Operò una paziente quando era in quarantena, iniziato il processo La difesa: «Non sono stati commessi reati ma è stata salvata una vita»

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È iniziato giovedì scorso, 23 settembre, davanti al giudice monocratico di Aosta Maurizio D'Abrusco, il processo per il medico di chirurgia vascolare Gianluca Iob, che ad aprile dello scorso anno operò una paziente nonostante fosse in quarantena perché positivo al Covi-19. A processo anche l'allora direttore sanatorio dell'Usl valdostana Pier Eugenio Nebiolo e il responsabile del 118 Luca Cavoretto.

Per tutti e 3 l'accusa è di aver violato la normativa sulla quarantena. Il pm Francesco Pizzato aveva chiesto per gli imputati un decreto penale di condanna a 5mila euro, impugnato dalla difesa che ha chiesto di andare a processo. Dopo il deposito della lista dei testimoni di accusa e difesa, una decina in tutto tra i quali l'ex sindaco di Aosta Fulvio Centoz, il giudice ha rinviato il processo a lunedì 22 novembre. Parte della tesi d’accusa ruota infatti attorno al fatto che lo spostamento del medico avvenne senza che fosse stata sospesa l’ordinanza di isolamento sottoscritta dalla vicesindaco all’epoca dei fatti Antonella Marcoz, dato che Fulvio Centoz era temporaneamente indisponibile, in quanto a sua volta isolato a seguito del contagio da Coronavirus. Stando agli accertamenti inquirenti, Fulvio Centoz era stato raggiunto telefonicamente dall’Usl in quella circostanza, ma non la sua vice che aveva firmato l’atto di quarantena, che ha riferito di non essere stata contattata in merito. Secondo l'accusa, il medico era positivo e quindi non avrebbe potuto svolgere l'intervento, autorizzato dallo stesso Pier Eugenio Nebbiolo con una e-mail. Il medico sarebbe stato portato in ospedale per eseguire l'intervento, e poi riportato a casa in ambulanza. Il tutto, appunto, violando l'ordinanza di isolamento domiciliare emessa dalla vicesindaca Antonella Marcoz. Il medico ha sempre respinto le accuse. Per l'avvocato dei 3 imputati Corrado Bellora «Non è stato commesso alcun reato, è stata salvata una vita umana». Le indagini sono state condotte dal nucleo investigativo dei carabinieri di Aosta.

L’intervento aveva riguardato una 60enne straniera, colpita dalla dilatazione dell’arteria splenica Le autorità sanitarie avevano valutato l’operazione “salvavita”, ma nella tesi della Procura era invece percorribile un’alternativa non operatoria e, se la chirurgia fosse stata l’unica strada, per gli inquirenti non è spiegabile come il chirurgo vascolare reperibile in quel turno non fosse stato nemmeno contattato.

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