«Ora i ristori, non possiamo aspettare la primavera» Regna il pessimismo tra albergatori e maestri di sci

«Ora i ristori, non possiamo aspettare la primavera» Regna il pessimismo tra albergatori e maestri di sci
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Visto lo stop alla mobilità tra le regioni fino a lunedì 15 febbraio contemplato nell’ultimo Dpcm, la Valle d'Aosta è sempre più vicina a mettere in archivio la stagione dello sci. Destinata a non partire. Senza sciatori provenienti da Lombardia (presto zona rossa), Piemonte e altre regioni vicine, non ha senso iniziare. Nel decreto circolata nei giorni scorsi si parla comunque espressamente di apertura delle piste agli sciatori amatoriali dal 15 febbraio in poi. La chiusura dello sci finora ha generato una perdita complessiva tra gli 11 e i 12 miliardi di euro all'economia di montagna - secondo la prima stima fatta dalle Regioni - che ora ha bisogno di almeno 5 miliardi di ristori. Per far fronte alla situazione la Valle d'Aosta sta valutando di aprire alcune piste dei comprensori sciistici per la pratica dello scialpinismo. Tale apertura «Potrebbe dare una mano alle attività economiche che sono sulle piste - ha detto il presidente della Regione Erik Lavevaz - anche se lo scialpinismo non porta certo i flussi dello sci alpino».

«Mi sembra abbastanza inverosimile che la stagione dello sci possa partire il 15 febbraio, io non sono così ottimista»: è quanto spiega Valeria Ghezzi, presidente dell'Associazione nazionale esercenti funiviari (Anef) che riunisce le società degli impianti di risalita italiani. «Per carità, se poi il contagio dovesse calare e le cose dovessero girare in maniera diversa tutto può succedere - aggiunge - ma mi sembra veramente difficile pensare che la stagione possa partire». Secondo Valeria Ghezzi «Il tema è ora quello dei ristori che devono consentire la sopravvivenza delle imprese almeno fino al dicembre 2021».

Adava, ora i ristori«La chiusura delle regioni fino al 15 febbraio decreta, almeno fino a quel giorno, la morte del turismo della Valle d’Aosta e l’impossibilità di aprire. E’ in forse l’intera stagione». Parole di Filippo Gérard, presidente dell’Adava, l’associazione che raduna gli albergatori e gli operatori della ricettività della nostra regione. Ieri, venerdì 15 gennaio, ha incontrato in una lunga riunione i delegati di comprensorio. «Fino a quando non ci sarà la possibilità di muoversi liberamente, nessuna attività del settore avrà speranza in Valle d’Aosta. - puntualizza - Continuiamo a vedere divieti, non soluzioni. Abbiamo strutture che spendono 10mila euro al mese per restare chiuse, 150 euro al giorno di gasolio per non far gelare i tubi. Rimane la speranza che la stagione riparta dopo il 15 febbraio almeno per le stazioni che hanno piste a quote alte e possono ospitare sciatori anche più avanti in primavera».

«La montagna ha bisogno di ristori affinché le aziende possano arrivare vive nel momento in cui ci sarà la ripartenza, altrimenti sarà un'ecatombe di aziende e di posti di lavoro». E' questa la richiesta degli albergatori valdostani a fronte di una stagione invernale che molto probabilmente non partirà. «Dobbiamo essere consapevoli - aggiunge Filippo Gérard - che questa situazione finirà e quando ripartirà dobbiamo essere pronti». L'associazione ha chiesto in un incontro alla Giunta regionale di farsi «Portavoce con il governo della posizione della montagna che è la più penalizzata rispetto ad altre realtà: nel nostro caso tutta l'economia è condizionata dalla arrivo della gente da fuori valle». Secondo Filippo Gérard «La situazione in cui ci troviamo è inedita, non era mai successo prima che gli alberghi fanno debiti per restare chiusi: non vogliamo fare profitto e utile con i ristori, però bisogna avere urgentemente gli indennizzi per coprire le spese alle quali non ci possiamo sottrarre dalla chiusura».

