Pascasie Clos, donna di carattere vissuta per gli altri Ha sempre creduto nei solidi valori della tradizione

Pascasie Clos, donna di carattere vissuta per gli altri Ha sempre creduto nei solidi valori della tradizione
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Il numero 8 era una costante nella vita e nei calcoli della mente di Pascasie Clos. Nata l’8 giugno del 1931, in una famiglia di 8 tra fratelli e sorelle, non aveva avuto figlie ma ben 8 nipoti, che a loro volta le avevano donato 8 pronipoti, i quali anche loro le avevano regalato altri 8 bambini da vedere crescere, tutto fino a marzo quando era arrivata - in piena pandemia - la piccola Julie Fragno, nata da Natalie Clos e da Michel, la bimba che le aveva aperto il cuore e che portava il nome della sua nonna, Julie Quendoz, morta di parto, e della sorella Julie che era la compagna di una vita.

Per una volta 9, aveva pensato Pascasie, festeggiando la nascita come un segnale di bene in un mondo che a volte non riconosceva più. Lei cresciuta come figlia di Louis Clos e di Maria Albina Bionaz e come sorella di Desiré, il primogenito del 1918, e poi di Adolphe, Alexandre, Antoine, Julie, Jean Baptiste e Innocent. Una grande famiglia di una volta, con valori molto solidi e anche tanta fede, visto che per Pascasie si erano aperte a 10 anni le porte del Collegio di San Giuseppe di Aosta, seguite dal noviziato che però aveva deciso di non concludere. Famiglia traumatizzata nel 1940, dall’improvvisa perdita di Desiré all’Ospedale militare di Torino per una meningite fulminante mentre era sotto le armi e solo 3 mesi dopo da quella del papà Louis, reduce dalla guerra di Libia e dal primo conflitto mondiale, contabile in banca a Torino, che aveva perso il lavoro per non essersi iscritto al Partito Fascista e che però non aveva perso i suoi principi tanto da scrivere nel giugno del 1940 una lettera direttamente al Capo del governo Benito Mussolini per criticare apertamente l’attacco alla Francia.

Con la morte di Louis - mentre Adolphe e Antoine erano soldati, il primo evitò il fronte russo per un fortunata coincidenza, il secondo la deportazione saltando dal treno in corsa, e Alexandre studiava a Bairo per diventare missionario laico dai frati Maristi, sarebbe poi stato insegnante in Brasile e ad Aosta - la mamma Maria Albina si trovò da sola a fare fronte al sostentamento della famiglia. Così tutti dovettero partecipare e Pascasie partì dalla Valle d’Aosta, in quegli anni molto povera, per diventare nel 1957 la cuoca di un collegio religioso a Lausanne. Per 10 anni fu quello il suo compito e per 10 anni coltivò l’amicizia con René Gérard, l’albergatore di Cogne proprietario con il fratello Cyprien dell’Hotel Grand Paradis. Si sposarono a febbraio del 1967 (vedi foto d’antan a pagina 59), quindi lei torno a Lausanne per concludere il contratto con la fine dell’anno scolastico per arrivare a Cogne in estate. Il Grand Paradis divenne così la sua nuova casa e con gli anni lei e René acquistarono e ristrutturarono case, affittarono appartamenti ai turisti, comperarono le quote mancanti degli alpeggi di La Manda e del Lauson. Sicuramente gli anni trascorsi in Svizzera come quelli passati a Cogne la misero in contatto con gente e mentalità diverse, tanto che Pascasie vedeva cose diverse, aveva un suo spirito imprenditoriale legato al mondo tradizionale proiettato in avanti, senza perderne però le caratteristiche fondamentali. Quando René morì nel 1978, lei rimase ancora qualche tempo in albergo, poi si dedicò alle sue case, in estate vivendo a Cogne ed affittando numerosi appartamenti, negli altri mesi a Jovençan, insieme a Julie e al fratello Antoine, a Turille eredità della mamma. D’altronde solamente lei e Adolphe su 8 si erano sposati e da Adolphe e Agathe Bionaz erano nati in 8 e quegli 8 erano come dei figli per Pascasie, tanto da aiutarli in ogni cosa. Poi arrivarono gli 8 pronipoti che spesso trascorrevano l’estate con lei a Cogne e che le erano sempre vicini, volendole bene come a Julie, le 2 zie di altri tempi che aprivano a tutti le porte della loro casa di Turille, dove nella serata di lunedì 30 novembre la mente di Pascasie per un momento non è stata più la stessa: un leggero ictus l’ha condotta in ospedale. Poi è iniziato quello che non avrebbe meritato, il suo tampone diventato positivo per errore, il ricovero nel reparto Covid, la comunicazione dello sbaglio, arrivata troppo tardi, la positività al virus, l’isolamento senza più avere contatti con la sua grande famiglia, le notizie frammentarie, fino alla comunicazione asettica del decesso, avvenuto nel pomeriggio di martedì 19 gennaio, sola in una stanza, mentre tutti i suoi tanti 8 avrebbero voluto starle a fianco ed accompagnarla nel suo nuovo percorso, in quel cammino dove il numero 8 per i cattolici significa l’eternità e la resurrezione di Cristo e dell’uomo.

Venerdì scorso, 22 gennaio, a Jovençan sono scesi da Cogne e sono arrivati da tutta la regione per salutare Pascasie Clos, donna di carattere vissuta per gli altri, che ha sempre creduto e trasmesso i valori della tradizione, a cominciare dal rispetto e dalla considerazione.

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