Paola Séris, la ragazza timida di Saint-Vincent che viaggiando è diventata guida turistica

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«L’inverno del 1945 fu particolarmente nevoso ed io decisi di nascere il 22 dicembre proprio nel bel mezzo di una tormenta». Inizia così la bella storia di Paola Séris, una donna umile e riservata che ama le sue radici che hanno origine a Grun, un piccolo villaggio sulla collina Saint-Vincent dove è venuta al mondo ed è cresciuta, un luogo amato tanto da tornarci a vivere dopo un percorso di vita intenso e ricco di soddisfazioni.

E' però necessario fare un passo indietro e tornare proprio al 1945. «Mia mamma si chiamava Leontina Fosson, per tutti “Leo”, - racconta Paola Séris - ed era nata nel 1922 a Petit Rhun, il villaggio appena sopra Grun. Quel 22 dicembre aveva dovuto sopportare i dolori del parto senza l’aiuto dell'ostetrica che era arrivata solo all'ultimo momento a dorso di un asino. Non amava molto la vita contadina ma la nostra semplice casa era sempre impeccabile, mamma “Leo” non sopportava il disordine neanche nella stalla. Più tardi trovò un lavoro come estetista ad Aosta che la gratificò molto. Mio papà si chiamava Abel Séris ed era nato a Grun nel 1920, ultimo di cinque figli, ed aveva dedicato tutta la sua vita alla campagna e alle mucche.»

Quella generazione visse le atrocità del secondo conflitto mondiale. «Purtroppo, come tutti i giovani di allora - ricorda Paola Séris - papà fu mandato in guerra e a ventuno anni si ritrovò in Albania dove nel 1941 un suo fratello, Tio, trovò la morte. Dopo l’armistizio dell’8 settembre1943 entrò nelle bande partigiane e rischiò la fucilazione da parte degli ex alleati tedeschi.»

Vale la pena di raccontare come si svolsero i fatti. «Era la fine del mese di dicembre del 1944 e come erano soliti fare, i partigiani si erano ritrovati nel villaggio di Grun in quella che era “lo mite dé l’écoula”, la casa della scuola. I tedeschi, probabilmente avvisati da qualcuno, arrivarono per un rastrellamento e per fortuna i ragazzi riuscirono a scappare nel boschi vicini. Non avendo potuto arrestare nessuno i tedeschi presero in ostaggio mio nonno Toubie e mia zia Gisa che vennero imprigionati a Saint-Vincent. Sarebbero stati liberati solo se papà Abel si fosse consegnato al loro posto. Naturalmente papà lo fece, si presentò e venne relegato nella soffitta dell’Hotel Leon d’Oro, che era diventata la sede del presidio germanico di Saint- Vincent. La mamma doveva portargli il pranzo e un giorno il soldato tedesco di guardia le disse “domani maritocaput”.»

Nel frattempo però Abel Séris aveva organizzato la sua evasione. «Pensava fosse meglio essere ucciso mentre tentava la fuga che essere messo al muro, come poi successe ad uno sfortunato uomo di Arnad che non volle tentare la fuga con papà per non intralciare il suo piano. Riuscì ad uscire da un lucernario e, passando sui i tetti innevati, scese lungo una grondaia e raggiunse la strada senza essere sorpreso. La stessa sera salì verso il Col de Joux e il giorno successivo lui e la mamma erano già nel remoto alpeggio di Mascognaz in Val d’Ayas, dove rimasero fino alla Liberazione aiutati dalla gente del posto e da mia zia Nalda che, appena quindicenne, riuscì a raggiungerli, malgrado la neve, con dei viveri e il vestiario.»

Dopo la guerra Abel Séris e la moglie Leontina Fosson si trasferirono a Saint-Vincent e precisamente a Renard dove presero in affitto dei terreni e proprio a Saint-Vincent Paola frequentò l’asilo e il primo anno delle elementari. Nel 1950 nacque il fratello Livio che da adulto rileverà l’azienda agricola di papà Abel e, successivamente, con la moglie Marisa Iannotta, avrebbe gestito per diversi anni l’Albergo Cuney a Lignan di Saint-Barthélemy a Nus.