«La Giunta ha dimostrato di essere attenta e pienamente consapevole della situazione, - dice ancora Filippo Gérard - ci auguriamo che questa consapevolezza si possa tradurre in tempestività delle risposte. Anche se il bilancio regionale permette di avere delle risorse in primavera, come ci è stato detto, noi non possiamo aspettare la primavera per sapere di che morte dobbiamo morire, anche perché abbiamo aspettato fino ad oggi per sapere quale sarebbe stato il nostro destino e di settimana in settimana sono cambiati gli scenari».

«Gli albergatori di montagna si mettano il cuore in pace e lascino chiuse le proprie strutture per tutto l'inverno» afferma Filippo Gérard. Un consiglio, precisa, non una «direttiva» dell’associazione. «In questa situazione siamo costretti a dare un consiglio paradossale ai colleghi che sono così disperati che vorrebbero aprire a tutti i costi, però la disperazione offusca la ragione: state fermi, rimanete chiusi, fate i conti, se si apre aumentano solo le spese di gestione senza possibilità di clientela» conclude.

Maestri sconcertati«Siamo sconcertati e delusi, per noi questo vuol dire annullare, azzerare la situazione» rivela amareggiato Beppe Cuc, presidente dell'Associazione Valdostana Maestri di Sci e del Collegio Nazionale Maestri di Sci. «Anche perchè se le certezze sono quelle che ci hanno dato prima di Natale, cioè apertura il 7 gennaio, poi il 18, non è detto che il 15 febbraio sia una data certa. A questo bisogna aggiungere un’altra incognita: cioè se le società di gestione dei comprensori sciistici a questo punto decideranno di aprire o no».

Per Beppe Cuc «E’ chiaro che alla fine della storia noi avremo registrato una situazione drammatica dal punto di vista economico. In questo momento ormai siamo concentrati sui ristori».

Per i maestri di sci italiani si parla di una perdita di circa 170 milioni di euro. La stagione per quelli valdostani vale una quindicina di milioni. Quando si parla di maestri di sci, si intende sci alpino, discesa e snowboard e nella nostra regione sono 1.500 in tutto. «Stiamo lavorando in questi giorni direttamente con la parte governativa che si sta occupando dei ristori, della famosa tranche numero 5, quella che era attesa dopo il via libera allo scostamento di bilancio. Contiamo di esservi inseriti come categoria per un indennizzo dedicato. Ciò di cui sono sicuro - conclude il Presidente dei maestri di sci - è che bisogna evitare ristori a pioggia, uguali per tutti. E’ venuto il momento di garantire indennizzi adeguati e mirati a chi fa davvero la professione».

“Il telefono non squilla”«La riapertura o no degli impianti è un falso problema, il vero problema è la libera circolazione tra regioni». Alessandro Cavaliere, titolare di Alpissima Hotels ed ex presidente di Adava, punta l’attenzione su ciò che veramente impedisce alla stagione invernale di prendere avvio.

«Da una parte gli alberghi non sono obbligati a chiudere, ma la verità è che il telefono non squilla. - rileva Alessandro Cavaliere - Ad Aosta come a Venezia non ci sono richieste. Nessuna». In questa situazione è quindi impensabile mettere in moto gli impianti di risalita per poi avere piste da sci quasi vuote. «Solo gli impianti della Valle d’Aosta, per funzionare, hanno bisogno di circa 1.000 addetti: 300 lavoratori a tempo indeterminato, più almeno 600 stagionali. Se si riaprissero però con i clienti che non possono arrivare da altre regioni, - prosegue - queste società rischierebbero il fallimento e poi, per l’impossibilità di procedere a una ricapitalizzazione imposta dalla legge Madia, non potrebbero riaprire l’anno prossimo. Possiamo permetterci questo rischio?».

Secondo Alessandro Cavaliere l’unica strada per il settore è quella di chiedere subito lo stato di emergenza: «Se nel primo lockdown tutto il sistema economico è stato paralizzato per tenere sotto controllo la pandemia, oggi c’è una parte della produzione del Paese, penso per esempio all’edilizia o all’export, che continua a lavorare anche se in condizioni non ottimali, mentre il turismo è fermo. Dobbiamo prendere atto di questa situazione e chiedere misure straordinarie».

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