Muratore, artista e appassionato di rebatta che ha scolpito la sua vita sulla pietra e nel legno: Emo Broccard

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Quest’anno il 30 e il 31 gennaio non sono i giorni della Foire, così come è già successo nel 2021. L’appassionato dell’artigianato di tradizione Emo Broccard di Sarre non espone più con il suo banco ma non per questo ha abbandonato l’amore per la scultura, simboleggiato dalla statua di Sant’Anselmo da lui realizzata e posizionata nell’aiuola di piazza dell’Arco di Augusto, proprio all’ingresso della via intitolata al famoso filosofo e dottore della Chiesa: statua peraltro attualmente in fase di restauro, dopo avere subito per la seconda volta dei danni da parte di vandali che si acca-niscono sulle opere d’arte.

Emo Broccard però è un muratore nel senso più alto del termine, nato dopo le sorelle Adelina del 1950 ed Ilda del 1957 in una famiglia di scalpellini il 30 maggio 1963 ad Aosta, da Leopoldo Broc-card all’epoca quarantenne, essendo del 1923, e da Alice Milesi, classe 1925, entrambi di Sarre. Il bisnonno materno, Bartolomeo Milesi, di origine bergamasca, sfruttava la cava del cosiddetto «tetto di Sarre» e ne possedeva un’altra a La Thuile con una cinquantina di operai ad inizio secolo, con carrettieri, capomastri, minatori, fabbri, muratori e falegnami. Era venuto a piedi, nel 1851, a otto anni, dalla Val Brembana e dal piccolo paese di Roncobello per raggiungere il fratello che era già a Montjovet. Fu lui - guarda i casi della storia - ad occuparsi dei primi restauri urgenti dell’Arco di Augusto, quando negli anni Sessanta dell’Ottocento fu sistemata la strada di ingresso della città.

In franco-provenzale i cavapietre si chiamavano «peuccapeire», perciò, quando alla piccola Alice chiesero a scuola che mestiere facesse il padre Louis Milesi, figlio di Bartolomeo, lei tutta compita rispose: «Mangia le pietre». Un fondo di verità c’era perché, grazie alle pietre, mangiarono tutti e anche Emo, che a vent’anni imparò il mestiere dal vicino di casa Luciano Malacarne, nel tempo è diventato uno specialista. Al suo attivo ha, infatti, centinaia di metri di muri a secco, nella zona delle vigne di Sarre, come in Francia e in Svizzera dove è richiestissimo da diversi anni e dove gli è stato proposto di insegnare agli apprendisti muratori. Dal villaggio di Fochat si è spostato, da qualche anno, poco più su a Rovine, dopo essersi costruito la casa dalle fondamenta al tetto, lavorando a tempo perso nei fine settimana. Quando accompagna gli amici nella sua cantina a volta, vicino al laboratorio, tutti credono che la casa sia stata costruita sul rudere di un fabbricato molto più antico, perché Emo riesce a dare alle sue opere la patina dei secoli, che nessun muro nuovo normalmente possiede. Per questa ragione e per la straordinaria rapidità nell’esecuzione, il suo lavoro è così apprezzato.

Comunque Emo è anche scultore del legno, avendo appreso tale arte dallo zio Oscar Broccard, che durante la sua lunga vita riempì le chiese di statue sacre, non solo in Valle d’Aosta, come anche in Piemonte, in Francia, in Svizzera e in Belgio. Dell’infanzia ricorda che era portato per il disegno: «Fin dall’asilo i miei disegni venivano appesi al muro ed erano sempre lodati dalla maestra». Dopo l’asilo e le elementari frequentate a Sarre, è stato alle medie ad Aosta per poi iscriversi alla Scuola Cogne, senza tuttavia terminare il percorso né entrare in fabbrica.