Nel 1952 la famiglia Séris fece rientro a Grun. «Frequentai la seconda elementare nelle vecchie scuole di Moron. Ero una bambina molto timida e solitaria e a Moron c’erano dei ragazzi grandi che mi facevano paura. Mamma decise allora di mandarmi a Petit-Rhun dalla nonna Marie Trèves che, essendo stata da giovane una maestra di villaggio, mi avrebbe seguita meglio. La scuola di Amay, nell'ultimo villaggio prima del Col de Joux, dove sarei andata, era magnifica ed ero in una pluriclasse di una decina di bimbi. La mia insegnante Mariuccia Torrent era dolce, paziente e noi bambini le volevamo un bene dell’anima. Il periodo delle scuole elementari è stato tra i più belli della mia infanzia. Mi ricordo le mattine d’inverno quando la nonna mi svegliava verso le sei affinché l’aiutassi a portare le mucche all’abbeverata. Come ricordo il ripasso delle lezioni e del catechismo in francese ma guai a sbagliare, nonna era severissima.»

Durante l’estate per i bambini il tempo per giocare non era molto, c’erano le bestie da condurre al pascolo, c’era da aiutare a fare i fieni, a tagliare la segale, insomma bisognava rendersi utili.

«Devo dire che a me non è mai pesato il lavoro della campagna e l’unica cosa che mi mancava erano i libri. Avevo letto tutti i volumi della piccola biblioteca della scuola di Amay, leggevo con il nonno Toubie “La Domenica del Corriere”, che mia zia Gisa gli faceva sempre avere. La mamma acquistava “Grand Hôtel”, ma era una rivista che non mi interessava, a me interessavano i libri che purtroppo non potevo permettermi, così li guardavo a lungo nelle vetrine.»

Dopo le elementari è seguito un periodo piuttosto difficile. «Le scuole medie frequentate al “Gervasone” di Châtillon sono state un calvario. In quella scuola i bulli imperversavano e la timidezza che pensavo di aver un poco superato era ricomparsa e con lei il pessimismo. Ero una studentessa meno che mediocre. Amavo le materie letterarie e ho un ricordo piacevole della professoressa Alma Fosson, un'insegnante straordinaria che mi ha aperto la mente alle cose belle dell’arte, della musica, della poesia.» Nel 1961 quindi Paola Séris si affacciava per la prima volta al mondo del lavoro. «Ottenuta la licenza media sono stata occupata per un certo periodo in un ristorante a Settimo Torinese come cameriera. Il lavoro mi piaceva soprattutto perché mi permetteva di portare guadagnare abbastanza.»

Comunque il suo sogno era quello di trovare impiego in un ufficio. «Mi rendevo però conto di non averne i titoli e così mi sono trasferita in Svizzera, a Nyon, da mia zia Caty Séris per frequentare una scuola serale a pagamento di “Commerce et Secrétariat” per ottenere il diploma. Avevo chiesto alla zia Caty di trovarmi un lavoro domestico presso una famiglia che mi permettesse di guadagnare qualcosa per pagarmi gli studi. A sedici anni mi sono ritrovata così a “gestire” una villa sul lago Leman, a Ginevra. La padrona di casa, Madame Kocher, era speciale ed una volta capito che amavo leggere mi aveva aperto la porta della sua immensa libreria ed io sono entrata nel mio mondo dei sogni. Finiti i “devoirs” leggevo sempre, anche fino alle due di notte.»

