “E’ un ragazzo intelligente, ha capito che era il momento giusto per dire addio. Poi, come sempre, il fato ci mette del suo: la prima vittoria in Coppa del Mondo era arrivata al Kontiolathi il 14 marzo del 2010, ha chiuso esattamente dieci anni dopo sulla stessa pista e con un altro successo”. E proprio vogliamo trovare un neo in questa bella storia, Patrick Favre ammette di essere “Curioso di sapere com’era lavorare con questo atleta nel momento più brillante della sua carriera. Ho avuto la fortuna di seguirlo negli ultimi due anni: era forte, fortissimo in certi frangenti, ma inevitabilmente nella parabola discendente della sua maturazione fisica. Non oso immaginare cosa sia stato prima”.

L’addio di Martin Fourcade ha chiaramente monopolizzato l’attenzione del mondo del biathlon in questi ultimi giorni. La stagione si è chiusa senza le gare di Holmenkollen, cancellate a causa del Coronavirus, e una volta tornato a casa Patrick Favre - insieme a suo fratello Christian, skiman della stessa nazionale francese – ha potuto finalmente fermarsi un attimo e fare una sorta di primo bilancio della stagione. “Come si fa a non essere contenti di un’annata così? – si chiede dalla casa di Bionaz Patrick Favre – Siamo partiti un po’ a rilento, ma poi abbiamo ingranato nel modo migliore. Martin Fourcade, Quentin Fillon Maillet, Emilien Jacquelin e Simon Desthieux sono stati rispettivamente secondo, terzo, quinto e sesto della classifica di Coppa del Mondo, ai Mondiali abbiamo raccolto grandissimi risultati. Personalmente sono felice anche delle ragazze italiane che ho seguito prima di questa esperienza in Francia: Dorothea e Lisa (Wierer e Vitozzi) sono sempre al top, ma non dimentico anche le altre atlete che ho avuto modo di allenare”. C’è parecchia soddisfazione, nelle parole di un Patrick Favre che spesso e volentieri viene dipinto come taciturno. “Mi guardo indietro e vedo che i ragazzi che ho seguito, nell’ultimo biennio, sono andati almeno una volta sul podio in Coppa del Mondo. Tornando all’Italia femminile, vedo gli stessi traguardi. Posso essere contento, direi”. Possono sembrare le parole di qualcuno che sta per chiudere la sua carriera di allenatore, ma non è affatto così. “Con la Francia ho un contratto fino a Pechino 2022 e ci sono tutte le condizioni per poter continuare. Peraltro, è anche una bella avventura dal punto di vista umano: sono sicuro che se non ci fosse l’ambiente che si è creato raggiungere i risultati che abbiamo ottenuto sarebbe impossibile. Si vive insieme per 6 mesi l’anno, c’è sintonia: lo sapevo già prima, ma quando a metà gennaio è scomparso il papà di Fabien Claude, uno dei miei atleti, ho capito che il gruppo era solido. Lui ha saputo metabolizzare un lutto così improvviso anche grazie agli altri ragazzi della squadra”.

Adesso c’è tempo per guardare al domani. La stagione appena finita è stata particolare nel finale, visto che dopo gli arrivi degli inseguimenti di Kontiolathi tutti hanno avuto una gran fretta di tornare a casa. “Ammetto che non è stato semplice, anche perché non sapevamo bene cosa fare. Abbiamo anche pensato di passare dalla Svizzera, ma al Consolato non rispondeva nessuno”, conferma Patrick Favre, rientrato a Bionaz domenica sera: “Dopo essere arrivato a Paris e poi a Lyon. Abbiamo fatto il Tunnel del Monte Bianco, nessun controllo di nessun tipo. In cuor mio speravo di poter concludere la stagione normalmente, a Holmenkollen, ma la salute viene prima di tutto. Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo stare attenti: i miei genitori hanno chiuso il ristorante, stiamo in famiglia cercando di rimanere tranquilli e nella speranza che tutto passi”. Vacanze? Non per adesso. “Si lavora già per la prossima stagione. Davanti a un computer, con tabelle e mail, pensando al futuro”.

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