Come quasi tutti i suoi coetanei in quel periodo, nelle estati del 1976 e del 1977 è andato a lavorare all’alpeggio di Djouan a Valsavarenche, con centoventi mucche da latte, settanta manzi e settanta vitelli, uno dei più vasti della Valle d’Aosta. «Era un vero alpeggio senza luce né acqua corrente, noi quattro ragazzi tra i tredici e i diciassette anni dormivamo sulla paglia, lavoravamo tanto ma, anche grazie al conduttore dell’alpeggio Marcel Bich, bravissima persona soprattutto con i giovani, sono stati i mesi più belli della mia adolescenza, un’esperienza che mi ha lasciato ricordi indelebili. Dal 4 giugno al 27 settembre stavo su, senza vedere un’automobile, poiché l’alpeggio non era raggiunto dalla strada. Quando ritornavamo a scuola, tra amici e compagni ci raccontavamo le esperienze vis-sute nei diversi alpeggi perché la maggior parte noi faceva quell’esperienza. Anche per quel motivo è stato bello, per la condivisione delle vicende che hanno contribuito a formarci.»

Poi, cercando un impiego più creativo, a sedici anni ha iniziato a lavorare con lo zio paterno Bruno Broccard che aveva un’impresa edile. Quindi una parentesi come operaio forestale, alla quale è seguito l’accordo con Luciano Malacarne, dal quale ha imparato il mestiere di muratore, lavorando al suo fianco per quattro anni. «Nella Valpelline, a Quart, a Doues seguivamo la ristrutturazione delle case e Luciano mi ha insegnato a lavorare la pietra, a posare le piastrelle, a realizzare tetti, solette e intonaci, aveva le mani d’oro e sapeva fare di tutto. A venticinque anni mi sono messo per conto mio e da trentaquattro anni sono artigiano, avendo continuato da solo nel recupero dei vecchi fabbricati. Negli ultimi anni mi sono maggiormente dedicato alla costruzione dei muri in pietra a secco, in particolare in Svizzera, tra le vigne sopra Martigny, durante tutto l’inverno. E’ stato un caso, mi hanno chiamato per realizzare un muro di cinquanta metri quadrati e, grazie al passaparola, ne già ho realizzati più di mille. E’ questo il motivo per cui non ho più scolpito il legno e la pietra. Negli ultimi due anni mi ha affiancato mio figlio Julien, gemello di Rhémy, sono nati nel 1998, che d’estate gestisce il campeggio “Lo stambecco” a Valnontey di Cogne insieme alla sorella Noemi che è del 1996.»

La passione che Emo Broccard ha sempre avuto fin dai tredici anni è stata appunto quella per la scultura in legno e in pietra, il tufo ma non solo, portata avanti da autodidatta. «Quando ero in montagna al pascolo, il mio passatempo era scolpire con il coltello. Era il mio hobby e dal 2000 al 2007 sono stato a sette Fiere di Sant’Orso: avevo il banco insieme a un amico di Cogne Moreno Glarey, che scolpiva a sua volta la pietra e il legno. La Foire era anche un’occasione di festa, un’esperienza forte e intensa. Eravamo una bella banda.»

Con il tempo la fama di Emo Broccard come scultore cresce, tanto da realizzare la statua di Sant’Anselmo collocata vicino all’Arco di Augusto, mentre un’altra opera che ricorda volentieri e gli ha dato una grande soddisfazione è un Sant’Orso a dimensione umana, scolpito in un tronco di tiglio nel 2003, dipinto da Barbara Tutino ed esposto per due anni alla Foire. «Mi sono ispirato alla grande statua di San Cristoforo che porta sulle spalle Gesù per fargli attraversare le acque conservata nella chiesa di Saint Etienne ad Aosta.»

Tra gli altri Santi scolpiti da Emo Broccard, un San Giorgio con il drago che si trova in una chiesa a Marsico Nuovo in Basilicata, una Santa Barbara che è a Cogne in una collezione privata e un San Maurizio a cavallo, patrono di Sarre, che conserva a casa. Dopo avere attraversato la fase dei Santi dipinti, si è poi specializzato nelle sculture di animali «li preferisco alle persone per la loro primitività» ed oltre a lupi e aquile, ha realizzato galli, tartarughe e cani.