Ottenuto il diploma, arrivò il rientro a casa e subito un'altra partenza. «Ero stata assunta come segretaria d’albergo all'Hotel Chateau des Dames a Breuil-Cervinia e mi ero subito accorta che l’inglese era indispensabile, pertanto con grande disappunto del mio datore di lavoro, mi sono licenziata. Ho ripreso la valigia raggiungendo Londra per lavorare come ragazza alla pari in una famiglia. In Inghilterra le scuole per stranieri erano numerose e ne avevo trovata una piuttosto vicina a dove abitavo. Mi ero iscritta a un corso di inglese e con le due sterline settimanali che percepivo pagai l’iscrizione e in più, visto che facevo del lavoro straordinario per la famiglia, la padrona di casa, la signora Carter, mi aveva offerto una decina di lezioni private. Appena mi ero resa conto che potevo capire l’inglese ho frequentato un corso di “Commercial English”, ottenendo il diploma base.»

A diciannove anni per Paola Séris arrivò l’ora di un nuovo il rientro a casa. «Ho lavorato prima all’ufficio estero dell’ex, purtroppo, “Fera” di Saint-Vincent, fabbrica specializzata in ricambi per motori diesel, e poi a Torino in una ditta di arredi per bagno. Erano occupazioni ben retribuite e finalmente riuscivo a comprarmi tutti i libri che desideravo».

Poi, come spesso accade, il caso della vita arrivò sotto forma di un invito alle nozze di una cara amica e fu in quell’occasione che Paola Séris conobbe quello che sarebbe poi diventato suo marito, Rinaldo Barrel, classe 1940, all'epoca dipendente dell’Enel. «Ci siamo sposati il 14 agosto del 1971 al Santuario di Grun, una bellissima cappella dedicata all'Immacolata e a San Lorenzo, ed è nato subito mio figlio Mien e un anno dopo mia figlia Angèle. D'accordo con mio marito Rinaldo ho preferito lasciare il lavoro per fare la mamma a tempo pieno ed occuparmi di loro.» Passano gli anni e con i bambini che stavano crescendo ecco materializzarsi per Paola una grande opportunità. «Ho avuto la fortuna di poter frequentare il corso per guida turistica e finalizzare così tutti i miei interessi culturali. Non ero più pessimista come da ragazza ma non mi sarei mai aspettata un’occasione del genere. Tutto quello che avevo visto nei vari musei, nelle chiese e tutto quello che avevo studiato sugli innumerevoli libri di storia e dell’arte mi è tornato utilissimo.»

Nel febbraio del 1983 ottenne quindi il tanto desiderato patentino di guida turistica, attività esercitata sino al 2006. «Da quel momento è iniziato per me il periodo lavorativo più bello e soddisfacente della mia vita. Non era un lavoro ma un piacere immenso. La passione che mettevo nel fare conoscere la mia valle mi gratificava e riuscivo a trasmetterla a chi accompagnavo. I primi tempi ho dovuto prendere le misure ed adattare le spiegazioni alle persone adulte, piuttosto che ai bambini e ai ragazzi delle superiori tuttavia normalmente ci riuscivo piuttosto bene. Non mi sono mai posta nei confronti delle persone che accompagnava come “quella che sa tutto”.»

«Ho avuto l’onore di accompagnare giornalisti, studiosi, professori, politici, sacerdoti, - evidenzia Paola Séris - tutte persone di grande cultura. Ricorderò sempre un gruppo di esperti in castellologia che non si erano accontentati di Fénis, tanto che li accompagnai per giorni interi tra Graines, Montmajeur, Saint-Denis e Châtelargent, discorrendo di date, tecniche costruttive, committenti, signorie e quant’altro. Oppure un gruppo di nobili bergamaschi che ha voluto seguire i Savoia e gli Challand attraverso i loro castelli quindi a Bard, che era ancora all’abbandono e che con l’aiuto delle persone benemerite che se ne occupavano volontariamente ero riuscita a fare aprire per noi, e naturalmente Issogne, Verrès, Fénis, Sarre in Valle d’Aosta, Chambéry, Hautecombe, Ripailles in Savoia e a Chillon in Svizzera. Il servizio che ricordo con più piacere è comunque stato quando ho accompagnato le mogli di alti ufficiali del IV° Corpo d’Armata dell’Esercito Italiano. Dopo la visita del castello di Issogne l’ufficiale degli Alpini che accompagnava signore mi si era avvicinato per chiedermi se avessi avuto problemi o paura a fare un giro in elicottero e subito avevo risposto di no. Mi era parso un sogno sorvolare la Valle d’Aosta da Pollein, a Valtournenche, fino al Cervino, poi Ayas, il monte Zerbion, la valle centrale fino a Courmayeur e fiancheggiare le pareti del Monte Bianco prima dell'atterraggio.»

