Monterosa Terme, primo stop per il Comune nella disputa legale contro chi realizzò i lavori

Monterosa Terme, primo stop per il Comune nella disputa legale contro chi realizzò i lavori
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Il Comune esce per il momento sconfitto dalla disputa innescata nei confronti delle imprese e dei vari responsabili che si occuparono, ormai più di tre anni fa, dei lavori di riconversione dell’ex Palazzetto del ghiaccio di Champoluc, ad Ayas, nel nuovo stabilimento termale Monterosa Terme. Il Tribunale di Aosta, con un’ordinanza emessa lunedì scorso, 5 marzo, ha ritenuto infatti «inammissibile» il ricorso presentato dal Comune di Ayas nei confronti delle ditte (l’associazione temporanea di imprese guidata dalla FPSTM di Vincenzo Furfaro, il Consorzio stabile Renergie e il direttore dei lavori, l’ingegnere Corrado Trasino) che hanno eseguitole opere alle Terme di Champoluc.

Dopo l’esito negativo del collaudo finale dello scorso anno (quando le Terme erano già state inaugurate e aperte al pubblico da quasi due anni) il Comune di Ayas, guidato dal sindaco Alex Brunod, aveva deciso tramite i suoi legali di andare a fondo nella vicenda e di intraprendere una causa civile.

«Il Tribunale ha dichiarato inammissibile il ricorso per l’accertamento tecnico preventivo finalizzato a verificare le ragioni del mancato collaudo dell'opera nonché dei vizi e difetti dell'opera che si sono di recente palesati. - afferma l’avvocato Massimiliano Sciulli che difende il Comune - A dire del Tribunale, la speciale procedura prevista in materia di appalti nel caso di mancato collaudo dell'opera non consentirebbe alla stazione appaltante di procedere ad una verifica in sede giudiziale delle mancanze contestate nell'esecuzione dell'opera. Il Comune di Ayas valuterà con l’ausilio del difensore le azioni da intraprendere ivi compreso l’immediato reclamo del provvedimento indicato. Si ribadisce che la decisione non tocca minimamente il merito delle responsabilità dei soggetti coinvolti».

«Il presupposto di ammissibilità dell’accertamento tecnico preventivo va individuato nell’urgenza di far verificare, prima del giudizio, lo stato dei luoghi o la qualità o le condizioni di cose. - si legge nell’ordinanza emessa dal Giudice Maurizio d’Abrusco - Nella specie, i motivi dell’urgenza non sono stati allegati e, comunque, non sussistono. Da un lato, è pacifico che è già stato effettuato in contraddittorio, nell’ambito della procedura di appalto pubblico, un accertamento dei vizi e difetti dell’opera, circostanza che di per sé rende inutile, oltre che non urgente, la ripetizione di tale accertamento in questa sede. D’altro canto, è pacifico che la struttura che dovrebbe costituire oggetto dell’accertamento tecnico è stata consegnata da oltre due anni al gestore del servizio (Monterosa Terme, peraltro neppure convenuta in giudizio) ed è stata da questi successivamente utilizzata. Ed invero, già nella fase di collaudo, in caso di accertamento di vizi, difetti o mancanze, la pubblica Amministrazione ha il potere/dovere di ordinare all’impresa la rimozione di tali vizi, ovvero di farli rimuovere in danno dell’impresa, deducendo il relativo costo dal credito residuo dell’impresa stessa».

Si legge ancora nell’ordinanza: «L’articolo 232 del DPR 207/2010 precisa che, laddove le opere non siano ritenute collaudabili, il collaudatore propone le modalità e i provvedimenti da adottare per rendere possibile il collaudo. L’ente, pertanto, anche a mezzo del collaudatore, mantiene poteri esecutivi e prescrittivi. Consta, viceversa, che, dalla data di emissione del collaudo (lo stato dei luoghi è stato da ultimo accertato dal collaudatore nell’aprile 2017) ad oggi, l’ente non ha adottato provvedimenti di sorta limitandosi, a distanza di mesi, a proporre il presente ricorso. Neppure sussiste il requisito della finalità conciliativa del procedimento ex articolo 696 bis in ragione del fatto che l’Amministrazione ha già manifestato l’assenza di volontà conciliativa con il mancato collaudo dell’opera e, quindi, con l’accertamento effettuato, da parte del collaudatore, dell’inadempimento dell’esecutore dell’opera. Per i motivi esposti, il ricorso va dichiarato inammissibile».

In altre parole, la procedura da seguire, secondo il Tribunale, era quella di fare eseguire - per ottenere il parere positivo del collaudatore - gli opportuni interventi per sopperire alle eventuali mancanze (si tratterebbe di problemi di infiltrazioni di acqua e di perdite ad alcune vasche) trattenendo una quota dell’importo dovuto all’impresa.

«L’impianto è in funzione ormai da quasi tre anni e i precedenti collaudi tecnici erano andati tutti a buon fine. - sostiene l’ingegner Corrado Trasino – L’esito negativo del collaudo avvenuto lo scorso anno non attiene agli aspetti della sicurezza. In opere di questo tipo, che hanno un’impiantistica da tre milioni di euro, è evidente che qualche inconveniente tecnico può verificarsi. Quello che mi lascia amareggiato è che alla fine, anziché provvedere a fare subito gli interventi, si è perso tempo in questioni che a mio parere sono solo di natura politica. I problemi tecnici a mio avviso sono minimi e risolvibili non in giudizio».

Per questa prima azione legale, il Comune di Ayas dovrà pagare le spese.

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