Oscar Torretta: «La questione identitaria»
Intorno al tavolo dell’affollato dibattito sull’autonomia credo non possano mancare coloro che intendono occuparsi della “questione identitaria”. Questione complicata, malgrado quando utilizzata nel parlare comune sembri rinviare a realtà dotate di uno statuto di oggettività. Indiscutibilmente essa è una delle fomule più usate nell’ambito delle scienze umane e sociali, dalla sociologia alla linguistica, dall’antropologia alla psicologia, dalla politologia alla storia. Come facilmente constatabile essa è inoltre abbondantemente utilizzata nel linguaggio politico ed in quello giornalistico e televisivo. In questi ultimi casi la nozione d’identità è soprattutto impiegata per ribadire o esprimere rivendicazioni da parte di gruppi, partiti, categorie, comunità (ed è quindi uno strumento di ordine operativo e pratico), mentre nel caso delle scienze umane e sociali intende essere soprattutto uno strumento di analisi di realtà collettive ed individuali. Ma perchè è indissociabile dall’attuale dibattito sull’autonomia? Per tante diverse ragioni, ma soprattutto perchè negli ultimi centocinquanta anni le rivendicazioni autonomistiche valdostane almeno in due congiunture storiche sono state asseverate e proclamate sulla base di esigenze ed aspirazioni identitarie (etnico/linguistiche). A questo scopo sarebbero stati enfatizzati alcuni tratti idiosincratici, considerati immutabili. Ma la discontinuità storico-culturale ci dice altro. Pertanto se per identità valdostana s’intende far riferimento al progressivo sviluppo di un nucleo originario rimasto permanente nel corso del tempo, è chiaro che la narrazione è parziale o forse meglio dire, errata. L’identità come la tradizione non sono entità statiche. Entrambe evolvono nel tempo. Esse sono, se così si può dire, continuamente inventate e reinventate. Certamente vengono reinventate ad ogni nuova generazione (vedi Eric Hobsbawn) nel momento stesso in cui raccolgono le eredità culturali di quelle precedenti. I cambiamenti economici e demografici del dopo guerra hanno inoltre, come risaputo, modificato gli assetti biologici e culturali nella nostra Regione. Le verità familiari cognitive e morali, non-filosofiche, legate al generico sistema di vita alpino valdostano, sarebbero terminate tra il 1924 ed il 1944 quando con l'arrivo in Valle, prevalentemente da altre regioni italiane, di approssimativamente trentaseimila nuovi residenti l’incorruttibilità quotidiana dello spazio immaginativo sarebbe scivolata verso nuove forme d'ordinaria immaginazione.
Allungatasi, a partire dalla fine della seconda guerra mondiale, l'aspettativa di vita e con essa l'estensione e l'ibridazione della memoria collettiva genealogica e storica, modificate le pratiche matrimoniali, allargati i reticoli amicali, parentali e clientelari, impostosi l'italiano quale lingua veicolare, evaporati a partire dal boom economico degli anni sessanta, a favore della moderna sovrabbondanza d'avvenimenti e valori individuali, molti degli ideali legati "alla comunità del destino" solo la descrizione statica di una società immobile sarebbe rimasta invariata sino ai giorni nostri, quando a "contaminazione" avvenuta il pensare la "cultura locale" in modo tradizionale si sarebbe fatto più problematico. Come se ciò non bastasse la globalizzazione, col suo prepotente ingresso nelle nostre vite, aprendo nuovi scenari ha fatto il resto. Su di essa non mi soffermerò a ragionare, se non per dire che quello che si pensava essere un rapporto di relazioni economiche senza restrizioni ha comportato invece implicazioni sociali e politiche molto più ampie. Ora la questione è come riaffermare un progetto comune e come giustificare coerentemente all’etimologia greca del termine autonomia la volontà di auto determinarsi e di governarsi attraverso le proprie leggi?
I cammini possono essere plurimi e complementari. Come scritto all’inizio di quest’articolo l’identità può essere coniugata in varie accezioni, non ultima, malgrado la deterritorializzazione sia una caratteristica del mondo moderno, quella territoriale. Lo spazio come luogo di fruizione giuridico-amministrativa. Gli storici avranno senz’altro da dire di più e meglio al riguardo, ma mi sembra che, senza far riferimento a particolari valori culturali o alla lingua parlata se non per l’imposizione della controparte dell’uso del francese al posto del latino, l’autonomia venne definita, proclamata e difesa in Valle d’Aosta già nel passato. A partire del sedicesimo secolo, per circa due secoli, le classi dirigenti valdostane qualificarono, difesero e definirono il Ducato di Aosta come “provincia separata”, avente diritto di godere di particolari istituzioni di autogoverno e di larghi privilegi fiscali.
Malgrado la fine delle ideologie e delle grandi narrazioni abbia portato ad un eterno presente e ad una politica incentrata sull’immediato, senza prospettive particolarmente lunghe, credo che il richiamo alla storia possa essere riallacciato all’idea di comunità che tuttavia dovrebbe fondarsi sulla percezione che i suoi membri hanno, nel tempo presente, di loro stessi e della vitalità della propria cultura. Qui sta la vera sfida! Precondizione per vincerla è, a mio modo di vedere, lo studio, l’analisi antropologica e sociale, per poi eventualmente agire sul rinnovamento simbolico della comunità. Come possiamo fare per non buttare via il bambino e l’acqua santa? Come far diventare la comunità una risorsa ed un deposito di significati e referenti identitari, in un tempo in cui tutto avviene e si consuma in fretta ed anche i legami appaiono fragili ed effimeri? In un tempo in cui gli individui hanno la possibilità di scegliere tra identità alternative e la frammentazione degli universi culturali è grande così come i nuovi immaginari?
Io credo sia necessaria una buona dose di realismo e di praticità quindi che l’identità sia innanzitutto coniugata nella sua accezione di strumento di ordine giuridico-amministrativo. Questa è la base. Ora capire come fare il resto è più complicato e non affrontabile in quest’articolo. Come detto, utili al riguardo sarebbero idonee ricerche, confronti, ecc., che tuttavia non dovrebbero partire solo da ricette antiquate di sovranità in un mondo in cui nessuna persona, regione o nazione può stare in piedi da sola senza una profonda coooperazione con gli altri.