Una sua mucca in pietra a dimensione naturale è esposta a Lillaz di Cogne e dal maggio al luglio del 2016 la Biblioteca di Sarre e poi Valgrisenche hanno ospitato la mostra «Attenti al lupo» con le sue opere in legno e i quadri della pittrice Barbara Tutino, sua compagna da vent’anni. L’idea era nata dopo un incontro ravvicinato con il lupo a Valnontey. Ha scolpito inoltre il «Trofeo Consiglio Valle» femminile di fiolet, che viene assegnato ogni anno alla migliore giocatrice della manifestazione. Ora è da cinque anni che Emo non scolpisce più, perché in inverno è muratore in Svizzera, però non ha mai rinunciato alla rebatta, altra sua grande passione da quando ha sedici anni e che pratica a fianco dei figli Rhémy e Julien nella squadra di Cogne, attuale campione regionale di Quinta categoria, dopo altre esperienze con le sezioni di Pollein e soprattutto di Sarre, dove erano cinque le squadre di rebatta e cinque quelle di fiolet negli anni Settanta e Ottanta. Sempre a sedici anni Emo Broccard, frequentando i bar dell’epoca non poteva non avvicinarsi al gioco della morra: «Ho partecipato a dieci Campionati Italiani e arrivando una volta terzo in coppia con l’amico Diego Lale Murix, sono stato tra i promotori dell’associazione valdostana e della creazione di campionato regionale, da ragazzo ho imparato per imitare i grandi e per stare in compagnia degli amici, con i quali giocavamo anche in alpeggio».

C’è un filo conduttore nella vita di Emo Broccard che indubbiamente è la pietra, a partire dalla cava del bisnonno Bartolomeo, che rivive in queste parole della nipote nonché mamma di Emo Alice, intervistata da Silvia Vallet, moglie di Giovanni Milesi, a sua volta cugino di Emo: «Tutta la nostra famiglia, i Milesi, erano scalpellini. Il primo è stato mio nonno Bartolomeo. A Sarre, sino alla fine degli anni Settanta, esisteva una cava attiva nella zona di Brean e proprio per questo motivo la loca-lità ha preso il nome di Carrière». Alla morte di Bartolomeo, lo zio Anselmo, fratello di Louis padre di Alice, prese le redini dell’attività. Era un lavoro che rendeva bene, perché tante opere venivano realizzate in pietra. Innanzitutto i materiali per il restauro delle dimore signorili, poi gli scalini, i voltini per porte e finestre, i lavandini, le cisterne, le fontane, gli archi, i pilastri, i camini, le lastre dei marciapiedi, i tombini. All’inizio del secolo scorso i Milesi avevano una cava vicino al Castello di Sarre, dove adesso è il paramassi sulla strada statale, cava che fu acquistata dalla Cogne per costruire la linea ferroviaria di collegamento tra Aosta e Pré-Saint-Didier. Sfruttavano anche alcune cave a La Thuile, dove si estraevano le lose per i tetti. A richiedere l’opera degli scalpellini erano anche gli agricoltori che avevano bisogno di attrezzi, ma soprattutto la loro attività era indirizzata alle famiglie della borghesia, che avevano il gusto del bello e maggiori possibilità finanziarie. Nella Carrière di Sarre si estraevano e tagliavano lastre di pietra, spesso granito o serpentino e quindi si brillavano le mine. Lo sparo era preceduto da un segnale acustico, la trombetta dei minatori, che aveva un suono fortissimo e veniva utilizzata per avvisare del pericolo e per tenere lontani i passanti Estratti i massi si facevano le cognare (da cogna, cioè fenditura verticale) sulla pietra inserendo in esse i ponciotti (cilindri d’acciaio) che venivano battuti fino a quando il masso si “tagliava” e il battito cambiava suono. Tra le varie realizzazioni, gli scalini erano i più richiesti, perché servivano per il centro di Aosta, sia per le case del Bourg che per quelle della Cité, ed erano tutti bocciardati, ovvero battuti per creare superfici più grezze, il meno possibile scivolose. L’attività dell’impresa vera e propria però cessò verso il 1940 dopo l’incidente che rese invalido Samuele Milesi, il figlio di Anselmo: quest’ultimo che non ebbe più la forza e lo spirito per continuare a occuparsi della complessa attività e dei tanti operai.

E’ sicuramente per questa passione per le pietre, che ha influenzato il suo lavoro e le sue passioni, che sulla collina di Sarre - tra la Croce e Bellon, fino a Touraz - Emo Broccard conosce ogni angolo del territorio e tra gli sterpi che ormai infestano la vegetazione abbandonata, riesce sempre a scovare delle tracce murarie del passato, recente e remoto, nelle quali legge la storia e si ispira per costruire i suoi muri, vere opere d’arte.

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