Nello storico Aux Routiers aprirà un ristorante cinese
«Non era l’unica offerta, ma è stata quella arrivata al momento giusto». Leopoldo Gerbore, titolare con il fratello Cesare dello storico Ristorante Aux Routiers in località Amérique a Quart dove lavorava anche la mamma Ada Belotti, commenta così la decisione di chiudere il locale di proprietà della famiglia per affittarlo a degli imprenditori cinesi che da 20 anni sono in Valle d’Aosta ma che finora avevano investito in altre attività commerciali. «La mia società resta però aperta. - precisa Leopoldo Gerbore - Diciamo che ho ceduto un ramo d’azienda». Resta il fatto che la cessione di Aux Routiers ai cinesi ha destato più di una perplessità, visto che in passato Leopoldo Gerbore, che oltretutto è vicepresidente di Confcommercio Valle d’Aosta e membro di Giunta della Chambre valdôtaine, aveva espresso una posizione critica verso la politica espansionistica di questi imprenditori nella nostra regione. «Il fatto è che è il loro momento, bisogna ammetterlo. - osserva Leopoldo Gerbore - Se continuano ad aprire dei locali e i loro parcheggi sono sempre pieni di auto vuol dire che la loro formula piace e funziona». Peraltro i nuovi titolari di Aux Routiers stanno ristrutturando completamente l’immobile prima di riaprire l’attività. «Rinnoveranno completamente la struttura - afferma Leopoldo Gerbore - con quei lavori che andavano fatti già da tempo e per i quali bisogna avere i fondi necessari». Risorse economiche che, invece, Leopoldo Gerbore ha dovuto impiegare per fronteggiare le crisi che, una dietro l’altra, hanno investito la sua attività. Sono infatti lontani gli anni d’oro, quando il padre Luigi Gerbore - mancato nel 1982 - prese in affitto il locale. Era il 1967. «Mio papà non volle comprarlo - racconta Leopoldo Gerbore - perché diceva che quando sarebbe stata aperta l’autostrada non avrebbe più lavorato. Aveva ragione. Tuttavia noi lo acquistammo con un mutuo nel 1983». A fronte di una riduzione della clientela dei camionisti prese piede quella delle comitive con anche una 50ina di pullman al mese. Leopoldo Gerbore, nel frattempo, iniziò a girare il mondo per portare la cucina italiana negli Stati Uniti, in Giappone, in Thailandia e in Russia. Durante i mesi di assenza a gestire il ristorante con passione, competenza e professionalità era il fratello Cesare. La parabola discendente iniziò nel 1999 con l’incendio nel Tunnel del Monte Bianco che ne provocò la chiusura per 3 anni a cui seguì la crisi economica. Il colpo di grazia è giunto con la pandemia di Coronavirus e la conseguente chiusura forzata degli esercizi pubblici imposta dalla misure anti-contagio. «Mi ha spinto a lasciare il ristorante la delusione per un’amministrazione pubblica - si sfoga Leopoldo Gerbore - che quando gli affari andavano bene ci ha spremuto fino all’ultima goccia e quando il nostro settore era in difficoltà non ha chiesto i soldi alle multinazionali del web o ai supermercati. Il punto è che con la pandemia gli incassi si sono azzerati e le tasse sono rimaste uguali, così i ristori non sono bastati per pagare le imposte». Insomma, gli anni della pensione sono ancora lontani per Leopoldo Gerbore, classe 1965. «Continuo a lavorare come chef a domicilio, - precisa Leopoldo Gerbore - poi insegno in corsi organizzati da vari enti di formazione e a luglio sarò impegnato in Francia per avviare il ristorante di un amico. Il sogno nel cassetto è quello di aprire un locale in centro ad Aosta con mia figlia Solange, che ha 28 anni, con pochi coperti per proporre una cucina di alta qualità. Vedremo se vi saranno le condizioni per realizzarlo».