Non mancano aneddoti anche molto curiosi nelle avventure di guida di Paola Séris. «Ero con un gruppo di bambini in visita al Parco del Gran Paradiso e precisamente a Valnontey: in lontananza si vedevano i camosci e gli stambecchi quando il capogruppo mi chiede quando saliamo sui camosci?. In effetti sul loro programma c'era ben specificato “salita sui camosci”, sembra incredibile ma era scritto proprio così.»

Come sempre a tutto c'è un inizio e una fine. «Nei primi anni, dal 1983 in poi, ero l’unica guida a svolgere l’attività a tempo pieno e così lavoravo veramente tanto. Con il passare del tempo si erano aggiunte altre guide più giovani e il lavoro era diminuito e cambiato improvvisamente. Non più gruppi che si fermavano alcuni giorni, anche una settimana, ma solo richieste per un giro città ad Aosta e per la visita a uno o due castelli. Non c’era più la possibilità di entrare nella storia e nella geografia del territorio, nei costumi, nelle tradizioni e come lavoro lo trovavo limitativo. Nel 2006 ho così abbandonato l’attività anche se mi presto volentieri ancora oggi ad accompagnare le classi dei miei nipotini e qualche amico per alcune uscita. Le vecchie agenzie per le quali ho lavorato per anni mi contattano tuttora e a volte mi rendo disponibile per accompagnare i loro gruppi, perché è sempre un’attività appassionante.»

Nella vita di Paola Séris non c'è stato solo il lavoro. «La vita privata mi ha riservato parecchie soddisfazioni, un matrimonio riuscito e due figli laureati. Mien è architetto anche se non esercita la professione, ed è diventato guida turistica e non solo, è guida escursionistica e naturalistica e maestro di sci in svariate discipline. Angèle, sposata con Marco Bortolotti, è agronomo, ed è una stacanovista del lavoro e mi ha regalato due splendidi nipotini, Teseo di dodici ed Enea di undici anni che sono i miei “piquiôt angé” e “piquiôt solèil”. Per noi avere due ragazzi laureati è stato il massimo della soddisfazione. Quando erano giovani ci hanno fatto tremare per la loro smodata passione per la montagna, ambiente a cui li ho avvicinati io, raccontando loro delle mie escursioni in montagna con papà, della mia passione per Walter Bonatti e del mio sogno ricorrente e preferito che mi ritraeva mentre salivo sul Cervino guidando una spider rosso fuoco decappottabile, zigzagando come un pilota di Formula uno. E così la prima salita al Cervino fatta dai miei figli e da mio genero Marco, portata a termine per festeggiare i diciotto anni di Angèle, mi è stata dedicata, in onore a questo pazzo sogno». «Cosa mi aspetto per il futuro? Che finisca il Covid perché voglio vedere crescere i miei nipotini e perché con mio marito Rinaldo vogliamo ancora concederci qualche bel viaggio. E anche perché devo godermi ancora la mia casa a Grun e perché voglio continuare a parlare “mon patoué” e ad amare la mia valle.»

Quanta umanità nel racconto della vita di Paola Séris, una donna che, malgrado la voglia di conoscere il mondo, non si è mai allontanata dalle sue radici ed è stata capace di regalare emozioni forti con la sua semplicità, lasciando un’impronta indelebile nelle migliaia persone che ha incontrato e che ha coinvolto nel suo entusiasmo e nella sua voglia di raccontare una Valle d’Aosta fatta di memoria e di valori semplici e concreti.

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