Orti di montagna, esperienze a confronto a Cogne. La mostra fotografica visitabile fino alla fine dell’estate
Nella mattinata di sabato scorso, 17 giugno, Cogne ha ospitato un duplice evento di valorizzazione della filiera orticola locale (nell’ambito della Strategia Aree Interne Grand-Paradis, coordinata dall’Unité des Communes valdôtaines Grand-Paradis): l’Atelier-Café de montagne e l’inaugurazione della mostra fotografica “Orti di montagna: chi coltiva la terra crede nel futuro” di Francesca Alti, seguiti da una tavola rotonda di confronto tra le esperienze.
L’Atelier-Café de montagne è stato avviato dai saluti del sindaco di Cogne, Franco Allera: «Pur essendo prettamente votata all’allevamento, la nostra vallata presenta esperienze agricole molto coraggiose che affrontano la sfida della coltivazione ad alta quota, come già peraltro accaduto con la segale ai primi del ‘900» ha commentato.
La mattinata è proseguita con la presentazione della mostra fotografica «Orti di montagna: chi coltiva la terra crede nel futuro» di Francesca Alti, che resterà visitabile sino alla fine dell’estate.
Adolfo Dujany, fiduciario della condotta di Slow Food Aosta, ha voluto ricordare «l’esigenza di espandere la coltivazione e la commercializzazione dei prodotti ortofrutticoli locali, rafforzando il rapporto con il nostro terroir e sensibilizzando circa la positiva connessione tra un cibo buono e pulito e il proprio benessere personale».
L’orticoltura valdostana richiederebbe, a parere dei partecipanti, un rafforzamento finalizzato a soddisfare una richiesta superiore all’offerta del mercato alla ricerca di cibi a chilometro zero.
L’antropologa Virginie Deguillame ha approfondito il discorso con un focus sul ruolo della cultura immateriale nella filiera orticola, «un sapere che si trasmette di generazione in generazione, legato sia al versante della sussistenza sia ai riti, anche religiosi, sia a momenti di comunità e di collaborazione in concomitanza con il raccolto».
È seguito uno scambio di vedute basate sulle esperienze di produttori e ricercatori.
Nella sua azienda agricola Le Motte di Cogne, Giorgio Elter ha avviato un’attività orticola a 1.800 metri di altitudine, costruendo una filiera completa coltivando e vendendo i frutti del proprio lavoro tra mercati e bilanciando costi giornalieri e utile.
«La mia agricoltura può dirsi completamente biologica, poiché priva di contaminazioni inquinanti dall’esterno e nutrita con acqua pulita proveniente da 2 mila metri e da sopra ogni insediamento umano. - ha osservato Giorgoi Elter - A queste quote le piante non soffrono nemmeno avversità bioetiche quali patogeni, funghi e insetti bensì vivono in un proficuo equilibrio con l’ambiente circostante».
Emilia Berthod dell’azienda agricola «Da Emy» di Valsavarenche si è avvicinata a questo mondo «più per l’amore per il génépy da me scoperto durante una visita al Giardino Paradisia nella mia infanzia che per mera economia, ampliando da sei anni a questa parte grazie al supporto commerciale di mia figlia»; oltre a beneficiare di «momenti di incontro con i colleghi, occasione di allargarsi a nuovi mercati e a nuove prospettive, amo condividere il mio impegno con il cliente, permettendogli di vedere i miei campi e di vivere di prima mano la mia esperienza per fargli comprendere la qualità delle mie coltivazioni e fidelizzarlo ai miei prodotti e ai miei valori».
Alessandro Neyroz, presidente del consorzio OrtoVda e in passato insegnante dell’Institut agricole régional, ha insistito sulla necessità di avvicinare gli esperti e i professionisti del comparto agricolo con l’obiettivo di rafforzare il consumo nostrano.
«È in corso un procedimento da parte del Celva di costruzione di uno schema di appalto verde per poter fornire i nostri prodotti orticoli alle mense di scuole di livello comunale. - ha concluso - Anche questo incontro ha contribuito a potenziare la cooperazione tra gli operatori e le reti di cui fanno parte per incrementare la quantità e la qualità dei prodotti valdostani».