Nino Balbis, il rombo del suo motocarro accompagnò gli anni più belli di Aosta
Il motocarro Guzzi parcheggiato in via Losanna, gli occhi sul giornale e la voce tonante per una battuta a chi entrava al Bar de La Vallée: seduto nel tavolo alla destra della porta Nino Balbis conosceva tutti ad Aosta e tutti conoscevano lui.
D’altronde Giovanni - per tutti Nino - era venuto al mondo al primo piano della Maison Savouret, il 10 dicembre del 1928, figlio di Livio e di Letizia Bertolin di Verrès, a pochi metri da quello che sarebbe diventato nel tempo il suo quartier generale, cioè il Bar de La Vallée. Orfano ad appena dieci anni del papà Livio, dopo le elementari aveva accantonato i giochi dei ragazzi per andare a lavorare come apprendista nella segheria della zia Cesarina Bertolin in via Festaz, proprio davanti alla Maison Savouret. Il suo mondo quindi era rimasto racchiuso tra l’antica via Challand con il Bar Juventus, i prati che portavano ad arrampicare sulla torre di Bramafan, i passaggi per andare sulla spiaggia della Dora a fare il bagno, le strade medievali della città, l’Ospedale Mauriziano e il Saint Benin. Un mondo comunque vivace ed allegro di tanti giovani che passavano le serate a giocare a pallone nelle vie e nei molti spazi aperti, senza neppure sospettare che un giorno i loro luoghi di divertimento sarebbero stati occupati da enormi condomini. Quando la segheria della zia Cesarina chiuse, con i risparmi Nino Balbis acquistò il suo primo motocarro Guzzi Ercole 500 grigio scuro telonato, diventando trasportatore nella città del boom economico. Tra le vecchie case ed i nuovi palazzi, il mitico Dibello con il carro e il cavallo e Nino Balbis con il fischio rauco del Guzzi Ercole erano delle presenze fisse. Per lui oltre ai traslochi ed ai trasporti di ogni tipo, come la sabbia e la ghiaia per i muratori oppure i carichi che prelevava al deposito merci della stazione ferroviaria, arrivarono pure i cantieri della Regione fuori Aosta con il suo Ercole (ne ebbe almeno quattro, tutti uguali) che sfidava ripide salite e stretti tornanti.
Nino Balbis come tutti quelli della sua generazione, che avevano nel sangue il gioco del calcio nelle strade e nei cortili, non mancava mai una partita casalinga dell’Aosta, che fosse in serie C o in Prima categoria: settore popolari, sigaretta in bocca, seduto tra gli amici di sempre. Qualche volta si andava pure in trasferta, con tanto di pranzo prima di entrare nello stadio “nemico” con Cesco Botalla, Danilo Duriavig e Renzo Jacquemet, a volte pure con il piccolo Livio, suo figlio, nato nel 1964 dal matrimonio con Maria Enrietti, originaria di Quincinetto, ora novantacinquenne. Furono proprio queste presenze assidue allo Stadio Puchoz che appassionarono Livio al calcio, prima buon giocatore, poi preparato allenatore.
Personaggio chiave del Carnevale aostano negli anni Cinquanta e Sessanta, Nino Balbis in sella al cavallo era sempre nelle sfilate ed anzi la passione per gli animali lo coinvolgeva nella tradizionale benedizione del 17 gennaio in occasione della festa di Sant’Antonio Abate, che non ha voluto mancare mai, neppure quest’anno, a novantatré anni in Cattedrale.
Sempre allegro, con la battuta pronta, la voce forte, quando finiva di leggere i giornali al Bar de La Vallée alzava la testa per studiare il lotto dei potenziali avversari per la belote e in un attimo la partita era organizzata. Lui che urlava, Luigi Carrupt che balbettava, Carlo Vierin che studiava le carte dietro alle spesse lenti, Pino Cacciavani che dichiarava: era uno spasso solo guardarli.
Ora le battute di Nino Balbis al Bar de La Vallée sono un ricordo, come il rombo del motocarro Guzzi. Lui se ne è andato in silenzio, chiedendo come ogni giorno notizie delle sue nipoti Elisa e Giada, quelle due bambine ormai donne che gli avevano rapito il cuore. Si è spento domenica 24 luglio ma Aosta lo ha saputo solamente lunedì scorso, a funerali avvenuti.