Monte Bianco, «Il raddoppio non comporta l’aumento delle attuali correnti di traffico»

Monte Bianco, «Il raddoppio non comporta l’aumento delle attuali correnti di traffico»
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Si intitola «Monte Bianco. La montagna senza confini» il nuovo lavoro di ricerca, a cura di Roberto Louvin e Michele Vellano (2024, Cedam/Wolters Kluwer Italia, 268 pagine, 30 euro), in cui si esplorano gli aspetti caratteristici della montagna più alta d’Europa. «Tra controversie territoriali e cooperazioni fattive - spiegano i curatori nell’introduzione - non può sfuggire la valenza di bene comune del Monte Bianco che troverebbe il suo formale e definitivo riconoscimento con la sua iscrizione nell’apposito registro Unesco, nonché attraverso l’assegnazione, in relazione alla sua vetta, del marchio del patrimonio europeo (European Heritage Label)».

La nascita del progetto

«La prima conversazione sull’argomento è nata con Michele Vellano in occasione del Salone del libro di montagna di Passy, nel 2022. - spiega Roberto Louvin, docente di diritto pubblico comparato all'Università degli Studi di Trieste, nella sede di Gorizia - Abbiamo esplorato la prima volta, così a parole, questo tema e siamo arrivati alla conclusione che era un tema meritevole di studio di approfondimento. Ci siamo interrogati sulla cooperazione transfrontaliera, su cosa si fa per l'ambiente, per la sicurezza, per le infrastrutture e così via. Quindi è nato questo progetto di ricerca nel quale abbiamo coinvolto una dozzina di autori».

I contributi

Oltre quella di Philippe Billet, dell’Università Jean Moulin Lyon 3 e coautore di un capitolo insieme a Roberto Louvin, è significativa la presenza di Guillaume Le Floch dell’Université de Rennes, oltre a Bruno Berthier dell’Université Savoie Mont Blanc, Roberto Caranta, dell’Università di Torino, del geologo Pierre Christe, Alessandro Fodella dell’Università di Trento, l’ambasciatore Luigi Guidobono Cavalchini Garofoli, Bruno Nascimbene professore emerito dell’Università Statale di Milano, Michele Vellano dell’Università di Torino, l’architetto Veronica Valepiano. Tra i giovani, si distinguono in particolare Nicole Valentina Zemoz, una valdostana ora impegnata all’Agenzia dell’Unione europea per l’asilo (EUAA) a La Valletta, Malta, e poi Silvia Giudici dottoranda di ricerca in Diritto dell’Unione europea, Lorenzo Grossio assegnista di ricerca in Diritto dell’Unione europea, Gustavo Minervini assegnista di ricerca in Diritto internazionale e Matteo Traverso ricercatore in Storia del diritto medievale e moderno dell’Università di Torino, e per l’Università della Valle d’Aosta Alessandro Rosanò, ricercatore in Diritto dell’Unione europea.

La storia

L’attività di ricerca è durata un anno, con il supporto della Fondazione Courmayeur Mont Blanc, e la disponibilità dell’Archivio di Stato di Torino dove sono conservati i trattati trattati e le annesse carte geografiche. Il lavoro ha portato ad una ricostruzione accurata dei fatti e delle fonti giuridiche che riguardano il Monte Bianco nella sua triplice dimensione di luogo di confine, di cooperazione e di bene comune e farne apprezzare l’estremo interesse e le molte peculiarità. Nel libro c’è tutto: i trattati bilaterali, ma anche la cartografia sabauda, primo momento di riunificazione dell’ “aldiqua” e “aldilà” della montagna; il confronto fra le controversie Italia-Francia e SloveniaCroazia; il dovere di leale cooperazione; il soccorso alpino; la cooperazione trasfrontaliera e i finanziamenti; dalle prime ipotesi del Traforo, nel XVIII secolo, alla Convenzione di Lucca del 24 novembre 2006 e alle attuali prospettive di raddoppio.

Il futuro

«È vero che il Monte Bianco è un elemento di confine fisico - spiega Roberto Louvin - però come all'interno dell'Unione europea le frontiere interne sono state oggetto in questi ultimi 30 anni di un enorme progresso, nel senso di un avvicinamento e di una maggior coesione tra paesi e le regioni frontaliere, e di conseguenza non abbiamo più una cesura così netta come l'avevamo in passato, il miglioramento è indubbio per le politiche di coesione, ma anche le politiche di controllo del territorio. Ora è in corso un cambiamento epocale. Quello che manca ancora sono degli strumenti più vincolanti di normazione comune. Ecco perché troviamo ancora regimi legislativi e amministrativi diversi, compensati in parte dall'esistenza di strumenti come l’Espace Mont Blanc, ma sarebbe di grandissima utilità l'attivazione di un Gruppo europeo di cooperazione territoriale (GECT) per la gestione dell’Espace Mont Blanc, che si sta progettando da molti anni».

Scrive Roberto Louvin nel libro: «Se, dunque, la strada da seguire è quella d’interloquire con Parigi al più presto possibile per affrontare con la necessaria cognizione di causa il tema del raddoppio del Traforo del Monte Bianco, le considerazioni che dovremmo portare avanti sono sostanzialmente di un duplice ordine: da un lato, sottolineare che la costruzione di una nuova canna si propone di creare quelle condizioni di sicurezza necessarie per evitare il ripetersi di gravi incidenti e, dall’altro, convincere la nostra controparte che il raddoppio non comporta affatto l’aumento delle attuali correnti di traffico. A quest’ultimo riguardo, ed al fine di venire incontro alle richieste delle popolazioni dell’Arve e della Maurienne per una maggiore tutela dell’ambiente, occorrerebbe adottare regole molto severe sui tipi di mezzi pesanti abilitati ad attraversare il Traforo del Monte Bianco non escludendo, tra l’altro, il ricorso a strumenti decisamente innovativi di difesa dell’ambiente».

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