Montagne dolci 4. Mercalli risponde
A seguito della rubrica di sabato 14 agosto, dedicata al libro di Luca Mercalli “Salire in montagna”, l’autore ci scrive e volentieri pubblichiamo.
Caro Marco,
ti ringrazio molto per aver presentato e discusso il mio libro. Vorrei solo fare, se possibile, alcune precisazioni.
Non ho mai detto che la mia scelta è una soluzione per tutti. Anche perché la montagna non reggerebbe una migrazione di massa. Non è che sessanta milioni di italiani devono spostarsi in montagna. C’è a chi piace il mare, chi vuol vivere in città. Benissimo. L’esempio della baita ristrutturata a Vazon è una soluzione per una parte della popolazione italiana - stimata comunque in alcuni milioni - che vuole e che può rifugiarsi in montagna. Un adattamento ai cambiamenti climatici in atto, una fuga dal caldo e dall’inquinamento urbano. Una scelta praticabile per esempio da chi ha già una vecchia casa di famiglia in montagna, un alloggio per vacanza magari in una località demodé o comunque chi - potendo utilizzare il telelavoro - potrebbe acquistare casa in montagna e trasferirvisi.
Quello però che ci tengo a precisare è che non è necessariamente una scelta per ricchi. Nel tuo commento dai l'impressione che siano operazioni permesse solo agli abbienti. Non è così. Non è un lussuoso chalet a Courmayeur. È una vecchia casa rurale in pietra, abbandonata da tempo e prossima a irrimediabile deterioramento, in una borgata alpina marginale. E’ sì di ampia metratura, ho voluto salvarla e mi sono buttato in un’avventura faticosa, ma si può fare qualcosa di simile anche più in piccolo, con risorse più limitate. Ci sono una quantità di vecchie case, anche piccole, a bassissimo prezzo, persino cedute da alcuni Comuni a un euro, che vanno benissimo come punto di partenza. Di sicuro in tante zone montane le case costano meno che in città. Poi ci sono vecchie case di famiglia che dai proprietari sono ritenute un peso anziché un tesoretto. C’è la possibilità di ricuperare posti turistici degradati, dove magari si è costruito molto negli anni Sessanta e non si scia più, come per esempio nelle montagne cuneesi. Ci sono condomini abbandonati che potrebbero essere ristrutturati. Naturalmente ci vuole un programma e sopratutto un impegno delle amministrazione locali. Oggi i costi di ristrutturazione vanno dai 1.500 ai 2.000 euro al metro quadro, ma con gli ecobonus si dimezzano.
Inoltre non stiamo parlando dell’acquisto di un’auto o di un viaggio da sogno, stiamo parlando di una casa, dunque parliamo di un investimento per tutta la vita. Un affare anche in termini economici, anno dopo anno, con i pannelli solari, spendendo zero di energia, ci guadagni. Con il cappotto termico risparmi sul riscaldamento.
Poi la qualità della vita è un ritorno non monetizzabile. Vivere bene va al di sopra di ogni prezzo. E’ un grande investimento nella salute fisica e mentale.
Certo non è una soluzione per tutti, ma non esistono soluzioni facili per tutti. Posso solo dirvi che fra dieci anni saremo tutti più poveri e più fragili e la situazione climatica sarà sempre più drammatica. Ce lo dicono i rapporti dell’ONU, dovremo per forza fare qualcosa.
Per arrivare alla questione centrale che tu poni, “l’ecologico non vincerà mai se non diventa economicamente competitivo”, questo significa restare all’interno di un’economia della crescita. Invece bisogna uscire dal paradigma della continua crescita economica e demografica. La Terra ha risorse limitate, non può esistere una crescita infinita in un pianeta finito. Possiamo cambiare l’economia non le leggi della fisica.
Non si possono risolvere i problemi con la crescita continua, nemmeno con la crescita verde. Posso mettere la tassa sul carbonio, “chi inquina paga”, ma è un sollievo temporaneo. È il sistema economico fondato sulla crescita che ti porta a non arrivare alla fine del mese. Molta povertà deriva da un sistema economico basato sulla crescita infinita. La decrescita è possibile, bisogna incominciare dai singoli, eliminare gli sprechi. Attenzione, decrescita vuol dire risparmio, efficienza ed autosufficienza, non povertà.
Ma tutto questo discorso ci porterebbe molto lontano. Non ho la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi del mondo, ma almeno una piccola parte sì! Temo anch’io, come te, che persuadere l’umanità a ridurre serenamente i consumi sia un’impresa quasi disperata. Posso solo dire che “non c’è più tempo”, che dovremo affrontare problemi ambientali molto gravi e non parliamo del 2100, parliamo dei prossimi anni. Dobbiamo prepararci, e questa è una delle proposte possibili. Meglio che niente.