“Nata” Cuaz, esperta di reines e pioniera delle arti marziali
Ultimi giorni di settembre, quando le ombre del bosco in fondo al vallone del Clusella diventavano lunghe e i larici viravano al primo giallo. I giorni che annunciavano il ritorno a Talapé sulla collina di Aosta.
Dal Morgnoz, “Nata” Cuaz seguiva con lo sguardo la discesa delle bestie nella forte pendenza sotto le case, guardava con un po' di apprensione l’andatura incerta di suo papà Baldassare “Iencio”, curvo sul bastone ma sempre pastore, incapace di rinunciare al suo ruolo di vero montagnard.
Per Fortunata Cuaz la comba del Clusella dalla sua nascita - il 16 dicembre del 1951 - era casa, allo stesso modo della cascina di Talapé. D’altronde la valle sopra Sarre che porta al Fallère per tradizione ha sempre ospitato le mucche e gli allevatori dei villaggi alti del capoluogo valdostano e così pure per il Morgnoz. Quando salì per la prima con la mamma Tersilla Carrel e il papà Baldassare, a gestire il grande alpeggio erano il nonno Agostino Cuaz e la nonna Margherita Reboulaz. Poi nel 1957, “Iencio” subentrò al padre e fino all’estate del 2013, per cinquantasette stagioni è stato “lo devan berzé” del Morgnoz, “signore” di quelle vecchie case con gli antichi mobili in legno e la boiserie nelle stanze, le stalle quasi inagibili e il verde a precipizio nel vuoto. Tra quelle mura e in quei pascoli è cresciuta “Nata”, imparando ad amare la natura e le mucche, imparando però anche cosa significa lavorare in quell’ambiente, sviluppando un fisico vigoroso, forte come un uomo, capace di fare di tutto, senza timori.
Un fisico da atleta che tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta la portò alla palestra Coni di via Guedoz, a praticare il judo ad alto livello, cintura nera e donna pioniera nelle arti marziali in Valle d’Aosta. Tuttavia il suo vero amore sono sempre state quelle mucche - la famiglia è arrivata ad avere un’ottantina di capi - che “Nata” Cuaz accudiva in maniera esemplare, aiutando il papà e la mamma, insieme al fratello Rolando, più giovane di lei di sei anni, sposato con Carola Henry, e al nipote Wladimir, per lei un figlio.
Quando “Iencio” nel febbraio del 2014 era mancato, Fortunata Cuaz aveva continuato a gestire il bestiame, attenta a selezionare la razza, ad osservare vitelli e manzi per sperare in una futura reina, sapendo quanto tutto ciò sia difficile, soprattutto quando un appassionato arriva all’apice, come era successo a lei nel 1980 con Mora, regina regionale di primo peso nell’arena naturale della Croix-Noire. Nessuna altra l’aveva eguagliata, ma comunque Fortunata Cuaz continuava a provarci con l’impegno di sempre, nata e vissuta tra le mucche, nata e vissuta in alpeggio.
In questi giorni che nell’anno dell’allevatore sono sinonimo di désarpa e di qualche settimana di relativa tranquillità con il pascolo autunnale, “Nata” Cuaz ha sofferto ed ha sofferto tanto. Le infezioni dopo un’ernia trascurata non le hanno dato pace e pure il suo fisico così abituato alla fatica ha cominciato a cedere, fino al ricovero in ospedale, dove si è spenta nelle prime ore di giovedì 23 settembre.
Fortunata “Nata” Cuaz è stata salutata ieri, venerdì, nella piccola chiesa di Excenex, sotto il cielo azzurro di una magnifica giornata di settembre, come una di quelle giornate in cui la ricordiamo in piedi, alta e forte, con le mani sui fianchi ad accogliere con un sorriso negli occhi azzurri i tanti che salivano al Morgnoz per respirare l’aria dell’alpeggio, la sua aria.